12 Ago [18:25]

Il nervosismo regna in IndyCar
È finito il cameratismo tra i piloti?

Marco Cortesi

Sembra un po' in bilico l'idillio tra i piloti IndyCar. O meglio, l'idillio che era percepito dall'esterno, in cui tutti andavano d'accordo, si piacevano e si aiutavano. Nashville ha fatto arrivare ai ferri corti diversi piloti. Romain Grosjean in particolare non è stato felice di come Josef Newgarden gli è entrato, lanciandolo a muro, e per lui si tratta della seconda volta, dopo il contatto con Alexander Rossi di Mid-Ohio che l'aveva portato a definire "idiota assoluto" l'americano, due volte. In generale, in poche settimane ci sono state le polemiche che prima c'erano in un anno. 

Grosjean al centro del nervosismo
Nella stessa gara, Grosjean era stato penalizzato per un contatto con Colton Herta, e aveva rifiutato di aiutare Rossi nella lotta per la vittoria, nonostante fosse sotto di un giro. Tornando a Nashville, ha lasciato un po' sconcertati il commento al vetriolo di Newgarden, "benvenuto in IndyCar", poco caratteristico considerando l'atteggiamento solitamente tranquillo del pilota di Roger Penske.

Ma anche Marcus Ericsson non se l'è fatto dire due volte, e ha replicato al franco-svizzero con un "Quello che semini, raccogli" su Twitter. Diciamo che Grosjean non ha certo raccolto amici nel suo primo anno con Andretti (e anche in quello scorso con Coyne). Parlando dello stesso Ericsson, non è mancato il caso. Una toccata con Alex Palou che ha mandato lo spagnolo su tutte le furie anche se, obiettivamente, l'entrata dello svedese era sembrata tutt'altro che esagerata. Lo stesso Palou ci ha tenuto a dire di aver peccato di nervosismo.

Ce n'è stato anche per Palou, coi commenti di Pato O'Ward, prima sarcastici sulla sua situazione di mercato (e stiamo parlando della stessa scuderia!) poi non troppo entusiastici sulla sincerità dell'avversario. "(Palou) Dice un sacco di cose, poi fa il contrario. Sembra psicologia inversa. Qualunque cosa dica, aspettati l'esatto opposto" ha spiegato. Non male come benvenuto! Anche verso i rookie non sono mancate critiche, in primis verso Devlin DeFrancesco che si dice rischi addirittura il sedile per il prossimo anno.

Competitività, cultura, contratti
Ma cos'è che causa tutto questo nervosismo, o comunque commento a viso aperto? Sicuramente, una situazione di campionato che vede otto vincitori diversi in undici gare. E una competitività su vette assolute: si è arrivati a 21 piloti (ventuno!) in poco più di sei decimi al Grand Prix di Indy, e basta un minimo errore da pochi centesimi, con il sistema di qualifica attuale, per finire ventesimi in griglia.

Ma è innegabile anche che l'approdo di piloti con trascorsi europei di ottimo livello, visti come "esterni" e spesso veloci sin da subito abbia reso la competizione un po' più ruvida, creando uno scontro di attitudini. Le vicissitudini contrattuali e il rimescolamento di mercato non hanno aiutato, in quanto hanno aumentato le tensioni, sia interne che verso l'esterno. In campionato ci sono sette piloti in 59 punti, con ancora 162 punti disponibili, e il divario tra il leader Will Power e Scott Dixon è solo a quota 7.

L'era del cameratismo è finita?
Con tutti gli ingredienti del nervosismo in gioco, anzi messi sotto pressione, ci sono tutte le possibilità di vedere molti conti venire al pettine nel fine stagione. Ma non è detto che l'epoca del cameratismo dei piloti IndyCar sia finita. Dopotutto, le rivalità ci sono sempre state e ci sono sempre stati piloti più amici di altri. Semplicemente, come in molti altri settori della nostra vita, viviamo in un momento in cui diverse variabili si sono intersecate. Il 2023 permetterà forse a tutti di ripartire da un foglio bianco.
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