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            propedeutici che hai disputato nel-
          
        
        
          
            l'allenarti a reggere la pressione?
          
        
        
          "Non poco. Lo è stata la F.Renault 2.0, con
        
        
          le qualifiche brevissime in cui si ha tempo
        
        
          per appena due crono, e anche la GP3 per-
        
        
          ché con solo mezz'ora di libere prima del-
        
        
          le qualifiche, è necessario trovare subito il
        
        
          ritmo giusto se si vuole partire davanti. La
        
        
          cosa curiosa è che poi una volta arrivati in
        
        
          F.1 bisogna cambiare completamente
        
        
          approccio. Con tre sessioni di libere molto
        
        
          lunghe il tempo per girare non manca, a
        
        
          quel punto bisogna interagire bene con il
        
        
          team per sfruttarlo al meglio".
        
        
          
            C'è chi dice che per te sia stato un
          
        
        
          
            vantaggio arrivare in F.1 nell'anno
          
        
        
          
            del grande cambiamento, quando
          
        
        
          
            tutti hanno dovuto imparare a gesti-
          
        
        
          
            re delle monoposto completamente
          
        
        
          
            nuove. Sei d'accordo?
          
        
        
          "No, il vantaggio è zero. Può essere al limi-
        
        
          te un piccolissimo aiuto, ma non credo che
        
        
          la mancanza di esperienza rispetto ai riva-
        
        
          li possa mai essere considerata un vantag-
        
        
          gio. Le monoposto saranno anche cambia-
        
        
          te, ma il metodo di lavoro e il mondo del-
        
        
          la F.1 no. Loro li conoscevano già, io sono
        
        
          dovuto partire da zero".
        
        
          
            Le due cose che hai trovato rispetti-
          
        
        
          
            vamente la più facile e la più diffici-
          
        
        
          
            le dal tuo arrivo in F.1, rispetto alle
          
        
        
          
            aspettative che ti eri creato.
          
        
        
          "La cosa più difficile è stata probabilmen-
        
        
          te abituarsi a lavorare con così tanta gen-
        
        
          te intorno. Nelle categorie inferiori sei abi-
        
        
          tuato a interfacciarti con il tuo ingegnere
        
        
          di pista, in F.1 è diverso. Il Race Engineer,
        
        
          nel mio caso Marco Matassa, è ancora l'in-
        
        
          terfaccia principale con cui si affrontano le
        
        
          problematiche in senso generale e alla fine
        
        
          si definisce il setup, ma per fare il lavoro al
        
        
          meglio dobbiamo sfruttare al cento per
        
        
          cento i suggerimenti utili che ci possono
        
        
          arrivare da tutte le quattro aree principali
        
        
          dell'engineering. Spesso sono dritte che
        
        
          permettono un guadagno consistente, per
        
        
          cui saperle interpretare è fondamentale.
        
        
          Sulla cosa più facile, non saprei dirvi. La
        
        
          realtà è che non avevo aspettative partico-
        
        
          lari perché in realtà non sapevo proprio
        
        
          cosa aspettarmi, mi sono detto 'sia come
        
        
          sia, lascia fare il lavoro al tuo cervello' ed
        
        
          effettivamente è venuto tutto piuttosto
        
        
          naturale".
        
        
          
            Prima che il sedile Toro Rosso vi
          
        
        
          
            rendesse rivali, condividevi un
          
        
        
          
            appartamento a Milton Keynes con
          
        
        
          
            Antonio Felix Da Costa. Siete ancora
          
        
        
          
            coinquilini o no?
          
        
        
          "No, con l'ingresso nel DTM Antonio è
        
        
          ritornato a vivere in Portogallo, una cosa
        
        
          che voleva comunque fare da tempo per-
        
        
          ché è molto legato al suo Paese. Ovviamen-
        
        
          te le strade si sono un po' divise, ma i rap-
        
        
          porti sono sempre ottimi. Quando abbia-
        
        
          mo occasione di parlare fra noi non c'è nes-
        
        
          sun problema, e sinceramente con Anto-
        
        
          nio è facile perché è un ragazzo che sorri-
        
        
          de sempre molto, una persona divertente".
        
        
          
            Anni fa un giovane pilota del vivaio
          
        
        
          
            Red Bull che ora si sta facendo stra-
          
        
        
          
            da nell'Endurance, ci rivelò che per
          
        
        
          
            lui la cosa più difficile era trattare
          
        
        
          
            con Helmut Marko. Tu che rapporto
          
        
        
          
            hai con lui?
          
        
        
          "Abbiamo sempre avuto un buon rappor-
        
        
          to, ma ora ovviamente la frequentazione è
        
        
          più stretta, e gara dopo gara imparo a
        
        
          conoscerlo meglio e a capire il suo caratte-
        
        
          re. Per me è importante che sia presente,
        
        
          è uno che si prende molta cura dei propri
        
        
          piloti e che ha una conoscenza profonda
        
        
          della Formula 1 e del motorsport".
        
        
          Di cose da chiedere a Kvyat ce ne sarebbe-
        
        
          ro ancora tante, soprattutto sulla stagione
        
        
          della Toro Rosso fino a questo momento,
        
        
          ma alle nostre spalle c'è una pletora di
        
        
          media russi che preme con sempre mag-
        
        
          giore veemenza, e non abbiamo altra scel-
        
        
          ta che abbandonare il campo con una stret-
        
        
          ta di mano. Nel frattempo, della colazione
        
        
          a base di uova per Daniil non si vede nem-
        
        
          meno l'ombra. I giovani talenti, è sempre
        
        
          meglio tenerli affamati...