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        FORMULA 1
      
      
        TURBO STORY – 4. PUNTATA
      
      
        1986
      
      
        BRABHAM BMW BT55
      
      
        MURRAY GENIALE
      
      
        In pochi anni il motore turbo ha dunque
      
      
        annientato gli aspirati e, proprio come soste-
      
      
        nevano i pionieri della Renault, una volta
      
      
        raggiunto un accettabile livello di competiti-
      
      
        vità inizia la scalata alle grandi potenze. Dai
      
      
        520/540
      
      
        CVdei primi V6 transalpini, si assi-
      
      
        ste ad una crescita esponenziale delle poten-
      
      
        ze, che toccano limiti ritenuti invalicabili
      
      
        fino a pochi anni prima. Grazie anche ai
      
      
        regolamenti che, fino al 1985, non pongono
      
      
        alcun freno alla durata dei propulsori, ai
      
      
        consumi, alle pressioni di sovralimentazio-
      
      
        ne. Capita così che un poi’ tutti i motoristi
      
      
        mettano in campodue diversemotorizzazio-
      
      
        ni per ogni gara: una versione base, più affi-
      
      
        dabile, destinata alla gara, con potenze che
      
      
        variano dai 780, agli 830 CV e  quella “usa e
      
      
        getta” da utilizzarsi nelle prove.
      
      
        Questi motori, espressamente concepiti per
      
      
        le qualifiche, devono durare unamanciata di
      
      
        giri, prima di andare in fumo, ma possono
      
      
        erogare potenze monstre. Nel caso del 4
      
      
        cilindri in linea della BMWpossono addirit-
      
      
        tura infrangere la barriera dei 1.000 CV, un
      
      
        risultato impressionante per un motore la
      
      
        cui cilindrata, lo ricordiamo, non può supe-
      
      
        rare i 1.500cc. Per ammissione dello stesso
      
      
        Paul Roche, responsabile tecnico della
      
      
        BMW, il quattro cilindri montato in prova
      
      
        sulla Brabham di Nelson Piquet, in occasio-
      
      
        ne del Gran Premio di Francia, eroga la bel-
      
      
        lezza 1.050CV, un valore che nonha bisogno
      
      
        di ulteriori commenti. Per ottenere questi
      
      
        risultati si lavora sia sui gruppi di sovrali-
      
      
        mentazione (turbine e compressori) che
      
      
        sull’architettura delle unità motrici dove, a
      
      
        metà anni ottanta, fa la sua comparsa la
      
      
        distribuzione pneumatica. Sul fronte strut-
      
      
        turale l’idea più rivoluzionaria del periodo
      
      
        arriva invece dal solito Gordon Murray, con
      
      
        la Brabham BT 55, meglio nota come la
      
      
        “
      
      
        sogliola”.
      
      
        Nel 1985 il responsabile tecnico della Bra-
      
      
        bham si rende conto che l’avvento del turbo
      
      
        ha finito per snaturare l’essenza stessa delle
      
      
        auto da Gran Premio. La necessità di creare
      
      
        adeguatamente il vano motore, abbinata a
      
      
        quella di utilizzare un’accessoristica via via
      
      
        più complessa emasse radianti di dimensio-
      
      
        ni semprepiùgenerose, ha fatto lievitare l’al-
      
      
        tezza delle Formula 1 e, conseguentemente,
      
      
        innalzare il loro baricentro. Il problema è
      
      
        particolarmente sentito in casa Brabham
      
      
        che, come noto, monta un 4 cilindri in linea,
      
      
        compatto, ma decisamente alto. Per supera-
      
      
        re questo empasse ci vuole una trovata
      
      
        geniale, un taglio netto col passato, che solo
      
      
        i grandi geni della Formula 1 sanno concepi-
      
      
        re. Ed è così che nell’inverno del 1985 Mur-
      
      
        ray chiede alla BMW di inclinare di 72° sul
      
      
        lato destro il motore tedesco, per dare vita
      
      
        ad una monoposto “rasoterra”.
      
      
        IL DRAMMA DE ANGELIS
      
      
        La Brabham destinata al mondiale 1986, denominata BT55, è praticamente priva di carenatura dell’abi-
      
      
        tacolo, è più bassa di 23 centimetri rispetto al modello 1985 o, se si preferisce, ha una sezione frontale
      
      
        ridotta del 20-25%, rispetto alla BT54. Sulla carta, questo modello non dovrebbe avere rivali nei circuiti
      
      
        misto veloci ma, come spesso capita, tra la teoria e i risultati della pista ci sono evidenti discrepanze.
      
      
        Il rinnovato 4 cilindri BMW accusa infatti continui cedimenti, dovuti ad una lubrificazione difettosa e la
      
      
        scocca della BT55 flette nella parte centrale, compromettendo l’assetto della macchina. La mancanza di
      
      
        un’adeguata rastremazione nella parte posteriore verifica inoltre i benefici della ridotta sezione frontale e
      
      
        la Brabham del 1986, che avrebbe dovuto sbaragliare la concorrenza sul dritto, va in crisi proprio sui lun-
      
      
        ghi rettilinei. Ad aggravare la situazione tecnica del team concorre anche la morte di Elio De Angelis, che
      
      
        perde la vita al Paul Ricard, in una sessione di test privati, all’indomani del Gran Premio di Montecarlo.
      
      
        E’ la goccia che fa traboccare il vaso: il team continua ad usare la BT 55 fino al termine della stagione, ma
      
      
        di fatto il progetto BT55 viene messo in naftalina fin da maggio. Salvo poi essere ripreso da Gordon Mur-
      
      
        ray nel 1988, per i colori della McLaren, Ma questa è un’altra storia, che vedremo in seguito....