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        FORMULA 1
      
      
        MARIA DE VILLOTA
      
      
        
          Alfredo Filippone
        
      
      
        “
      
      
        Ho perduto un occhio, ma vedo le cose
      
      
        più chiaramente di prima”. E’ con parole
      
      
        vere e piene di contenuto, pronunciate con
      
      
        garbo, che Maria De Villota ha descritto la
      
      
        brutta esperienza personale vissuta dal 3
      
      
        luglio scorso, quando la sua Marussia F.1
      
      
        si è incastrata nella rampa del camion del
      
      
        teamdurante un test aerodinamico a Dux-
      
      
        ford, tracciatoo aeroportuale. A cento
      
      
        giorni dal dramma, la pilotessa spagnola è
      
      
        comparsa in pubblico per la prima volta,
      
      
        in un’affollatissima conferenza-stampa.
      
      
        Un incontro ben orchestrato, anche per-
      
      
        ché la prevedibilemorbosità dei media per
      
      
        scoprire il volto di Maria era stata smor-
      
      
        zata in anticipo con la pubblicazione, il
      
      
        giorno prima, da parte del rotocalco İHo-
      
      
        la!, peraltro sponsor storico della pilotes-
      
      
        sa, di un servizio fotografico esclusivo. E
      
      
        così, Maria si è potuta concentrare esclu-
      
      
        sivamente sugli aspetti umani e medici
      
      
        della sua vicenda. Quelli tecnici, sulla
      
      
        dinamica e le cause dell’accaduto, sono
      
      
        ancora off-limits visto che l’inchiesta uffi-
      
      
        ciale delle autorità inglesi, capitale per
      
      
        determinare responsabilità ed indennizzi,
      
      
        non è ancora terminata. Maria ha senza
      
      
        dubbio superato la parte peggiore del
      
      
        trauma; lo prova il fatto che non abbia
      
      
        avuto alcuna remora a mostrare le cicatri-
      
      
        ci sul volto (“sono parte della mia storia e
      
      
        ne vado orgogliosa”) e a mostrarsi in pub-
      
      
        blico con un copri-occhio degno di Capi-
      
      
        tan Uncino. Non solo ha mostrato un bel-
      
      
        l’aspetto, ma ha soprattutto dimostrato di
      
      
        non aver perso nulla della grinta e della
      
      
        vivacità che l’hanno sempre caratterizza-
      
      
        ta.
      
      
        Con emozione, ma senza alcuna auto-
      
      
        commiserazione, ha ricordato alcuni
      
      
        momenti chiave successivi all’incidente.
      
      
        Come quando il chirurgo dell’ospedale di
      
      
        Cambridge l’ha informata sulle sue condi-
      
      
        zioni. “Maria, è stato possibile salvarti la
      
      
        vita, ma purtroppo dobbiamo dirti che hai
      
      
        perso un occhio” e lei ha risposto: “Dotto-
      
      
        re, lei per operare ha bisogno di entrambi
      
      
        le mani, no? Io per guidare una F.1, ho
      
      
        bisogno dei due occhi.” O il momento del
      
      
        primissimo risveglio, quando ancora in
      
      
        stato confusionale si esprimeva in inglese
      
      
        con i genitori e i fratelli, sino a quando
      
      
        papà Emilio l’ha amorevolmente reguar-
      
      
        dita, dicendogli: “Maria, va bene così, ma
      
      
        se puoi, parlaci in spagnolo, almeno tua
      
      
        madre capisce qualcosa!”
      
      
        Il momento più duro, ovviamente, è stato
      
      
        il primo impatto con uno specchio, occor-
      
      
        so all’undicesimo giorno di degenza. “Sino
      
      
        a quel momento, mi avevano coperto lo
      
      
        specchio che c’era nel bagno della camera,
      
      
        ma quel giorno se ne erano dimenticati.
      
      
        Passandoci davanti in carrozzella, mi sono
      
      
        vista e sono inorridita: non avevo capelli,
      
      
        avevo il volto gonfio e deforme, con ben
      
      
        140
      
      
        punti addosso, tutti neri. E’ stato un
      
      
        attimo, ma mi sono vista perfettamente e
      
      
        ho esclamato Quita, bicho (togliti,
      
      
        mostro!). Poi ho visto la faccia stravolta di
      
      
        mia mamma accanto a me, ci siamo guar-
      
      
        date, abbiamo fatto una battuta e riso e
      
      
        siamo andate avanti...”
      
      
        Il cammino di Maria è ancora lungo, come
      
      
        confermato dal dottor César Casado che
      
      
        l’ha in cura all’ospedale universitario La
      
      
        Paz, a Madrid: “Ci sono danni irreversibi-
      
      
        li, come la perdita dell’occhio, dell’olfatto
      
      
        e in parte, anche del gusto. Ci saranno altri
      
      
        interventi sulle fratture al cranio, e per
      
      
        correggere il deficit di sensibilità e di
      
      
        movimento in certi muscoli facciali e del-
      
      
        la bocca. E, come tutti coloro che hanno
      
      
        subito forti traumi cranici, soffre ancora di
      
      
        forti mal di testa, ha ancora bisogno di
      
      
        molto riposo.” Quando questa fase sarà
      
      
        conclusa, le potrà essere impiantato l’oc-
      
      
        chio artificiale, aspetto che cura un oftal-
      
      
        mologo famoso, il Dott. Fernández-Vega.
      
      
        Maria dice che questa brutta avventura le
      
      
        è costata la possibilità di correre, ma le ha
      
      
        aperto altri orizzonti: “Prima, pensavo sol-
      
      
        tanto alle corse, vivevo solo per queste.
      
      
        Ora vedo un po’ oltre, ci sono tante cose
      
      
        belle da fare, c’è ancora una vita piena di
      
      
        possibilità, da vivere al cento per cento. E
      
      
        mi sono resa conto di quanto amore c’è
      
      
        attorno ame. Lamia famiglia, il mio fidan-
      
      
        zato, gli amici sono stati fantastici, ma
      
      
        anche i colleghi e migliaia di persone che
      
      
        mi sono state vicine, spesso sconosciute.
      
      
        Ho avuto affetto per riempire varie vite!”
      
      
        Il futuro, “lo sta pianificando ma girerà
      
      
        attorno a tre perni: l’automobilismo, con-
      
      
        tinuerò a fare l’istruttrice nella scuola di
      
      
        papà, l’aiuto a chi ne ha bisogno e fare il
      
      
        possibile per riportare una pilotessa spa-
      
      
        gnola al vertice.” L’ultima parola l’ha volu-
      
      
        ta avere il grande Carlos Sainz, presente
      
      
        per amicizia, che rivolgendosi in pubblico
      
      
        a Maria, le ha detto: “Sei un esempio per
      
      
        tutti noi e per tutti i giovani, ma lasciami
      
      
        dire che sei completamente pazza!”