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22 Mag [10:11]

Juncos e Kaiser, gli outsider
che hanno detronizzato Alonso

Marco Cortesi

Tanto si è detto sulle difficoltà della McLaren, sull'incredibile KO della qualifica di Indy e sui tanti errori fatti ma, un po' ingenerosamente, non è stato dato il giusto credito a coloro che, con determinazione e impegno, hanno detronizzato il Principe delle Asturie. Ricardo Juncos e Kyle Kaiser. Da dove arriva la piccola scuderia che ha fatto parlare il mondo?

Dopo una promettente carriera da pilota, giunta fino alla Formula Renault ma fermata da difficoltà economiche, Ricardo Juncos è arrivato negli Stati Uniti dall'Argentina nel 2003, senza sapere l'inglese, con 400 dollari in tasca e senza grandi prospettive. Ha dato il via alla sua scalata al motorsport USA nel karting, basandosi sull'esperienza fatta quando, per pagarsi le corse, aveva fondato il suo team a Buenos Aires. Trovato lavoro in una squadra di kart, è riuscito a mettere in piedi una sua struttura, il Juncos Racing, che presto è diventato uno dei punti di riferimento del karting americano. Juncos ha dovuto attendere il 2009 per tornare alle gare in auto in ProMazda.

Dopo il secondo posto in quella stagione, il titolo con Conor Daly nella seguente ha spianato le porte dell'ascesa. Nel 2014, la partecipazione con due vetture nell'IndyLights e poi, passo dopo passo, l'espansione. Dopo aver vinto la categoria addestrativa (con Kaiser), la creazione di fondamenta solide per il progetto IndyCar.  La filosofia di Juncos è sempre stata quella dei piccoli passi. Anche in IndyCar si è cercata prima la partecipazione part-time per fare esperienza e apprendere i concetti chiave.

Pilota di riferimento, sin dal 2014, è stato Kaiser. Classe 1996 e figlio di un ex pilota di Sprint Cars, Kaiser ha vinto il titolo IndyLights ma, nonostante l'aiuto della famiglia, non ha avuto la possibilità di fare il salto a tempo pieno nella categoria maggiore. Appassionato di football, prima di dedicarsi al motorsport era quarterback della Bellarmine High, nonostante la taglia non esattamente da "carro armato". Oggi, oltre a correre, studia alla Santa Clara University. Come tutti, cerca di trarre il massimo dalle poche gare che gli capita di fare. A Indy, la sua macchina tutta bianca ha attirato l'attenzione e molte simpatie, anche quando è uscita a pezzi da un brutto incidente.

Il recupero del team è stato miracoloso: la scuderia ha subito messo le mani su una scocca di scorta (la vettura usata sugli stradali) lavorando per 40 ore consecutive per renderla idonea e competitiva anche su un ovale. E Kaiser ha piazzato la zampata, infilando i quattro giri della vita, senza paura. Make it or break it. Alla fine, per un centesimo, su 2 minuti e 38 di qualifica, Kaiser e Juncos, i cenerentoli, gli outsider, hanno trionfato. A Indy, anche l'ultimo posto può essere qualcosa di speciale.