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15 Mar [12:09]

L'intervista a Ribeiro
"I veri protagonisti sono i piloti"

Da Monza - Stefano Semeraro

In occasione dei test di Monza c'è stata occasione di scambiare quattro chiacchiere molto interessanti con François Ribeiro, il boss di Eurosport Events promoter del WTCC. Il manager francese ha parlato a ruota libera di molti temi interessanti non solo per il Mondiale Turismo, ma in generale per il motorsport. A partire dall'eterna questione che riguarda il coinvolgimento (spesso volatile) dei grandi costruttori. Ecco, divisa in temi, l'intervista.

L'impegno Citroen?
È merito di Loeb


«È vero che su questo piano il WTCC è in un momento di basso impegno. Del resto sappiamo tutti che il coinvolgimento dei costruttori nei vari campionati segue dei cicli. La mia esperienza nel motorsport mi insegna che la cosa più difficile è prevedere se e come un costruttore deciderà di seguire un programma agonistico. Credo di saperlo e di poter influenzare le loro decisioni, in realtà non è così. Prendiamo ad esempio l'impegno PSA: non dipende da strategie di promozione di un particolare modello. La verità è che nel 2012 al Rally di Finlandia Sebastien Loeb diede alla Citroen due notizie: la cattiva era che si sarebbe ritirato dal WRC, quella buona è che avrebbe voluto continuare a lavorare con loro, ma nel Turismo, e questo perché Yvan Muller gli aveva suggerito che poteva essere una categoria interessante per lui. Volete lavorare con me? gli chiese, e loro dissero di sì».

Un campionato incerto
è la chiave del successo


«Detto questo sono convinto che quest'anno avremo un campionato molto incerto e combattuto. Ci so no almeno otto piloti che possono giocarsi il titolo, e mi auguro che lo facciano all'interno di una finestra di prestazioni molto stretta. L'equilibrio agonistico è quello che tutti inseguono nel motorsport, a partire dalla F.1: chi non sta sperando di vedere la Mercedes impegnata seriamente da Ferrari e Red Bull quest'anno? Non ho la soluzione in tasca per fare in modo di coinvolgere più Case nel campionato, ma nessun organizzatore di campionati mondiali ce l'ha. So soltanto che per attirare investimenti bisogna avere a disposizione un buon pacchetto tecnico-sportivo e una buona comunicazione».

Il supporto ai privati
e il nodo dei costi


«Da parte nostra stiamo dando molto supporto ai team privati, ogni anno investiamo 5,5 milioni di euro per aiutarli. Perché è importante non consegnarsi nelle mani dei costruttori. Sono stato ad un evento Nascar, a Las Vegas, e quando sul palco salivano i rappresentanti dei costruttori nessuno neppure li riconosceva. I team ovviamente hanno a cuore la riduzione dei costi. In seguito alle loro richieste abbiamo avuto vari meeting con la FIA, abbiamo esplorato ogni soluzione e alla fine siamo arrivati alla conclusione che per tagliare i costi la strada più efficace sarebbe stata ridurre da tre a due i giorni di gara e da dodici a dieci gli eventi. Perché ogni cambiamento tecnico avrebbe costretto i team a risviluppare la vettura, spendendo di più. Insieme, abbiamo convenuto che la migliore strategia è mantenere una stabilità tecnica e agire sui regolamenti sportivi».

Più spazio ai piloti
e meno al politically correct


«In passato siamo stati troppo politically correct, l'ho detto ad Eurosport. Per quanto riguarda la comunicazione è fondamentale mettere più enfasi su tutto ciò che riguarda i piloti, le loro rivalità, il backstage. Da un anno abbiamo deciso di rendere pubbliche le comunicazioni radio, anche rischiando di farci male. Oggi abbiamo un team di sei persone che segue i social media, perché da lì passa il futuro. Nessun ragazzino segue più le corse in televisione. I giovani vogliono media interattivi, per questo da quest'anno in ogni gara avremo un canale Facebook dedicato a un pilota che lo seguirà per tutto il weekend. Avvieremo anche un programma di gare online. E ai piloti ripeto spesso: non nascondete le vostre emozioni, mostrate rabbia e gioia. Perché è questo che vogliono i fan. Sono molto curioso di vedere cosa succederà in F.1, perché facciamo parte tutti di Liberty Media e l'indicazione all'interno del gruppo è di seguire questa strada. Vi assicuro che il più bello dei filmati sulle macchine non avrà mai il gradimento di un filmato, magari di bassa qualità, ma che parla dei piloti e dei loro problemi. Ho solo un principio che intendo rispettare a tutti i costi: mai mancare di rispetto a un pilota, a un team o a un costruttore».

