21 Feb [17:31]
L'OPINIONE
Dopo l'ennesimo lutto
bisogna fermarsi e riflettere
Dove eravamo rimasti? Allo schianto romagnolo costato la vita a Cristian Zonca, purtroppo. Un paio di mesi e ci risiamo: un altro schianto, un'altra vittima. Un altro copilota costretto a pagare un prezzo troppo alto alla propria passione. Questa volta, Gabriele Montanelli. Al Colli Brianzoli, un rallysprint come tanti altri, con la neve a renderlo diverso. Più pericoloso, certo, ma anche maledettamente più eccitante, più divertente.
Come e perché una giornata che anche per il trentatreenne navigatore doveva essere di sport e di divertimento s'è trasformata in tragedia sarà l'inchiesta aperta dalla magistratura a cercare di spiegarlo. Sempre che ci sia davvero una spiegazione che vada oltre la casualità di un impatto contro un palo. L'unico, dicono le cronache, nel raggio di qualche centinaio di metri. E comunque le conclusioni non allevieranno il dolore delle persone più vicine allo sfortunato rallista.
“Motosport can be dangerous”, come dicono gli inglesi. Già: gli sport motoristici sono pericolosi, il rischio è da sempre una delle loro componenti essenziali. Per chi li pratica e, a volte, anche per chi li segue da spettatore. Ma l'incidente, l'ennesimo di una serie troppo lunga, che non ha lasciato scampo a uno di quelli che i francesi, con affetto e non con scherno, definiscono “sacchi di sabbia” deve far riflettere tutti. Seriamente, senza isterismi che possono anche essere comprensibili nel momento del dolore e che tuttavia lasciano il tempo che trovano. Senza che l'ambiente, quelli che corrono, quelli che organizzano e quelli che le gare su strada e no le seguono, si chiuda in sè stesso come ha fatto fin troppe volte.
Schierarsi a testuggine, prendersela con i giornali che fanno - e non potrebbero fare diversamente - da cassa di risonanza a eventi luttuosi non è solo inutile. Ora più che mai, seguitare a farlo è scioccamente colpevole. Piaccia o no, significa uccidere una seconda volta Gabriele, Cristian, Loris e tutti gli altri che non ci sono più. Non possono, non devono essersi sacrificati per niente. Perché non succeda, questa è l'ora di un serio esame di coscienza che deve coinvolgere indistintamente tutti. È tempo di guardarsi negli occhi e tocca a tutti farlo. A chi fa le regole, chi le rispetta e chi non le rispetta. Anche chi ha permesso un moltiplicarsi insensato degli appuntamenti in calendario, a chi ha permesso e permette a chiunque abbia un po' di soldi da spendere di infilarsi in un'auto da corsa senza necessariamente avere una preparazione adeguata per correre. Infischiandosene di chi non vuol capire ed è già pronto a trasformare un appello in un atto di accusa nei confronti di questo o quello. Anche se è dannatamente difficile farlo con ancora il pianto in gola.
di Guido Rancati