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solare e conduzione termica tra tutti i

componenti compresi i circuiti elettronici

senza la possibilità di smaltire calore perché

non c’è conduzione niente attrito, replicare

un viaggio in totale ibernazione di dieci

anni durante i quali la sonda viaggiato alla

completa deriva nelle profondità oscure del

sistema solare, persone al centro di

controllo missione che cambiano con gli

anni… Ovviamente prima del lancio si sono

condotte prove molto impegnative di

“qualificazione”: vibrazioni violente per

simulare la fase di lancio, prove in camera

ipobarica e criogenica e altre più dettagliate

con varie iterazioni perché non tutto

funzionava al primo tentativo».

Allora immaginiamo di essere Rosetta, e

di essere in viaggio…

La missione è partita dalla base ESA nella

Guyana (a nord del Brasile, vicino

all’equatore) con un normale razzo Ariane,

che ha spinto Rosetta fuori orbita dopo aver

sganciato i vari stadi di propulsione.

Dopo il lancio siamo al di fuori della

atmosfera terrestre e ci stiamo allontanando

dalla Terra. Dobbiamo raggiungere un

oggetto in movimento e lontano oltre 400

milioni di chilometri, una distanza pari a

10000 volte il diametro della Terra. Cosa

facciamo? Puntiamo diritto al bersaglio

mobile? No. Non abbiamo motori, non

abbiamo batterie. Allora sfruttiamo la

bellezza e la sostanza del Creato, cioè la

massa propria dei pianeti: è l “effetto

fionda”. Prendiamo il un viaggio un po’ alla

lontana, circa 1,2 miliardi di chilometri per

raggiungere un obiettivo lontano solo 400

Milioni di chilometri (tanto la dimensione

tempo è abbastanza relativa, dobbiamo solo

arrivare). Puntiamo sul pianeta più vicino

che è Marte, percorrendo una traiettoria

iperbolica che sfrutti il suo campo

gravitazionale per accelerare cambiando

direzione; dopo Marte torniamo verso la

terra e sfruttiamo di nuovo l’effetto fionda,

sempre aumentando la velocità, poi di nuovo

intorno a Marte. A quel punto da Terra

spengono tutto: dormiamo per dieci anni

come la Bella Addormentata e ci lasciamo

andare alla deriva negli abissi profondi del

sistema solare. Un anno fa il risveglio

programmato da un “orologio” e scopriamo

che il nostro “punto-nave” è sbagliato di

qualche centinaio di migliaia chilometri: circa

5 volte il diametro della terra, un’inezia!

(sembra che il piccolo errore di rotta sia stato

dovuto a pochi grammi di differenza di peso

(su un totale di 400 kg) sia del carburante

usato per le piccole correzioni in uscita

dall’atmosfera terrestre sia per la perdita nello

spazio vuoto della resina dei pre-impregnati

del materiale composito). Da Terra

comandano una breve accensione e

correggono la rotta. Ma nello spazio vuoto

non c’è attrito: se acceleri troppo aumenta la

velocità, arrivi a fianco alla cometa e la

sorpassi senza poter tornare indietro; se

acceleri troppo poco la cometa si allontana

perché la sua velocità è maggiore. Quindi devi

essere preciso con la minima energia che hai

a disposizione, preciso ma pronto a correggere

la rotta perché non puoi pianificare tutto. Da

Terra correggono la rotta centellinando le

batterie e la poca idrazina dei razzi (c’è un

forte vincolo per tutte le missioni

interplanetarie per limitare l’inquinamento

dello Spazio che non solo è patrimonio

assoluto, dell’Umanità e di tutto il Creato, ma

insieme al Tempo è condizione stessa perché

noi uomini possiamo conoscere il Creato così

come è). Messi in assetto,

dispieghiamo i pannelli solari

come la nascita di una

crisalide, raccogliamo

“goccia a goccia” la luce

del sole (a 400 milioni

di chilometri il sole

illumina davvero poco)

e con queste gocce

riorientiamo le antenne

per comunicare con la

Terra, avviamo le

apparecchiature fotografiche e gli impianti di

bordo. Immagina di guidare un’automobile

nel vuoto e nel buio assoluti, di avere una

vaga idea di dove devi arrivare, senza

autonomia di scelta ma eseguendo le

istruzioni che ricevi da lontano, di segnalare

al guidatore dove sei e di ricevere le istruzioni

dopo circa un’ora… Be', un po’ di ansia ti

viene.. Da gennaio scorso fino a luglio ci

avviciniamo progressivamente alla cometa

fino ad arrivare a circa 30 km. Da luglio a

ottobre in quattro mesi le nostre macchine

fotografiche rilevano l’intera superficie della

cometa che - sorpresa! - si presenta con una

forma tutt’altro che circolare: è un tubero,

una specie di nocciolina americana lunga 4

chilometri: valli, crateri e piccoli monti. Da