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        IL REGNO
      
      
        DELL’IMMAGINE
      
      
        Validità o anacronismo del circuito a parte, la gara monegasca è
      
      
        molto di più, una sorta di opulenta “matrioska” dove l’evento
      
      
        agonistico è solo una componente dell’insieme, il principale ele-
      
      
        mento di richiamo, ma non l’unico. AMontecarlo, lo diciamo per
      
      
        coloro che non  hanno mai assistito ad un’edizione della corsa,
      
      
        convivono diverse anime, che vanno da quella agonistica, al
      
      
        raduno-happening di decine di migliaia di tifosi, che ogni anno
      
      
        si fanno scientemente spennare da albergatori e ristoratori pur
      
      
        di esserci, pur di prendere parte all’evento. Un po’ come
      
      
        capita alla 24 ore di Le Mans: assistere al Gran Pre-
      
      
        mio è un massacro, un salasso economico, ma
      
      
        appena terminata la gara non vedi  l’ora che
      
      
        passi un anno per tornarci. E la stesso dicasi
      
      
        per gli addetti ai lavori, ed in particolare per
      
      
        i fotografi che in nessun altro posto al
      
      
        mondo possono catturare le immagini di
      
      
        Montecarlo. E poco importa se la zona
      
      
        box dista diverse centinaia di metri dai
      
      
        paddock, se l’altimetria del circuito
      
      
        non è proprio l’ideale per trascinarsi
      
      
        appresso alcune decine di chili di
      
      
        attrezzatura o se, per immortalare i
      
      
        soggetti, si corrano non pochi rischi:
      
      
        Montecarlo è un appuntamento irri-
      
      
        nunciabile, una gara alla quale non si
      
      
        può proprio mancare.
      
      
        NOBLESSE
      
      
        OBLIGE
      
      
        C’è poi la componente glamour, la ricchezza ostentata, le barche,
      
      
        le auto da sogno e la montagna di denaro che ricchi sponsor e
      
      
        miliardari di mezzo mondo dilapidano nel weekend del Gran
      
      
        Premio. Anche questo, e non è retorica, è un elemento di richia-
      
      
        mo unico al mondo che nè Valencia, nè in tempi passati Long
      
      
        Beach o in anni più recenti Singapore o Abu Dhabi sono riusciti
      
      
        a riproporre. Al cospetto del Gran Premio che si svolge nel Prin-
      
      
        cipato tutte queste gare sembrano una volgare scimmiottatura,
      
      
        una copia sbiadita, un happening per parvenù, che poco o nulla
      
      
        ha da spartire con la tradizione monegasca. E non importa se al
      
      
        posto del gotha della finanza e dell’aristocrazia degli anni d’oro
      
      
        ci sono i nuovi ricchi, i russi, i cinesi o gli arabi di turno, che forse
      
      
        neppure sanno cosa sia la Formula 1 o chi siano  Vettel, Alonso,
      
      
        Hamilton o Rosberg. Per loro, come per i veri appassionati del
      
      
        “
      
      
        metallo veloce” l’essenziale è partecipare all’evento, senza nean-
      
      
        che rendersi conto di pagare per diventare essi stessi una parte
      
      
        integrante dello spettacolo. Un’attrazione nell’attrazione, da esi-
      
      
        bire in mondovisione, in uno spettacolo unico nel suo genere,
      
      
        che ogni anno, si dice, porti nelle casse del Principato qualche
      
      
        centinaia di milioni di Euro.  Niente male per un Gran Premio
      
      
        che, a dispetto delle tante Cassandre di turno, è destinato a
      
      
        sopravvivere e prosperare.