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16 Lug [15:32]

CONTROCANTO
La lezione di Kubica

Guido Rancati

Ascolto cosa ha detto al microfono di Gianluca Nataloni Robert Kubica alla fine del Casentino e non riesco a non ripensare a quello che (non) dicono Paolo Andreucci, Giandomenico Basso e Umberto Scandola alla fine dei rally tricolori. Il confronto è impietoso: in meno di due minuti, domande comprese, l'asso polacco trova il modo di disegnare un quadro molto preciso dell'appuntamento aretino, di spiegare le difficoltà della mitica Talla, di rendere omaggio ai gentleman-driver che hanno tenuto botta fino alla fine di una giornata “lunga quanto quella di un mondiale”, di spiegare le difficoltà che ha avuto a ritrovare il ritmo su quell'asfalto che non frequentava più da vari mesi e a familiarizzare con pneumatici per forza di cose diversi da quelli che usa nella serie iridata. E ovviamente di ringraziare in modo intelligente patron Butti e gli altri dell'A-Style per avergli consegnato una Fiesta decisamente a posto: “Per farlo – osserva – non hanno esitato ad andare a Boreham, spero di averli ripagati”.

Niente di veramente sorprendente. Chi lo conosce almeno un po', sa che per lui dire pane al pane e vino al vino è norma: con la stessa serenità – e persino con lo stesso tono di voce – distribuisce complimenti e critiche. Per lui non esiste solo il bianco e il nero, sa che ci possono essere anche varie sfumature di grigio. Ma nei suoi giudizi le usa con parsimonia, tanto per essere certo che il suo pensiero sia chiaro a chi lo ascolta. Un'attitudine che i protagonisti del campionato italiano hanno ormai perso. Davanti ai taccuini, davanti allo stesso microfoni di Rallylink o davanti alle telecamere della Rai raramente, molto raramente, vanno oltre a dichiarazioni da festival della banalità. In preda al terrore di lasciarsi sfuggire qualcosa che potrebbe non piacere ai federalotti nostrani ripetono sempre la stessa insulsa tiritera. Anche quando di cose interessanti e intelligenti da dire ne avrebbero parecchie. Come in Sardegna dove sono stati in giro tre giorni per affrontare un chilometraggio ridicolmente corto, come a San Marino dove c'è voluto un reclamo per spingere i commissari a far rispettare le regole del gioco