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IL RICORDO

JEAN-PIERRE BELTOISE

LUCI E

OMBRE

Ha corso ovunque, dalle moto alla F.1 passando

per tutte le serie minori e per l’endurance.

Ha vinto tanto, anche uno storico GP di Monaco

con la BRM. Ricordiamo il francese

mancato a 77 anni nei giorni scorsi

Alfredo Filippone

Con Jean-Pierre Beltoise, stroncato a 77

anni da un doppio ictus mentre era in

vacanza in Senegal, sparisce uno dei grandi

protagonisti di quel periodo irripetibile,

magico ma anche terribile, che va dai Ses-

santa agli Ottanta. La vita e la carriera di

“JPB”, ricca di ombre e di luci, di mille bat-

taglie, tanti momenti di gloria e grandi

drammi, ne è quasi un’allegoria. Beltoise

non lasciava indifferenti: aveva una perso-

nalità forte, temprata appunto dalle tante

vicende che gli è toccato vivere, e non era

proprio un simpaticone, ma qualsiasi sia il

giudizio che se ne può avere, una cosa è sicu-

ra: passa alla storia come il pilota, che dal-

la metà dei Sessanta, ha guidato la rinasci-

ta dello sport-auto francese, che dai tempi

di Trintignant e Behra attendeva un vero

leader, e da Beltoise in poi sfornerà un’im-

pressionante generazione di talenti.

Non ha dubbi Henri Pescarolo, suo coeta-

neo, compagno di squadra e amico frater-

no, uno che abitualmente non spreca i

superlativi: “Jean-Pierre era il migliore di

tutti noi, e come pilota e come talento, lo

ritengo il miglior pilota francese di sempre.

Aveva tutto: velocità, mentalità da combat-

tente, una determinazione fuori dal comu-

ne, commetteva pochissimi errori ed era

bravissimo nel regolare la vettura e nel capi-

re gli aspetti tecnici.” Il talento se l’era for-

giato con le moto, con le quali aveva vinto

11 titoli fra il 1961 e il 1964, in cilindrate fra

50 e 500cc, correndo anche in MotoGP. Se

il suo palmarès con le quattro ruote non è

stato così impressionante, un motivo c’è:

proprio al debutto con le macchine, alla 12

Ore di Reims del 1964, ebbe un tremendo

incidente, finendo eiettato dalla macchina.

I dottori vollero amputargli il braccio sini-

stromaciullato, ma lui, per fortuna coscien-

te, si rifiutò e ottenne che gli bloccassero il

gomito in una posizione che gli permettes-

se ancora di tener in mano un volante.

“Quella menomazione permanente”, ricor-

da ancora Pescarolo, “fu un handicap serio,

soprattutto con le macchine di allora, mol-

to più esigenti fisicamente di quelle di oggi,

che non gli consentiva per esempio di con-

trosterzare. Proprio per questo, sviluppò un

suo particolare stile di guida, molto più

“dolce” e pulito, di una fluidità incredibile,

che su certi tracciati o sul bagnato, era mol-

to efficace.”

A dispetto dell’handicap, la sua ascesa con

le formule minori fu meteorica, sempre con

le Matra, di cui fu porta-bandiera: campio-

ne francese di F.3 nel 1965, vincitore del GP

di Monaco di F.3 e debutto (con una F.2 al

Ring) in F.1 l’anno successivo, primo alla

Temporada argentina di F.3 nel 67 e cam-

pione europeo di F.2 un anno dopo, in un

periodo in cui dovette affrontare anche una

grave disgrazia personale, che lo segnerà

profondamente: la morte della giovane

moglie Eliane, in un incidente stradale

mentre si recava a trovarlo a Le Mans. La

carriera vera in F.1 comincia nel 1968,

ovviamente sempre con le Matra, cogliendo

6 podi nel triennio sino al 1970. Per la mar-

ca francese corre ovunque, vincendo addi-

rittura anche gare di salita e il Tour Auto del

1970 (con Patrick Depailler e ... Jean Todt),

Storica la sua

affermazione a

Montecarlo nel 1972

con la BRM