Dallara Magazine - page 4

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Grand Am
A
COLLOQUIO CON
M
AX
A
NGELELLI
,
CHE CON LA
D
ALLARA
C
ORVETTE DEL TEAM
W
AYNE
T
AYLOR
R
ACING
NELLA
G
RAND
-A
M HA BISSATO IL TITOLO GIÀ CONQUISTATO NEL
2005. I
L DRIVER BOLOGNESE CI RACCONTA
LA SUA ANNATA
,
E L
'
IMPORTANZA DI UN RAPPORTO STRETTISSIMO E COLLAUDATO FRA
V
ARANO E
I
NDIANAPOLIS CHE HA CONQUISTATO ANCHE LA
GM. D
ALL
'
ANNO PROSSIMO CAMBIERANNO DENOMINAZIONI
E REGOLAMENTI
,
MA L
'
OBIETTIVO DI
M
AX E DELLA
D
ALLARA È RIPETERSI ANCORA UNA VOLTA
Max, parliamo del del campionato: che
gusto ha questa vittoria?
«Nel 2013 abbiamo ottenuto una vittoria
come nel 2005, ma in effetti con un altro
sapore. Il campionato di quest’anno è stato
come dicono gli americani ‘rolling coaster’,
tipo montagne russe. Siamo partiti bene,
siamo finiti nell’oblio e ci siamo rialzati,
per diverse cause. C’è stata però una
costante, vale a dire una macchina super
competitiva. La nostra Dallara Corvette è
sempre stata nelle prime due posizioni
indipendentemente dagli eventi e dal
risultato finale. Bandiere gialle uscite
quando non dovevano uscire, un piccolo
guasto tecnico mentre eravamo in testa, ci
sono state tante cose che ci hanno
penalizzato e che ci hanno costretto a
perdere punti importanti. Alla fine però
abbiamo vinto il campionato. Un
campionato che ritengo molto competitivo,
perché ci sono 14-15 macchine ma 8 di
queste sono veramente fenomenali».
Qual è stata la gara chiave?
«Ci sono state due fasi fondamentali. Nella
prima sono state importanti la gara di
Daytona, che ci ha messo lì, in gara per il
titolo; e la vittoria a Barber, arrivata subito.
Nella seconda fase, quella finale, le tre
vittorie poi hanno fatto la differenza».
In previsione del 2014, quali ritieni
possano essere gli sviluppi?
«Credo che la Dallara sia la macchina più
incompresa della storia Grand-Am, perché
ha un potenziale enorme. Dopo che
abbiamo cambiato il nostro direttore
tecnico, abbiamo finalmente potuto
esprimere questo potenziale. Guardando i
risultati di quest’anno vediamo una Dallara
Corvette sempre in cima, con la Riley e la
Coyote a scambiarsi di posizione. Noi
sempre lì, insomma, per gli altri invece alti e
bassi. Tanto è vero che la General Motors ha
dato indicazioni esplicite: che le Corvette
devono essere Dallara. Ora tocca a noi
organizzare il tutto. Abbiamo la seconda
macchina, c’è stata chiesta da tantissimi
team. L’interesse verso Dallara cresce».
Come si svolge la collaborazione con
Dallara durante l’anno?
«E’ un nostro vanto. Noi siamo un team
americano che corre in America e Dallara è
molto presente negli Stati Uniti. La nostra
partnership funziona come se noi e Dallara
fossimo un corpo unico, superando la
distanza dell’oceano. Il reparto tecnico di
Dallara in Italia è come se fosse in America,
ci sono tanti ingegneri che lavorano
costantemente al nostro progetto. Il capo del
progetto è Luca Bergianti, che oltre a essere
un bravo ingegnere s’intende anche
dell’aspetto economico, dispone quindi di
una competenza completa. Antonio
Montanari, figlio di un pilastro della
Dallara, è quello che ha disegnato e
progettato la macchina. L’ha calcolata e
durante l’anno continua a lavorare sugli
upgrade necessari. Lui riesce a vedere cose
che io, da pilota, non vedo».
Durante l’anno ci sono stati quindi continui
sviluppi?
«Sì, tanto è vero che abbiamo cambiato la
sospensione posteriore prima delle ultime tre
gare. Chi ha disegnato la sospensione si
chiama Ferdinando Concari, la stessa
persona che disegnava in Formula 3 quando
correvo io. Ma dietro ci sono tante altre
persone che ci supportano anche se non
lavorano nel progetto. Stefano De Ponti, poi,
è il nostro più accanito fan. Siamo di base a
Indianapolis e capita che siano necessarie
spedizioni d’urgenza; Stefano, responsabile
di Dallara in America, ci dà sempre una
mano. Dallara insomma copre tutti gli
aspetti, tecnici e logistici».
Avete avuto modo anche di sperimentare il
simulatore con la vettura Grand-Am?
«Il simulatore è un progetto portato avanti
brevemente l’anno scorso insieme
Patto atlantico
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