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30 Giu [18:22]

5 domande
a Gigi Galli

Settimo, non rubare. E anche all’Acropoli Gigi Galli non ha rubato proprio niente. È stato piuttosto il destino, spesso cinico e ancor più spesso baro, a togliere qualcosa a lui. Ma il settimo posto finale gli ha comunque permesso di rastrellare un altro paio di punticini e adesso il valtellinese è a un passo dai “top ten” della classifica iridata, ad appena una lunghezza da Gilles Panizzi e due da Henning Solberg. Il bilancio della trasferta, insomma, è positivo.

- Alla vigilia, non nascondevi di temere le incognite di una gara che avevi assaggiato solo tre anni fa con la Punto Super 1600 e un fondo da sempre considerato il più distruttivo di tutta la serie iridata. Si può dire che il diavolo non è sempre brutto come lo si dipinge?
“Effettivamente mi aspettavo un rally diverso, con tante pietre e tante buche. Meglio così perché personalmente non sono mai stato attratto dalle gare ‘scassamacchine’, quelle che ti obbligano a slalomare fra gli ostacoli maggiori sperando che l’automobile stia insieme. Di certo gli organizzatori hanno fatto un gran lavoro e mi pare giusto rendere loro merito!”.

- Che ne pensi della super-speciale all’Olimpic Stadium di Atene?
“Fantastica, è stata semplicemente fantastica! A parte la grande pubblicità che ha fatto a tutto il rallismo, a noi ha regalato emozioni molto forti: non nascondo che appena entrati nel catino ateniese ho avuto i brividi. E posso immaginare che sarà lo stesso a settembre, quando correremo nel Millenium Stadium di Cardiff”.

- Soddisfatto del comportamento della Lancer?
“Sì, molto. L’auto continua a progredire e lo dimostra il fatto che sia Harri che io siamo andati a punti: non bisogna dimenticare che questa, per la Lancer WRC e per la squadra, è la prima stagione completa dopo lo stop di qualche anno fa”.

- L’impressione, al via dell’ultima tappa, era che avresti potuto raggiungere Harri Rovanpera o almeno provare a farlo. È stato Isao Torii a chiderti di non attaccarlo?
“No, nessuno mi ha detto niente. Non ho provato a farlo perché francamente non mi pareva il caso di impegnarmi in un duello con Harri nel quale era soprattutto la squadra a rischiare di perdere”.

- A gara finita, tu e Guido D’Amore siete andati a cena insieme ai vostri colleghi finlandesi. Una novità?
“Non proprio, visto che lo facciamo ogni volta che si può. Cerco di andare il più d’accordo possibile con i miei compagni di squadra, e anche stare allo stesso tavolo serve a mantenere buoni rapporti”.

(in collaborazione con il sito gigigalli.com)