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22 Giu [1:21]

Ferrari, sempre meno peso politico,
l'ultima vicenda imbarazzante lo dimostra

Massimo Costa

Abbiamo parlato, ci siamo confrontati. Con colleghi, con persone che conoscono bene la F1. E siamo sempre arrivati a toccare il punto fondamentale della questione: la Ferrari sta perdendo giorno dopo giorno il proprio peso politico. Che va di pari passo con la mancanza di risultati importanti. Quello che è accaduto a Le Castellet, riguardante la vicenda di 15 giorni prima a Montreal, è molto significativo.

Ci avevano raccontato di una mossa furba da parte del team di Maranello per scongiurare, cancellare, la penalità di 5" a Sebastian Vettel e quindi ritrovarsi con la vittoria a tavolino del GP del Canada. Sarebbe stato molto complicato vincere la battaglia, in F1 raramente un ordine di arrivo è stato modificato dopo due settimane. Era capitato tanti anni fa, dopo un GP del Brasile in cui era stato sbagliato il contagiri e quindi la vittoria tolta a Giancarlo Fisichella con la Jordan, gli fu ridata alla gara successiva, a Imola. Ma quell'episodio era apparso chiaro e lampante.

Questa volta, la vicenda era completamente diversa. Ma dalla Ferrari erano certi di avere prove serie, evidenze rilevanti da proporre. Bene. Nel primo pomeriggio di venerdì, il direttore sportivo della Rossa si era lasciato andare a un entusiasmo eccessivo: "Abbiamo presentato prove schiaccianti". Francamente siamo rimasti perplessi da sì tanta loquacità, in questi casi è sempre meglio starsene zitti e attendere l'esito del "processo". Non appariva certo lo stile Ferrari anticipare, sparare, in quella maniera, quasi volendo lasciare intendere che la soluzione sarebbe stata positiva.

Ed ecco che dopo neanche tre ore, le parole di Laurent Mekies sono state clamorosamente spazzate via dai fatti reali. Nessuna variazione del risultato di Montreal, nessuna revisione da parte dei commissari sportivi che hanno comminato la penalità e sono arrivati fino a Le Castellet per dibattere la questione (a parte uno di loro, in videoconferenza). Una sberla senza precedenti quella intascata da Mattia Binotto e compagnia, e molti sorridevano, quasi una farsa.

E sì, una farsa, perché poi si è scoperto che la prova fumante, la famosa evidenza schiacciante, era ben poca cosa. Dei sette punti presentati dalla Ferrari, ben cinque (cinque!!) erano già di conoscenza dei commissari, quindi ne rimanevano soltanto due: una ripresa video frontale dall’abitacolo di Vettel resa disponibile dalla F.1 dopo la gara, che però non ha cambiato la storia, e udite udite, una analisi giornalistica fatta da Karun Chandhok (ex pilota e da tempo commentatore) per Sky Sport UK.

In un primo momento si pensava ad uno scherzo: la Ferrari porta un commento televisivo, seppur curato e preciso, di Chandhok? Come se non sapesse che è del tutto irrilevante ai fini di una sentenza trattandosi di semplice parere di un esterno. Un po' come se ad un processo penale la difesa in un tribunale portasse il plastico di Bruno Vespa a Porta a Porta. Al giudice scapperebbe una sonora risata.

Sarebbero queste le carte giocate e pensate per giorni e giorni dalla Ferrari? Si rimane allibiti. E il pensiero corre indietro, a quel che avrebbe fatto il compianto Sergio Marchionne, le urla, le telefonate ai vertici di Liberty Media, al presidente FIA Jean Todt, il battere i pugni sui tavoli. Per non parlare di Luca di Montezemolo con Todt (quando era a Maranello), Stefano Domenicali, Ross Brawn, una sorta di esercito invincibile che non lasciava scampo agli avversari.

Sarebbero stati chiamati avvocati di grido, si sarebbe studiato il problema a fondo per trovare il vizio di forma, perché è su questo che si vincono i ricorsi o le revisioni. Trovare l'errore in chi giudica, anche solo una virgola o un punto virgola fuori posto. E se non si fosse trovato nulla, allora tanto valeva arrendersi, rimanere in silenzio, non esporsi a clamorose figuracce come quella di Le Castellet. Perché quella di venerdì in Francia è una sconfitta su tutti i fronti dal punto di vista politico.

Una Ferrari senza peso, senza uomini come Montezemolo e Marchionne nei piani alti che erano in grado di scuotere chi sta nei piani alti dall'altra parte, leggi FIA. E senza un uomo di peso là ai box come lo era Todt, come lo era Domenicali, come lo era Flavio Briatore (benché su sponde opposte) e come lo sono oggi Toto Wolff e la coppia Horner-Marko. Il continuo cambio di persone alla direzione Ferrari ha prodotto un effetto quanto mai negativo di anno in anno, che ha corroso il prestigio della squadra e oggi ne abbiamo visto il clamoroso risultato.

Un qualsiasi Mekies, per quanto possa essere serio professionista, che prima della sentenza spara parole pesanti (prove schiaccianti) per poi dover registrare la sconfitta. Mattia Binotto, assurto a team principal da pochi mesi al posto di Maurizio Arrivabene (un altro non certo della qualità di Todt o Domenicali) che praticamente non lo si è visto. Binotto (persona preparata, intelligente, educata, colta) e Mekies hanno un grave difetto: sono ingegneri. Hanno dunque una cultura e una preparazione ben lontana e diversa da coloro che da anni sono abituati a combattere con i regolamenti sportivi, con i commissari sportivi, con la direzione gara, con i team principal rivali. Come se un direttore sportivo dall'oggi al domani si mettesse a fare l'ingegnere. Possibile? In Ferrari è possibile evidentemente, e questi sono i risultati. 

E la dirigenza poi? Assente. Louis Camilleri, amministratore delegato al posto di Marchionne? Boh. Il presidente Ferrari John Elkann? Chi lo sa. Di quest'ultimo si ricorda a Baku, dopo la pesante sconfitta rimediata dalla Mercedes, una roboante dichiarazione con tanto di sorriso di sfida: "Abbiamo segnato il giro più veloce". Quasi una offesa all'intelligenza dei tifosi Ferrari, parole che denotano la totale lontananza dalla storia della Ferrari e dai suoi tifosi, la totale inesperienza del motorsport. Come se il presidente del Real Madrid, dopo aver perso una partita di Champions League per 5-0 dal Liverpool, si fosse rivolto al suo pubblico sorridendo in questa maniera: "Abbiamo pur sempre battuto cinque calci d'angolo". Sarebbe stato sommerso dagli insulti e invitato a lasciare la sedia dirigenziale con la famosa panolada, la stesa di fazzoletti bianchi sventolati sulle tribune.

Già, vengono i brividi, ma in questa fase è esplosa come non mai la totale mancanza di far gruppo da parte della dirigenza e della squadra, di ritrovarsi uniti con forza per combattere quella che (come abbiamo già scritto nei giorni scorsi) è stata una vera ingiustizia subìta da Sebastian Vettel a Montreal. Questa sconfitta, politica, fa molto male, ancora di più delle batoste rimediate in pista. E la colpa non può che essere della Ferrari stessa e di chi la dirige, in pista e negli uffici a Torino. Dovranno fare esperienza? Probabile, ma quanto tempo dovrà trascorrere? E ci saranno altri cambiamenti al vertice? Altre dannose rivoluzioni? La Ferrari succursale del metodo Palermo/Zamparini mangia allenatori? Del resto siamo italiani e calciofoli...