Page 17 - Dallara_ITA

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Ha iniziato in un buco, Gian Paolo.
A fianco dello spelacchiato campo di calcio
locale, con la chiesa a due passi, un ponte a
dividerlo dall’autodromo e ogni tanto il
suono delle campane, con un prete che
invitava i fedeli a disertare le corse e si
metteva di traverso ai motori, alla loro
musica. Un posto da nulla, con un paio di
aiutanti, un ufficio stretto dove alla fine
degliAnni ’70 campeggiava già uno dei primi
computer con CAD/CAM incorporato. Un
posto in cui la tecnologia tubolare era
bandita, dove si realizzavano vetture,
monoscocche e consulenze, profili
aerodinamici e tentativi di motori, dove ogni
settimana si palesavano ingegneri inglesi a
confrontarsi con Gian Paolo sulla grande
rivoluzione dei materiali compositi per
realizzare i telai. Un buco di posto
nel quale si iniziava a vincere proiettando
ovunque il marchio giallo Dallara senza
sapere che quel cognome stilizzato avrebbe in
pochi anni mandato in crisi nera – sia
tecnica sia commerciale – i grandi
costruttori britannici di monoposto.
Un garage o poco più, dove si preparavano
in grande segreto armi da campionati del
mondo sport e rally, da mostrare «agli amici
ma non ai giornalisti», perché erano aggeggi
che di Dallara possedevano l’anima
ma erano costruiti per conto delle Case
automobilistiche impegnate nelle serie
iridate. Pochi metri per iniziare, poi qualcosa
di più spazioso, le prime assunzioni, la prima
autoclave, la prima galleria del vento e via
via sempre più in grande, con giudizio, fino
ad arrivare all’oggi, a un’azienda tra le più
giovani al mondo come media anagrafica di
dipendenti e stagisti attivi e di maggiore
qualità di ideazione e produzione.
E’ tutto partito da qui,
da Varano de’ Melegari.
(Brano tratto da
”È una bella storia”)
dal primo incarico alla Ferrari
del giovane, timido ma deciso
laureato in ingegneria fino agli
attuali successi internazionali
dell’imprenditore, e che parte
proprio da lì, dalla necessità del
“fattore umano”, il primo motore
e insieme il nutrimento di una
crescita professionale e
industriale. Una lettura
emozionante, piena di aneddoti e
di personaggi raccontati con
tenerezza e passione, senza lo
specchio della vanità ma con la
precisione che serve a farli
risaltare. Poi i capitoli storici
dedicati alle categorie che hanno
costruito il successo prima
nazionale e poi globale della
factory, dalla Formula 3 ai
prototipi, dalla F.1 alla IndyCar.
Il libro comprende contributi
illustri, di Eddie Cheever
e Mario Andretti, di Cesare Fiorio
e Pino Allievi, e riesce anche
benissimo a svelare cosa succede
all’interno della Dallara,
narrando “passo dopo passo”,
come recita il titolo di una
sezione, la nascita di un
progetto, il suo sviluppo
aerodinamico, la messa in
produzione. Vi si analizzano
inoltre i “poli di eccellenza” che
fanno grande la Dallara, il
reparto ricerca e sviluppo, la
galleria del vento, il nuovo e
straordinario simulatore. Per gli
appassionati e i curiosi le
appendici con l’Albo d’Oro che
elenca le vittorie Dallara e le
schede di tutte le vetture uscite
da Varano sono ghiottissime,
mentre a chiusura del volume
l’intervista all’Ingegner
Pontremoli, CEO dell’azienda, e il
ritratto di Dallara di Lorenzo
Ramaciotti, intervallate dal bel
collage di tutti i volti dei
dipendenti della factory,
completano un’architettura di
parole e immagine che ha lo
stesso andamento del Dallara-
pensiero: passione e innovazione,
la vita intesa sempre come un
work in progress dove l’affetto
per il passato e le proprie radici
non deve mai soffocare la voglia
di sfidare il domani. Una sfida,
ovviamente, portata avanti “alla
Dallara”: con umanità, senza
smanie di protagonismo ma con il
gusto di iniziare ogni giorno un
progetto nuovo.
Un lavoro fatto bene. Un libro
che vale la pena leggere.
“E’ una bella storia”,
di Guido Schittone.
Automobilia,
Milano,
2011
L’ingegner Gian Paolo Dallara con il CEO Andrea Pontremoli