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Alonso si sta allontanando dalla
Ferrari, e forse non è la fine del
mondo. Anzi. A Maranello lo spa-
gnolo respira da qualche tempo
un'aria diversa, e la cosa non gli
piace. Se per tanti anni è stato il
Salvatore della Patria, il Condot-
tiero capace di guidare la Rossa, se
non fuori, almeno attraverso le
tempeste, da quando sulla plancia
di comando sono arrivati Marco
Mattiacci e Sergio Marchionne il
suo profilo è mutato. Mattiacci
deve rifondare la Rossa. «Devo
essere un elemento di discontinui-
tà – dice il manager romano - e
questo a qualcuno può non piace-
re». Chissà che quel qualcuno non
sia proprio Alonso, che a Maranel-
lo secondo alcune “gole profonde”
era ormai diventato il vero padro-
ne, l'uomo capace di dettare la
linea e di scegliere gli uomini di cui
attorniarsi, da Pat Fry a Pedro De
La Rosa. Dietro le sue grandi qua-
lità pare che una parte della diri-
genza abbia iniziato a scoprire i lati
deboli: l'egocentrismo, l'insoffe-
renza palese e ostentata verso le
scelte aziendali che non condivide,
le critiche eccessive al manage-
ment e al box. Per qualcuno poi,
non è così scontato che Alonso in
questi anni da ferrarista le abbia
azzeccate tutte, e ha iniziato a scar-
tabellare l'elenco dei suoi errori,
delle sue impulsività. Insomma:
Alonso è sicuramente un grande
campione, ma anche un rompisca-
tole, una manciata di sabbia butta-
ta in un ingranaggio che cerca di
ripartire. Del resto mugugna tan-
to, troppo, e a quanto si dice parla
anche troppo con il nemico, cioé
con le scuderie rivali di Maranello,
mantenendo due piedi in una staf-
fa: da una parte discute del rinno-
vo, puntando a incassare un ingag-
giomonstre, dall'altro tratta per un
possibile addio anticipato rispetto
alla scadenza del 2015, attirato ad
esempi dalle sirene giapponesi
(leggi Honda) che per riportarlo
alla McLaren sarebbero disposte a
pagare la sontuosa penale prevista
dal contratto. Se poi a Maranello
dovesse arrivare un altro pilota di
primo piano – Vettel ad esempio –
Fernando finirebbe fatalmente per
patirlo, come è accaduto ai tempi
della McLaren con Hamilton. In
fondo lui stesso è il primo ad aver
perso fiducia nel team che doveva
essere quello della sua definitiva
consacrazione a miglior talento
della F.1 e che invece l'ha trascina-
to in basso, offrendogli solo vettu-
re poco competitive, tradendo le
sue attese. Ormai all'idea di diven-
tare un secondo Schumacher non
ci crede neppure lui: sarebbe stato
fantastico, ma non ha funzionato,
bisogna rassegnarsi. E cambiare
strada prima che la situazione si
incancrenisca. Ai nuovi vertici
inoltre non va tanto a genio che un
pilota, per quanto grande sia,
diventi più importante della Ferra-
ri; che sia visto lui come unico vin-
citore, e tutto il teamcome perden-
te. Alonso è fatalmente legato ad
una stagione di insuccessi, il nuo-
vo campione dovrà essere anch'es-
so frutto di una scelta di Marchion-
ne & Co. Il segno della svolta. La
Ferrari cambierà, e molto, e deve
voltare pagina. Anche all'interno
dell'abitacolo.
PERCHÉ NON DEVE RIMANERE
LA SUA STAGIONE È FINITA,
MEGLIO DIRSI ADDIO ADESSO
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