L'esempio della Dorna
e l'importanza dello Storytelling


«Il motomondiale ha il miglior equilibrio fra presenza di Case, importanza dei team, attenzione ai piloti. Li ho studiati molto, sanno costruire benissimo lo story telling dei loro protagonisti. Per questo l'anno scorso ho voluto organizzare un Driver Camp dove non ci fossero agenti, team principal o genitori, solo i piloti. Che sono professionisti e quindi devono imparare a gestire anche questa parte del loro lavoro».

La necessità di una filiera
anche per le ruote coperte


«Prima o poi verrà introdotta un'altra classe. È un discorso che abbiamo già affrontato, convenendo che era troppo presto. Potrà trattarsi di gare separate, di una griglia separata, tutto è possibile, sicuramente servirebbe per aiutare l'ingresso di nuovi team e attrarre nuovi piloti. In generale credo che la FIA abbia fatto benissimo a razionalizzare la filiera delle monoposto, anche se ci è voluto parecchio tempo ad esempio per arrivare alla F.2. La F.4 ora è la serie addestrativa perfetta. Serve studiare un percorso del genere anche per il Turismo. Credo che l'ideale sarebbe mettere in grado i piloti di scegliere che strada intraprendere dopo la F.4, se proseguire con le monoposto verso la F.1 o dirigersi verso le gare a ruote coperte. Yvan Muller ha impiegato 20 anni per diventare un pilota professionista, una 'ladder' ben studiata accorcerebbe i tempi».

Il vero concorrente?
È il calcio


«Chi pensa che WTCC e TCR siano concorrenti sbaglia. Il Turismo ha bisogno di una categoria intermedia fra serie nazionali e campionato mondiale, con un budget e un regolamento simile al TCR, che completi la filiera, e di forti campionati nazionali che creino la base dei piloti. Se noi corriamo il sabato o la domenica il nostro concorrente non è il WEC o il WRC, ma il calcio, che fa l'audience più grande in Europa. Bisogna essere in grado di offrire uno spettacolo all'altezza, che abbia valore per i soldi che spendono i nostri appassionati. Altrimenti il motorsport perderà la partita».

Il futuro è giovane
ed elettrico


«Una filiera ci consentirebbe dunque di attrarre anche piloti più giovani, e non necessariamente ricchi. Quando lavoravo per la federazione francese mi venne chiesto di studiare un accesso facilitato e a basso costo, e ne nacque il progetto Rally Jeune. Feci accordi con Peugeot, Total, Michelin, Playstation e con il governo francese, e organizzammo eventi in tutta la Francia: come pista utilizzavamo il parcheggio dei centri commerciali, per correre bastavano 15 euro. Quindi tutti potevano permetterselo. Da lì sono usciti Loeb e Ogier. Un WTCC in versione ibrida o elettrica? Prima o poi ci arriveremo, non c'è dubbio. È solo questione di tempo, oggi è ancora presto».

Standardizzazione,
ma non troppo


«Certo avere macchine che posano essere utilizzate nel Turismo sia a livello nazionale sia a livello mondiale sarebbe lo scenario ideale. Ci abbiamo anche provato, ma alla fine le macchine avevano poco appeal, poca grinta, poco rumore per le Case impegnate nel Mondiale. Mentre quelle che piacciono alle Case hanno troppo... carbonio per i team privati. Credo che il regolamento attuale sia buono, ma tutto si può modificare. Senza dimenticare che il contenimento dei costi è il padre di tutti i problemi del motorsport».

Alfa Romeo,
pensaci seriamente


«Sì, ho sentito anche io dei rumors, ma non li commenterò. Posso solo dire che rivedere l'Alfa nelle gare mi farebbe felice. E non credo che un nome come l'Alfa potrebbe accontentarsi di mettere il marchio su un motore di F.1. Avete visto la macchina che è stata presentata al salone di Ginevre? Magnifica».