Dallara Magazine - page 7

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Come ha influito il simulatore sulla
performance di Hunter-Reay? Ci
racconta la 500 miglia del 2014 vista
da vicino?
«Ryan Hunter Reay e il team Andretti
hanno costruito la vittoria alla 500 Miglia
nei mesi precedenti, con tanto lavoro
e tanti allenamenti. Durante le sessioni
di prove in pista durante la settimana
precedente alla gara, i piloti del team
Andretti inanellavano giri, ogni giorno,
ma non a tutte le ore del giorno!
Provavano solo nelle ore in cui si sarebbe
svolta la gara. Sotto il caldo del
mezzogiorno, di fronte a tutti gli altri
piloti fermi ai box per riposarsi,
i piloti del team Andretti provavano
l’effetto della scia, del sorpasso al limite,
del degrado delle gomme e
dell’asfalto bollente: il loro segreto
è sempre stato davanti agli occhi di tutti
e da dieci anni preparano la 500 Miglia in
questo modo: è così evidente, eppure le
altre squadre non hanno ancora capito
bene perché lo facciano».
Hunter-Reay ha meritato la vittoria?
Sì, Ryan ha indubbiamente meritato di
vincere, senza dubbio; e questa certezza
nasce da osservare alcuni dettagli:
la freddezza di ripartire al massimo, a
sette giri dalla fine, dopo una
interruzione per bandiera rossa causata da
molti detriti in pista, il sorpasso con due
ruote sull’erba a tre giri dalla fine ai
danni di Castro Neves, un sorpasso
incosciente agli occhi del pubblico, ma già
provato e riprovato decine di volte ed
eseguito quasi a memoria...».
Quale è stato il momento più
emozionante del weekend?
«Il momento più emozionante?
L’alba in pista, insieme a mia figlia di
diciassette anni, alle cinque del mattino,
tutto buio intorno a noi, la Pagoda
illuminata come un’astronave nello spazio
celeste, la giornata fresca che nasce, il
sentore della battaglia che sta per
cominciare: io so che Omero,
un giorno all’anno, torna sulla terra per
cantare le gesta degli eroi moderni della
500 Miglia: la Gara, l’Aspra Contesa.
Altro non c’è».
Ryan Hunter-Reay
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