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19 Set [14:29]

Intervista a Jaden Conwright:
"La F3 Asia la mia scelta migliore"

Jacopo Rubino

Dalla California all'Oriente, passando per l'Europa (Italia compresa). È quasi un giro completo del globo quello che ha condotto Jaden Conwright sulla griglia del nuovissimo Formula 3 Asian Championship. Al via con la scuderia Absolute Racing, che ha sede ad Hong Kong, il 19enne statunitense era apparso temibile sin dai test precampionato e nel secondo round di Ningbo ha avanzato ufficialmente la sua candidatura al titolo: è salito infatti al secondo posto in classifica generale, a -13 dal leader Raoul Hyman, chiudendo il weekend con la meritata prima vittoria personale in gara 3. Il tutto sulla scia della doppia pole-position siglata nelle qualifiche. E come raccontato a Italiaracing alla vigilia della tappa di Shanghai, Conwright in Asia sembra aver trovato davvero la sua… America. Entusiasta della scelta compiuta.

Jaden, raccontaci innanzitutto i primi passi in questa nuova F3 asiatica.
"Sta andando tutto bene, per me è stato bello tornare a correre dopo un 2017 vissuto senza gare. Il campionato è appena nato ma è già valido, c'è un bel calendario, la competizione in pista è appassionante, vado in circuiti per me nuovi che ho il piacere di scoprire. E poi si vedono parecchi tifosi sulle tribune, e c'è la diretta televisiva: insomma, tutto quello che serve. Senza dimenticare l'ottimo ambiente, anche al di fuori del paddock".

Cosa ti ha portato a scegliere proprio l'Asia, da americano?
"Valutando l'opportunità e l'interesse per il motorsport in questo territorio, ho ritenuto che fosse la scelta migliore per la mia carriera".

La vettura Tatuus, con motore Autotecnica, sta aprendo la strada delle Formula 3 regionali. Qual è il tuo giudizio da pilota?
"È un po' diversa dalle F3 tradizionali esistite fino ad oggi, ma si tratta sicuramente di un progetto riuscito. Vengono portati aggiornamenti costanti, al termine del campionato la macchina sarà piuttosto evoluta rispetto alle specifiche di inizio stagione, e ovviamente ancora più veloce. Via via emergono le sue potenzialità".

Abbiamo una curiosità: subito dopo F1 e F2, questa è la terza categoria nel mondo a disporre dell'Halo. Che impressione ti ha fatto?
"Entrare nell'abitacolo è quasi… divertente, bisogna farci l'abitudine, ma poi quando si guida è come se non ci fosse. È tutto piuttosto simile a qualsiasi altra monoposto. L'Halo si nota un po', o meglio ci si rende conto che esiste, solo quando bisogna puntare lo sguardo sul semaforo in partenza o sulle tabelle esposte al muretto box. Ma non è nulla di problematico".

Nel 2016 ti ricordiamo in Italia appunto, per affrontare la F4. Avventura impegnativa, ma ti ha aiutato?
"Sì, l'anno è stato difficile, soprattutto per uno come me in arrivo da un piccolo campionato negli Stati Uniti (il Formula Car Challenge, ndr). Mi sono ritrovato in un contesto di livello internazionale, e davvero combattuto: ero preparato a questa sfida, ma via via ho imparato sempre di più anche se i risultati non mi forse premiato. La F4 italiana è stata un'ottima scuola, ad esempio mi ha insegnato a gestire il traffico durante i giri veloci in qualifica, le tecniche di difesa dagli avversari, o a dividere la pista con tante altre auto. Un netto salto in avanti".

Che differenze hai trovato correndo in tre continenti?
"Nei campionati europei si fa molto per supportare scuderie e piloti, ad esempio condividendo i dati della pole-position per dare a tutti maggiori riferimenti. In America, così come in Asia, tocca invece a te e al tuo team capire cosa fare con la vettura, e tirarne fuori il massimo delle prestazioni. Ci sono pro e contro, perché si è obbligati a lavorare di squadra per preparare un buon assetto di base, e solo sfruttando i dati che hai raccolto in prima persona. Ma allo stesso tempo, quando c'è un periodo di sosta, puoi essere tu a far accadere qualcosa di miracoloso".

Nel 2017 sei rimasto un po' dietro le quinte: solo test. Perché?
"È stata una situazione determinata da vari fattori, principalmente dalle tempistiche e dal budget che avevo a disposizione in quel momento. Ma il bilancio dello scorso anno posso considerarlo positivo: ho seguito un programma di prove con il team Carlin, una squadra di grandissimo livello, ho continuato a crescere e ad approfondire vari aspetti. Adesso ne sto raccogliendo i frutti".

Con Carlin hai guidato la vettura di British F3, anche questa realizzata da Tatuus. Puoi paragonarla alla F3 asiatica?
"Hanno entrambe l'etichetta di «Formula 3», è vero, ma le differenze sono numerose. La britannica di fatto è un upgrade sulla base della F4, dotata di più cavalli e carico aerodinamico. Quella asiatica è stata invece creata da zero, è più lunga e più larga e questo la rende più stabile nei curvoni veloci, dove invece la British F3 si dimostrava un po' più nervosa. Ma è anche più leggera, mentre la F3 Asia compensa i chili extra con la maggiore potenza. In realtà incide soprattutto avere un motore aspirato (Cosworth, ndr) contro un motore turbo: cambia lo stile da adottare".



Torniamo all'attualità: a Ningbo sei stato grande protagonista. Dominio in qualifica, vittoria in gara 3, secondo posto in classifica.
"Siamo venuti da un primo weekend a Sepang un po' caotico, avevamo avuto poco tempo per prepararci. Prima di andare in Cina siamo invece riusciti a fare quadrato con la squadra, per analizzare tutti i dati raccolti, e siamo arrivati davvero pronti. Sin dall'inizio avevamo le idee chiare su come gestire la macchina, ci siamo resi conto di poter essere molto competitivi e giocarci fino alla fine il titolo".

La Hitech però è partita fortissimo: ha vinto 5 manches su 6, con tre piloti diversi. Credi abbiano un vantaggio su di voi?
"Non necessariamente, a Ningbo siamo stati noi a conquistare le due pole in qualifica. Anzi, l'intera prima fila. Forse loro hanno ancora qualche margine sul passo gara, ma si tratta di dettagli. Più che Hitech superiore, direi che tocca a noi lavorare per compiere quei piccoli miglioramenti che ci servono. Hitech è un team forte, con un ricco bagaglio di esperienza in Europa, questo è certo, ma non siamo lontani".

Dove ti vedi nel 2019?
"Penso di restare in Asia, venire qui è stata la decisione migliore mai presa per la mia carriera. Vorrei continuare in monoposto, e non escludo di tornare in Europa o negli Stati Uniti, ma dipende innanzitutto dalle opportunità che si presenteranno. Il mio obiettivo principale è essere professionista".

Nell'area asiatica, e parlando sempre di monoposto, più in alto di così ci sarebbe solo la Super Formula... L'idea ti intriga?
"Molto, se ci fosse l'occasione. L'influenza della cultura giapponese è particolarmente significativa nella mia California, e un campionato come la Super Formula gode di una certa popolarità".

Non pensi alla Formula 1 o alla IndyCar? Nel weekend eri a Sonoma...
"F1 e IndyCar sono un sogno, come per qualsiasi pilota, ma ripeto: più di tutto desidero costruire la mia carriera per diventare professionista. La filosofia è valutare cosa accade di volta in volta, amo correre e ad oggi sono molto soddisfatto di trovarmi in Asia. Come detto, credo di continuare qui".