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L’ingegner Toso
con Ryan Hunter Reay
in visita alla Dallara
alla fine amalgamati e tutta la comunità
della Indycar ha promosso con voce unica
l’introduzione di una nuova macchina,
pretendendo però contenuti declinati nelle
adeguate priorità e con il vincolo di una
grande riduzione del prezzo di acquisto:
prima di tutto, sistemi di sicurezza più
avanzati (protezioni posteriori delle ruote e
la carrozzeria allargata per ridurre il rischio
di contatto tra le ruote) che subito hanno
suscitato l’interesse della FIA; in secondo
luogo una maggiore durata dei componenti;
in terzo luogo una adeguata prestazione
associata ad uno spettacolo caratterizzato
da sorpassi più frequenti».
Come giudicate la voglia dei team di
contare di più in seno alla IZOD IndyCar?
«
Per rispondere alla domanda occorre
premettere una considerazione sulla
differenza culturale delle competizioni
motoristiche tra gli Stati Uniti e il resto del
mondo, principalmente Europa. In Europa e
nel resto del mondo, Stati Uniti esclusi, la
FIA controlla, sia tecnicamente sia
economicamente, la categoria principe del
Motorsport che è la Formula 1 a cui piloti,
tecnici, costruttori e sponsor sognano di
arrivare. Negli Stati Uniti invece, esistono e
prosperano diversi campionati motoristici di
vertice quali Nascar, Midgets, Dragster e
Indycar; quindi non è detto che il sogno
degli Americani appassionati di
competizioni motoristiche sia la Indycar…
anzi…anzi, per molto non lo è affatto.
Considerato ciò, le persone che sono
impiegate direttamente nella IZOD Indycar
costituiscono una comunità compatta,
simile ad una compagnia teatrale che
allestisce uno spettacolo itinerante, con una
specifica demografia di tifosi appassionati.
E’ naturale quindi che ogni “attore” di
questa compagnia tenda e talvolta pretenda
di fare il protagonista; ma tutti gli attori,
quelli che forniscono pneumatici,
elettronica, motori o telai, i piloti e gli
ingegneri che li usano, i proprietari delle
squadre che decidono l’acquisto, gli sponsor
che indirettamente finanziano le squadre,
gli organizzatori delle gare e infine gli
appassionati che sostengono
economicamente tutta la rappresentazione,
tutti questi “attori” si rendono
perfettamente conto che ciascuno ha la
propria parte dignitosa da recitare e che il
successo è sempre positivo per tutti perché
rende possibile replicare lo spettacolo e
investire in nuove rappresentazioni l’anno
successivo».
Con la nuova leadership della categoria
quali sono i rapporti?
Nelle linee essenziali, la leadership della
Indycar non è cambiata. Il circuito di
Indianapolis e la IZOD Indycar sono
controllati dalla storica famiglia Hulman-
George, con profonde radici nello stato
dell’Indiana, e da alcuni collaboratori con
grande esperienza nel settore. A livello
gestionale è vero che non c’è più
l’amministratore delegato, Randy Bernard, il
quale ha dedicato tempo ed energie per
promuovere la categoria ed è riuscito ad
attirare l’attenzione di nuovi sponsor e ad
organizzare eventi in nuove località