Page 7 - Dallara_ITA

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sull’esito come già citato.
In secondo luogo le prove vengono
eseguite a circa 50-60 km/h, velocità
molto basse rispetto a quelle che
possiamo vedere in pista. Tuttavia un
impatto a 50 km/h contro una barriera
rigida corrisponde ad un impatto a circa
250-300 km/h contro barriera mobile
(quelle che si trovano in pista
normalmente). La storia insegna che i
crash test rispecchiano molto bene
quanto succede in pista, visto che le
strutture si comportano in maniera
analoga: si pensi all’incidente di
Kovalainen a Barcellona 2008, o Kubica
a Montreal nel 2007, nei quali le
strutture di crash hanno funzionato
benissimo pur in presenza di crash a
velocità oltre i 200 km/h.
Un giorno verranno svolti solo
virtualmente, con il computer?
F.G.: No, benché gli strumenti di calcolo
siano sempre piu’ precisi ed affidabili, il
crash test è di vitale importanza per la
valutazione del comportamento della
struttura di crash. I regolamenti sono
cosi restrittivi che basta davvero poco
per far sì che una struttura passi una
prova o meno. Inoltre, a calcolo, si
considerano le strutture come prive di
difetti, è necessario valutare un crash
test reale per evitare che un errore nel
processo produttivo possa dare vita ad
un crash test non efficace.
Ci potete fare un esempio di un
progresso nel campo della sicurezza
prodotto da un crash-test?
A.G.:
: Sid Watkins, storico dottore della
FIA, ricordava di recente che nei primi
anni della F1 gli incidenti mortali o
fortemente invalidanti erano circa 1 su
10, oggi sono 1 su 300. Alcuni esempi di
progressi sono offerti dagli incidenti di
Kubica in Canada, di Firmann con la
Jordan in Ungheria, da Wayne Boyd con
la F3 a Macao, tutti incidenti che non
hanno lasciato danni permanenti sui
piloti nonostante la loro dinamica
spaventosa. Pensiamo che ogni weekend
nel mondo gareggiano innumerevoli
vetture, tanti sono gli incidenti e per
fortuna quelli gravi sono rari.
F.G.:
Alcuni anni fa sono stati fatti dei
crash test tra il musetto di una vettura e
il telaio di un'altra. E’ stato scoperto che
i musetti erano così rigidi (per assorbire
l’energia richiesta), che potevano
perforare il telaio di un'altra vettura ed
impattare contro il pilota. Sono cosi stati
imposti in F1, ed a cascata su quasi tutti
gli altri regolamenti, dei pannelli anti-
intrusione spessi 6mm in materiale
balistico sulla fiancata del telaio.
L’impressione è che grazie a questi
pannelli molti piloti siano oggi vivi in
seguito ad incidenti terribili.
Le vetture di serie hanno parametri più
o meno rigorosi di quelli relativi alle
vetture da corsa?
A.G.:
Il discorso è molto complesso,
meriterebbe più tempo per essere
approfondito. Non parlerei di parametri
più o meno rigorosi, ci sono
problematiche differenti ma gli obiettivi
da perseguire sono gli stessi per
entrambe le tipologie di vetture: la
sicurezza dell’occupante e di chi,
dall’esterno vettura, vi impatta contro.
F.G.:
Le vetture di serie hanno prove di
crash completamente differenti rispetto
alle vetture racing. Nelle vetture stradali
il crash test è estremamente rigoroso:
viene fatto a vettura completa, vengono
valutate le accelerazioni in diversi punti
della vettura, gli impatti degli occupanti
contro gli interni, l’efficacia dei sistemi
di sicurezza passiva (air-bag,
pretensionatori, etc…) e cosi via. Nelle
vetture racing viene sottoposta a test
soltanto la struttura di crash e la cellula
di sopravvivenza del pilota, e vengono
valutati molti meno parametri (in pratica
le accelerazioni e i picchi di forza).
Inoltre la stessa natura del crash test è
molto differente, visto che nelle vetture
racing deve crashiare solo la struttura
adibita all’assorbimento di energia (il
musetto per esempio) e non sono
ammesse rotture sulla cellula di
sopravvivenza, al contrario sulle vetture
stradali sono ammesse anche rotture del
telaio purché non abbiano un impatto
negativo sui passeggeri.
La domanda “sono piu’ sicure le vetture
racing o stradali” non ha una risposta:
ognuna è progettata per garantire il
massimo della sicurezza nel suo campo
di utilizzo.
Qual è la soddisfazione più grande del
vostro lavoro?
A.G.:
Ovviamente riuscire a predire
accuratamente il comportamento della
struttura, trovare corrispondenza tra
quanto calcolato e il test reale è una
grande soddisfazione. Tuttavia, nulla può
eguagliare quello che si prova di fronte
alla riconoscenza di un pilota che
sopravvive ad un incidente, come è stato
per Kenny Brack, già vincitore della 500
Miglia di Indianapolis, che dopo uno
spaventoso incidente in Texas, disse: “I
am convinced that it was thanks to
Dallara's innovation and safety thinking
that I lived to race another day”.
Stefano Semeraro
“Sid Watkins, storico dottore della FIA, ricordava di recente
che nei primi anni della F1 gli incidenti mortali o fortemente
invalidanti erano circa 1 su 10, oggi sono 1 su 300”