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FORMULA 1
IL FATTO
Come dire: ci dispiace di essere stati disub-
biditi, ma ne siamsiamo contenti. Una ipo-
crisia lampante, che irrita. La Ferrari in
passato tante volte ha sfidato l’intelligenza
e il buonsenso comune sostenendo posi-
zioni che erano il contrario di ciò che appa-
riva agli occhi di tutti, ma va detto che alla
Red Bull non sono da meno – anche se
spesso pretendono di sentirsi diversi. I più
coerenti, forse gli unici, sono stati per anni
Patrick Heand e Frank Williams, i dioscu-
ri della Williams che si sono sempre fatti
un vanto di lasciar scannare serenamente
i propri piloti in pista – con gli esiti più o
meno positivi che tutti ricordano.
Agli antipodi di quella filosofia liberista
e libertaria sta Briatore, il padre padrone
che ai tempi della Benetton “costrinse” al
ritiro Piquet quando prese sotto le sue ali
il giovane Schumacher. Uno che ha sem-
pre protetto Alonso, ma di cui tanti altri
–
Fisichella ad esempio… - non hanno
un ricordo esattamente positivo. E che
soprattutto rimarrà segnato in maniera
indelebile dell’affaraccio riguardante
Nelsinho Piquet, mandato a sbattere
contro un guard-rail in spregio non solo
ai valori sportivi, ma anche a quelli uma-
ni e del buonsenso. Non un esempio da
seguire.
Ammettiamolo: quello del teammanager
non è un mestiere facile. Per esercitarlo
servono nervi saldi, sangue freddo, una
buone dose di cinismo. Ma soprattutto
autorevolezza: cioè la qualità di saper
prendere decisioni anche sgradevoli con
coraggio e senza nascondersi. Mettendo-
ci la faccia. Senza ipocrisia e senza
nascondersi dietro scuse di comodo.
Brawn a parte, oggi, in questo senso è dif-
ficile mettere la mano sul fuoco per qual-
cuno, in questo Circus dai mille veleni
dove a comandare sono – abbastanza evi-
dentemente e abbastanza scontatamente
–
i piloti a cinque stelle.
Stefano Domenicali e
Ross Brawn a colloquio