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24 Apr [21:35]

L’opinione
La tragedia di Pozzi e Curto deve far riflettere

“C’è una brutta notizia”, dice al telefono Guido D’Amore. È scosso, il copilota imperiese. E non la fa lunga: non c’è bisogno di grandi discorsi per tracciare il bilancio di un’altra giornata nera del rallismo. Doveva essere una festa, il primo atto stagionale del Trofeo Rally Asfalto. S’è trasformato in tragedia. Nella testa e nel cuore c’è posto solo per i volti di Frank Pozzi e di Emanuele Curto, due bravi ragazzi. Simpatici, educati. Perdutamente innamorati di uno sport che li ha persi.
“È successo in un tratto veloce, come tanti altri” , fa sapere Luciano Tedeschini. L’apprezzatissimo dirigente informa anche che la strada si stava asciugando e che i due piemontesi– come tutti, pare – avevano gomme da bagnato. Spiega che la Punto, prima di schiantarsi contro un garage, ha percorso una decina di metri oltre il ciglio della strada. Conferma che i soccorsi sono stati davvero tempestivi. Aggiunge che la vettura non s’è disintegrata, che l’abitacolo ha tenuto. Ma per quanto veloce sia stato l’intervento, il medico rianimatore non ha potuto fare altro che constatare il decesso di Frank e di Emanuele.
Non può e non deve essere il momento delle parole. Però è necessario fermarsi un attimo a riflettere. A chiedersi se non si è andati un po’ troppo oltre con le prestazioni. A interrogarsi su quella che era la funzione originaria del roll-bar in una macchina da corsa e su quella che è diventata. Doveva servire a proteggere piloti e copiloti, nel tempo è diventato una specie di telaio che indubbiamente migliora (e di parecchio) le prestazioni, ma toglie alle scocche la capacità di assorbire gli urti. Nei rally di oggi, soprattutto con le Super 1600 di oggi, quando si picchia si muore per la violenza della decelerazione. A questo punto è necessario rivedere i criteri di omologazione, imporre crash-test veramente rigorosi. È un atto dovuto alla memoria dei tanti, troppi, che hanno già pagato un tributo esagerato alla loro passione per le corse.
di Guido Rancati