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GP ABU DHABI

Il campione

La sua corazza è stato l'impegno, l'allenamento, sono stati i pro-

gressi continui, la puntigliosità nei collaudi, la cura dei dettagli:

le partenze, il giro secco dove spesso ha bastonato Hamilton.

Da piccolo mentre gli altri scherzavano lui girava a spiare le

gomme che avrebbero usato gli avversari, mentre i compagni

si accontentavano lui studiava le lingue – anche perché per

quelle sì che ha talento: oltre al tedesco, imparato da mamma

Sina il francese del Principato, l'inglese lingua del mondo e delle

corse, l'italiano imparato a scuola a Milano, poi lo spagnolo e il

portoghese. Non il finlandese, almeno non ufficialmente, «per-

ché nelle corse non serve a nulla», come gli aveva spiegato papà

Keke.

Tutti lo hanno sempre guardato come il fortunato figlio di papà,

cresciuto nella bambagia; quando ha dovuto lottare contro il

monello di strada Hamilton il dubbio che quell'idea in fondo

fosse vera - troppo tenero e biondo lui, troppo sgherro e sca-

fato l'altro, per non parlare del talento - lo ha tormentato a

lungo. Ha provato a scacciarlo usando armi non sue, la maschera

del cattivo e del furbo indossata con intermittenza negli ultimi

quattro anni: il giallo provocato nelle qualifiche di Monte-Carlo,

l'autoscontro di Barcellona quest'anno, spigoli mostrati qui e là.

Ha sterzato ancora: la vecchia amicizia rotta (o incrinata) con

Hamilton, la vita impostata su un binario diverso da quello da

montagne russe del rivale: il matrimonio con Vivian, la nascita

di Alaia, i progetti da family man. La pazienza di attendere, col-

tivata in mezzo al timore che l'attesa non sarebbe finita mai.

Che il 2016 fosse il suo anno era nell'aria fin da marzo. Le quat-

tro vittorie consecutive lo avevano installato sul rettilineo che

inseguiva fin da ragazzino, poi ha rischiato di perdere tutto. I

consigli di papà e le sventure di Lewis dopo l'estate lo hanno

rimesso in carreggiata e lì Rosberg ha capito che doveva essere

se stesso. Non cercare il fuoco d'artificio ma tenere accesa la

brace, correre con la testa, restare nel suo. E allora sono arrivate

le gare cautelose, i calcoli, le priorità. Ad Abu Dhabi ha dato il

meglio con il sorpasso magnifico e 'freddo' contro la mina va-

gante Verstappen, poi con quel miracolo di equilibrio nel finale,

vissuto con il cuore a mille, fra Hamilton che gli si piantava da-

vanti e Vettel e Verstappen che gli mordevano il retrotreno.

«E' stata la gara più sgradevole della mia vita», ha ammesso.

«Spero di non ritrovarmi più in una situazione come questa».

Sgradevole perché Nico il tranquillo avuto la tentazione di fare

il grande gesto, di uscire da se stesso e dal copione tentando il

sorpasso ad Hamilton che non aspettava altro. Poi si è ricordato

che la virtù, anche la sua grande virtù, stava nel mezzo. Nella

sua imbattibile Mercedes e nel suo carattere senza estremi,

nella sua capacità di mediare fra le difficoltà che ti offre la vita.

Anche una vita apparentemente bellissima e comoda come la

sua, e da ieri magnifica.