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europea, che vede la LMP2 come classe
legata ai gentleman e ai piloti paganti, e
una americana, che si basa sul professio-
nismo puro e sulla presenza di costruttori
ufficiali.
EUROPA E USA
DIVERSE FILOSOFIE
In realtà, da noi è noto che senza finanzia-
tori dietro il volante, che siano professio-
nisti clienti o amatori facoltosi, forse
sarebbero schierate nella classe meno di
un terzo delle vetture. La vocazione pro-
am è chiaramente delineata. In un conte-
sto del genere, a chi paga (sostanzialmen-
te) per divertirsi, sperando di vincere,
importa poco del livello di primizia tecno-
logica di una vettura. Ben più importante
la sostenibilità economica del progetto, e
lo stesso dicasi per il team che affitta. Vice-
versa, nella serie IMSA, il punto è dare a
dei team altamente professionali un mez-
zo per poter costruire un modello sosteni-
bile con piloti professionisti e business col-
laterali. Magari coinvolgendo un costrut-
tore. Già la volontà di "pensionare" a tutti
i costi la filosofia dei Daytona Prototype
(che comunque hanno quasi sempre
garantito dieci vetture o più della stessa
classe al via) ha fatto danni, per andare
incontro a dei team che non erano interes-
sati all'USCC a priori. Ora si rischia di
dover incassare ulteriori compromessi:
per esempio, dato che per l'IMSA è irri-
nunciabile la partecipazione di più moto-
risti, le vetture americane che dovessero
prendere il via a Le Mans senza il mono-
motore andrebbero "boppate", e già si pos-
sono immaginare i malumori. Insomma,
dopo la rottura delle trattative per i rego-
lamenti GT e GT+, anche la strada per l'ar-
monizzazione tra i prototipi è ricca di dif-
ficoltà, e già si potrebbe ipotizzare uno sta-
tus quo esteso oltre al 2016: ma se l'ACO,
in termini normativi, sta benissimo dov'è
e sa dove vuole andare, ovvero verso un
buon prodotto per i suoi avventori, come
si riuscirà a sopravvivere al di là dell'Atlan-
tico?