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27 Mar [20:07]

La carica tricolore dei 101

Jacopo Rubino

Fino al repentino esordio di Antonio Giovinazzi, sono stati esattamente 101 i piloti italiani ad essere scesi in pista in un evento di Formula 1. Se non fosse chiaro, abbiamo ottimi motivi per gonfiare il petto: soltanto la solita Gran Bretagna ha fatto di più, con 156 rappresentanti, ma restiamo parecchio in vantaggio su Francia (76) e Germania (54). Va, però, precisato che 17 dei nostri, fra mancate qualificazioni o chiamati all’opera solo in prova, non hanno mai preso il via di un Gran Premio. Fra questi anche Raffaele Marciello, che nel 2015 ha disputato quattro sessioni del venerdì al volante della Sauber. A posteriori si è rivelato purtroppo un semplice contentino, mentre gli appassionati hanno dovuto continuare ad attendere un azzurro sulla schieramento dal 27 novembre 2011.

Oltre cinque anni senza italiani al via
Quel giorno andava in scena il Gran Premio del Brasile, l’ultimo del calendario, con Jarno Trulli e Vitantonio Liuzzi al via, ma rimasti fuori dai giochi per l’anno successivo. Trulli in verità avrebbe dovuto proseguire con la Caterham per il 2012, ma a precampionato già iniziato la scuderia anglo-malese lo mise a piedi puntando su Vitaly Petrov. Da lì vuoto quasi totale, complice il progressivo calo di presenze nelle categorie addestrative e risultati non sempre all’altezza, per varie ragioni. A Davide Valsecchi, comunque, non è bastato nemmeno il titolo in GP2 Series del 2012: il comasco l’anno precedente era stato collaudatore Caterham, girando a sua volta in due turni del venerdì, nel 2013 fu invece arruolato dalla Lotus. Ma senza praticamente avere spazio, a parte mezza giornata di test invernali per sostituire un Kimi Raikkonen indisposto. Quando il finlandese diede forfait per le tappe di Austin e Abu Dhabi, la squadra preferì chiamare un inconsistente Heikki Kovalainen.

L’Italia era sempre presente
Fino al 26 marzo 2017 sono stati cinque anni e mezzo davvero lunghi per l’Italia a quattro ruote, prima nazione a vantare un campione del mondo con Nino Farina (e l’Alfa Romeo) nel 1950, imitato dal ferrarista Alberto Ascari nel biennio 1952-1953. Da allora l’iride è un tabù, forse avvicinato sul serio unicamente da Michele Alboreto nella rimpianta campagna dell’85, ma ad ogni stagione il nostro automobilismo non ha mai fatto mancare il suo contributo umano in griglia. Almeno con un alfiere, persino nelle fasi più buie come a cavallo degli anni Sessanta. Una bandiera è rimasta sempre piantata, per orgoglio e per le statistiche.

Nel 1990 ben 15 italiani iscritti
Si resta a bocca aperta, oggi, a pensare che nel 1990 gli italiani iscritti fossero addirittura 15, ed è impressionate elencarli: in rigoroso ordine di classifica, Riccardo Patrese, Alessandro Nannini, Ivan Capelli, Alex Caffi, Stefano Modena, Nicola Larini, Pierluigi Martini, Michele Alboreto, Emanuele Pirro, Andrea De Cesaris, Paolo Barilla, Gabriele Tarquini, Gianni Morbidelli, Claudio Langes, Bruno Giacomelli. Era un periodo decisamente florido per l’intero movimento, tra sponsor, squadre e case costruttrici. Forse era anche maggiore la passione del Paese nei confronti di questo sport, a tutti i suoi livelli. Quella potenza di fuoco è andata piano piano esaurendosi, in quella misura adesso è chiaramente irripetibile.

Da Giovinazzi un nuovo inizio?
Dalla fine dello scorso millennio, a difendere l’onore nazionale sono stati quasi solo Giancarlo Fisichella e il già citato Trulli, entrati in F1 rispettivamente nel 1996 e 1997. Due certezze, o molto più probabilmente due appigli, spesso capaci di exploit significativi. A dar manforte alla causa dal 2005 è stato anche Liuzzi, senza dimenticare l'infelice esperienza di Luca Badoer nel 2009, quando per due gare fu promosso dalla Ferrari per sostituire l'infortunato Felipe Massa. Ma dopo undici anni confinato nel ruolo di collaudatore (e con eperienze precedenti in Minardi e Forti), era troppo tardi per essere competitivo. Senza Fisichella, Trulli e Liuzzi si è palesata la difficoltà di un ricambio generazionale, seppur i segnali fossero evidenti già da tempo e poco sia stato fatto per porre rimedio in anticipo. Ci auguriamo che ormai il peggio sia passato, magari con Giovinazzi stabilmente ai nastri di partenza del Mondiale almeno per il 2018. Diventando il traino di una riscossa.