Page 6 - Dallara Magazine

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«
L’INNOVAZIONE
NASCE
DALLE PERSONE»
I
L MOTORSPORT ITALIANO HA UN POTENZIALE INDUSTRIALE CHE PUÒ ESSERE UTILE
PER LA RIPRESA ITALIANA
.
A
PATTO DI SAPER GUARDARE AVANTI
,
INVESTENDO SUI
CAPITALI UMANI OLTRE CHE TECNICI
,
INTEGRANDO SCUOLA E LAVORO E OPERANDO
IN SINERGIA CON LE REALTÀ DEL TERRITORIO
.
L’
INGEGNER
P
ONTREMOLI
,
AD
DI
D
ALLARA
A
UTOMOBILI
,
CI PARLA DELLE PROSSIME SFIDE DELLA FACTORY EMILIANA
Andrea Pontremoli
Ingegner Pontremoli, in che misura il
motorsport italiano può contribuire al
rilancio dell’economia italiana?
«
Può contribuire nella misura in cui è visto
come un’industria, come fanno gli inglesi,
un’industria di nicchia che usa tecnologie
molto avanzate, le quali possono avere
ricadute anche su altri settori industriali.
A differenza di altri sport che coprono solo
la parte ludica e di divertimento, nel
motorsport c’è una forte componente di
innovazione e tecnologia, due cose su cui
l’Italia ha sempre detto la sua a livello
mondiale».
In che modo la Dallara si è proposta come
modello per una sfida imprenditoriale
capace di partire dal territorio?
«
La considerazione di base è quella che
ripeto sempre: un’azienda non è
competitiva se non è competitivo il territorio
in cui è inserita. In un mercato globale, la
competizione si giocherà sempre più a
livello territoriale, non di singola azienda.
Per questo abbiamo iniziato a lavorare
strettamente con chi è intorno a noi,
con gli attori della regione Emilia Romagna,
con i nostri clienti e fornitori, ma
anche con le scuole e le istituzioni, perché
vogliamo riportare in auge il concetto di
mestiere, di saper fare qualcosa. Questo è
valido non solo per Dallara e per la nostra
regione, ma per tutte le aziende italiane che
non possono competere a livello
internazionale facendo leva sulle economie
di scala o sul basso costo del lavoro, ma
devono giocare sulla specializzazione e la
differenziazione».
Su quali basi nasce una fabbrica a misura
d’uomo, ma capace di competere a livello
mondiali su un piano di eccellenza?
«
Nasce dal concetto che un’azienda non è
innovativa perché ha tecnologie innovative,
ma perché le persone che vi lavorano sono
innovative. Spesso si confonde tra
innovazione, che è un modo di essere, e
tecnologia, che è un prodotto
dell’innovazione. L’azienda deve costruire il
suo futuro intorno alle passioni,
motivazioni e spirito innovativo delle
persone».
Quanto conta l’integrazione scuola-lavoro?
E come va guidata?
«
E’ finito il tempo del “prima studio e poi
lavoro”. Oggi si cambia mestiere almeno
dieci volte nel corso della propria vita
lavorativa ed è fondamentale il continuo
apprendimento, non bisogna mai smettere
di studiare. E’ importante portare il prima
possibile gli studenti dentro le aziende, con
visite e tirocini, di modo che capiscano un
po’ del mondo produttivo già durante la
scuola, per poi mutare questo rapporto nel
tempo, dedicando via via più tempo al
lavoro e meno allo studio, non smettendo
mai di imparare. L’altro concetto
importante è che i lavori si stanno
dividendo sempre più in due categorie:
quelli di intelletto e quelli molto manuali
ed artigianali, per i quali bisogna imparare
un mestiere. Entrambi hanno la stessa
dignità e per entrambi occorre sempre
studiare per tenersi aggiornati e per essere
flessibili mentalmente. Tutti gli altri lavori,
tutti quelli che comportano delle attività
ripetitive, prima o poi verranno fatti da una
macchina, da un robot”.