9 Gen [13:10]

Ghosn attacca il sistema giudiziario
giapponese: "Arcaico e inumano"

Alfredo Filippone

La conferenza stampa di Carlos Ghosn, la prima dopo essersi sottratto alla giustizia giapponese, non ha tradito le attese: due ore e mezzo intense davanti a un nutrito parterre di media internazionali accorsi a Beirut per ascoltare le verità dell’ex-patron di Renault Nissan, che è apparso in forma e non ha perso la verve oratoria. Come prevedibile, Ghosn non ha rivelato i dettagli della sua rocambolesca fuga dal Giappone (costata, secondo il Wall Street Journal, 7 milioni di dollari) e si è detto vittima di una “macchinazione politica” ordita da una parte del management di Nissan (e ha indicato i nomi dei mandanti), con la complicità del procuratore che lo ha fatto arrestare e del governo nipponico.

Su questo ultimo punto, si riferiva al potentissimo Ministero dell’Industria, che sovrintende l’industria dell’auto, ma non ha formulato né nomi né accuse specifiche, “un riserbo che ho promesso alle autorità libanesi”, ha specificato, onde evitare problemi diplomatici. A motivare il complotto contro di lui, sarebbero stati il declinare dei risultati di Nissan e l’opposizione a un ulteriore consolidamento dell’alleanza Renault-Nissan, che avrebbe fatto perdere completamente il controllo della Nissan ai giapponesi. “Non ho mai proposto una fusione classica, ma la creazione di una holding al di sopra di entità autonome, proprio perché conoscevo le reticenze giapponesi”, ha precisato Ghosn.

L’ex-manager ha ovviamente rivendicato il bilancio dei suoi 17 anni alla guida di Renault e Nissan, “che ho salvato dal fallimento e fatto prosperare, guadagnadomi le osanna di tutti in Giappone”. Non sono mancati perfidi riferimenti alla catastrofica situazione attuale del costruttore nipponico (“hanno perso dieci miliardi di dollari in un paio di anni, e per investigare gli undici milioni di spese presunte ingiustificate che avrei fatto, ne hanno speso duecento”) e frecciatine al management di Renault per averlo scaricato in fretta (“contrariamente a quanto detto, non mi sono mai dimesso, mi sono autosospeso”) e per lo stallo attuale: “I risultati non sono buoni, l’alleanza con Nissan è in coma e non c’è visione strategica. Hanno perso anche la grandissima occasione persa di un accordo con FCA”, che poi ha siglato PSA. “Con John Elkann eravamo in trattative molto avanzate, un incontro per finalizzare l’accordo era previsto due mesi dopo il mio arresto. I nostri gruppi erano perfettamente complementari, saremmo diventati il maggior costruttore al mondo.”

Ghosn ha poi smontato una per una, e mostrando vari documenti come prove, le accuse contro di lui, dalle retribuzioni occulte (“mai quantificate e mai deliberate dai consigli di amministrazione”) alle spese non giustificate e alle irregolarità fiscali. Ghosn è andato giù durissimo contro il sistema giudiziario giapponese (“inumano, arcaico e basato sul conseguimento della colpevolezza”, con il 90,4 % dei processi che finiscono con condanne) e soprattutto contro il procuratore che ha in mano il suo caso, accusato di ignorare i diritti della difesa, dilazionare all’infinito i tempi della procedura, violare le procedure, esercitare pressioni psicologiche di ogni tipo (proibendogli, ad esempio, qualsiasi contatto con la moglie) e filtrare informazioni distorte alla stampa per danneggiare la sua immagine presso l’opinione pubblica giapponese, dipingendolo come un personaggio ‘dittatoriale, avido e freddo’. Nemmeno i suoi avvocati potevano garantirgli che avrebbe avuto un processo giusto. “Quando ho capito tutto questo, ho realizzato che l’unica via d’uscita era la fuga”, ha spiegato.

“Ora mi sento vivo di nuovo”, ha anche detto Ghosn, che ha ringraziato le autorità e gli amici libanesi per l’accoglienza ricevuta. Ha aggiunto che non ha piani per il futuro, se non quello di “ristabilire la mia reputazione nei fori dove lo potrò fare”, lasciando presagire contromosse legali, e che è pronto a sottoporsi alla giustizia di qualsiasi paese “dove vengano rispettati i diritti basilari, fra cui la presunzione d’innocenza”. Per il momento, prudentemente, rimarrà in Libano: “Non uscire da un paese piccolo, ma amico e dove sono libero è comunque molto meglio che essere ostaggio dell’ingiustizia in Giappone.”
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