Background Image
Previous Page  8 / 34 Next Page
Information
Show Menu
Previous Page 8 / 34 Next Page
Page Background

8

C'erano altre richieste specifiche

da parte di Dan Andersen e della sua

organizzazione?

«Ci è stato chiesto anche di assicurare una

presenza in pista, come del resto all'estero

avviene già per la F.4 in Italia e in Germania.

Quindi dovremo viaggiare molto, e abbiamo

trovato Carl Haas come partner che curerà

questo aspetto negli Usa. Come è nostra

caratteristica, credo molto apprezzata,

abbiamo offerto massima disponibilità».

Che monoposto saranno?

«Il concetto di base è lo stesso della Formula 4:

sicurezza, design moderno, costi contenuti.

Poi ci saranno le ovvie differenziazioni, la

monoposto studiata per la USF 2000 ad

esempio avrà un cofano basso, anche perché

sfrutterà un'aspirazione laterale tipo F.3, la Pro

Mazda invece il cofano alto. Il motore sarà il

Mazda Duratech: il fatto che sia un propulsore

già utilizzato da loro ci ha agevolato».

Cosa significa questo progetto per Tatuus?

«E' una sfida importante, che stiamo

affrontando al massimo delle nostre

possibilità, perché significa entrare in un

mercato importante. Ed è confortante pensare

che Tatuus è presente dalla Nuova Zelanda,

con Toyota, alla Cina, dall'Europa ‐ con la

Germania, l'Italia e prossimamente anche

l'Inghilterra, grazie a Palmer, agli Stati Uniti.

Significa che siamo conosciuti e che in fondo

sappiamo muoverci bene anche molto

lontano da casa. Questa avventura con

la Mazda Road to Indy arriva ovviamente in

scia la grande lavoro svolto da Dallara in tutti

questi anni. Le monoposto di successo, negli

Stati Uniti come in tutto il mondo, ormai sono

soprattutto costruite da aziende italiane e

questo non può che inorgoglirci».

Quale crede sia stata la chiave per

convincere gli organizzatori americani

della bontà della vostra proposta?

«A nostro favore ha giocato anche ciò che

siamo riusciti a realizzare in passato. La nostra

politica è di fornire sempre risposte molto

trasparenti e di dare continuità al nostro

impegno. Lo dimostra ad esempio ciò che è

accaduto in Nuova Zelanda, dove la Toyota

ha deciso di chiedere di nuovo a Tatuus

di progettare la macchina nuova.

Dopo dieci anni, un periodo molto lungo,

sarebbe stato più che legittimo voler cambiare,

invece ci hanno dato fiducia. La chiave però è

stato il successo della Formula 4 lo scorso

anno in Italia. Se fosse partita in maniera

traballante, fra mille problemi, se avessimo

sbagliato macchina, oggi non avremmo tanti

campionati sparsi in Europa».

Con il titolare della Dan Andersen il

legame è antico. Come è nato?

«Con Dan Andersen il rapporto risale al '97‐'98

quando corremmo nella Formula Ford

negli Usa. Una storia da film: partimmo senza

neanche sapere dove dovevamo arrivare,

veramente all'avventura. Ma le cose andarono

molto bene e il rapporto è rimasto, e allora

rimasi sorpreso dall'efficienza della sua

struttura, dal fatto che ci aiutarono sempre.

Onestamente però non pensavo saremmo

tornati a collaborare con lui. Dall'America

ce ne eravamo andati quando per Tatuus

era iniziato l'impegno con Renault:

con il senno potrei dire che probabilmente

saremmo riusciti a gestire entrambe le realtà,

ma allora ci era sembrato difficile come scalare

l'Everest. Decidemmo di concentrare tutte le

nostre risorse qui, perché si trattava di una

chance molto importante. Il fatto che Dan ci

abbia chiamato per rilanciare le sue categorie è

uno stimolo a fare ancora di più. Il nostro

impegno non può essere che quello di

restituire con gli interessi la fiducia che ci è

stata data».