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MUORE ANCHE

UN FOTOGRAFO

La tragica notizia piomba subito in Italia.

Franco Lini illustre giornalista di Auto-

sprint ed ex direttore sportivo della Ferra-

ri, invia un telex al proprio direttore Mar-

cello Sabbatini: “Giunti è morto, chiama-

temi subito.” Intanto sul circuito regna la

confusione, il fuoco si è esteso lungo la

pista per via dell’olio fuoriuscito dalle vet-

ture, costringendo i concorrenti ad arre-

starsi. In corsia box, si verifica un secondo

incidente mortale. Il fotografo argentino

Carlos Solari, dopo essersi sporto eccessi-

vamente dalla tettoia del box Matra, pre-

cipita a terra e muore sul colpo. Beltoise

nel frattempo si aggira sconvolto nei box

col casco in mano. Non parla e l’ingegnere

capo della Matra, Georges Martin cerca di

calmarlo. I giornalisti sono intorno a lui,

ma nessuno osa porgli alcuna domanda

sull’accaduto. Qualcuno sostiene pure che

alcuni spettatori abbiano lanciato insulti al

francese. E che i meccanici Ferrari, anco-

ra choccati, lo abbiano strattonato. Notizie

che verranno smentite il giorno successivo

da Beltoise stesso. La corsa riuscirà a

ripartire più tardi in un clima assurdo, in

cui regna una confusione totale. Nel corso

delle ultime fasi di gara, il francese Rouve-

ryan, è protagonista di una manovra iden-

tica a quella di Beltoise, spingendo la sua

Lola T210; e neppure lui viene fermato. La

vittoria va alla Porsche di Bell e Siffert, ma

la classifica finale è sub-judice per via di un

problema dei cronometristi, i cui strumen-

ti si sono bloccati all’ultimo giro (il 165°).

BELTOISE CONDANNATO

PER OMICIDIO COLPOSO

Nel frattempo Beltoise viene accompagna-

to da alcuni poliziotti in un commissaria-

to nella zona dell’Autodromo, per deporre

sull’accaduto. Tornato in circuito incontra

nuovamente i giornalisti ai quali racconta

il suo gesto: “Ammetto che non avrei dovu-

to farlo, ma sul momento, coi box tanto

vicini, la sola cosa che mi premeva era di

tentare di riprendere la corsa. In certi

momenti non ci si pensa tanto. Però, cre-

do che se i segnalatori avessero sbandiera-

to le bandiere gialle, gli altri mi avrebbero

visto subito ed evitato. Io sono convinto

che le bandiere non c’erano. Non capisco

come sia accaduto che Giunti non mi abbia

visto perché io li ho visti tutti e due (Par-

kes e Giunti ndr.) e quindi anche loro dove-

vano vedermi.”

ll giorno successivo, il francese, molto

depresso, è assediato dalla stampa nella

sua camera all’Hotel Coty di Buenos Aires,

dove confessa di aver avvertito il pericolo

ed imputa alla fatalità la causa della scia-

gura. “Io ho visto la bandiera gialla che

segnalava il pericolo – dichiara Beltoise –

ma naturalmente non l’ha scorta nessun

altro, altrimenti si sarebbe potuto evitare

l’incidente.” Parole con cui il pilota cerca

di difendersi, ma che non coincidono con

pronunciate il giorno prima. Contempora-

neamente il giudice locale, a cui è affidata

l’inchiesta, denuncia Beltoise per “omici-

dio in seguito ad incidente”, una formula

che corrisponde al reato di omicidio colpo-

so. Secondo il magistrato la condotta

imprudente del transalpino è stata la cau-

sa determinante dell’incidente, indipen-

dentemente che ci fossero i segnalatori, o

che gli altri piloti avessero visto la macchi-

na ferma.

BELTOISE RECIDIVO

A ZELTWEG 1970

La vicenda intanto viene seguita con mol-

ta attenzione dalla stampa italiana, schie-

rata dalla parte dei colpevolisti. In partico-

lare, Marcello Sabbatini dalle colonne di

Autosprint (che esce lunedì 11 gennaio con

un’edizione speciale), si lancia in una dura

offensiva contro il comportamento di Bel-

toise. D’altronde l’articolo 121R del codice

sportivo vieta espressamente ai condutto-

ri di “spingere o far spingere la vettura in

tutti i casi sia per riprendere la gara dopo

un arresto lungo il percorso, sia dopo

essersi fermato ai box per qualsiasi moti-

vo”. Nella settimana successiva alla trage-

dia, nella rubrica “La zanzara”, viene

rispolverato un episodio avvenuto nel GP

d’Austria a Zeltweg il 17 agosto del 1970, in

cui Beltoise compie un’imprudenza, mai

sanzionata, all’uscita della corsia box dopo

aver compiuto un rifornimento lampo, per

poter affrontare gli ultimi giri (pare fosse

quasi a secco). Giunto in prossimità del-

l’uscita della pit-lane, Beltoise si rituffa in

pista, incurante del semaforo rosso e delle

bandiere dei commissari. Solo un miraco-

lo evita il contatto tra la suaMatra ed un’al-

tra vettura che sta sopraggiungendo: è la

Ferrari di Giunti! Un precedente che la

dice lunga sul carattere irruente del tran-

salpino.

LA LOTTA DI AUTOSPRINT

PILOTI CINICI INNOCENTISTI

Tornando alla “1000 KM”, finiscono nel-

l’occhio del ciclone anche i commissari.

Sono in tanti a chiedersi se erano presen-

ti. A detta di Parkes, c’erano, uno agitava

la bandiera all’inizio della curva ed un altro

che faceva le segnalazioni in direzione del-

la Matra ferma. Secondo Autosprint inve-

ce, i commissari si sarebbero trovati sul

luogo dell’impatto solo a schianto avvenu-

to e non mentre Beltoise spingeva le vettu-

ra; tesi avvalorata da prove fotografiche.

Ed inoltre, perché nessuno è intervenuto

per fermare il pilota francese? Un altro

capo d’accusa riguarda i pompieri, i cosid-

detti “bomberos”, ai quali viene imputato

di aver iniziato a gettare la schiuma igni-

fuga dopo circa 65 secondi, quando la tuta

IL FILMATO

DELLO SCHIANTO

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