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27 Ott [18:30]

Il personaggio – Valentino Rossi

Altro che brodino. Altro che gallina vecchia. Per capire bene quanto vale Vale, il fenomeno dei nove mondiali, ormai conviene guardargli il lato B. Il retro della maglietta che portava a Sepang, sul podio del suo nono iride, col pennuto incazzereccio che faceva il verso ai coccodè autoironici del davanti. Il lato B della sua personalità, che nel corso degli anni è cambiata, si è evoluta e frastagliata, complicata e completata. Rossi in apparenza resta il solito ragazzino irriverente e prendingiro, un pulcinone tutto magate e sarcasmi cresciuto dentro la sua stessa tuta e il suo stesso mito.

Ma appena sotto la pelle dei sorrisi a tutto bulbo oculare, dei baci slinguati alla telecamera, dei siparietti con il fan club, è diventato un uomo più saggio, meno impulsivo. Sempre capace di fare spettacolo, ma sempre più abile a far di calcolo. A ragionare con il limite, invece che a scherzarci sopra. I campionati, il Rossi prima maniera era abituato a vincerli dominando, schiacciando, irridendo, rifilando sorpassi con la linguaccia. Quest’anno ha vinto soffrendo, prendendosi poche gare, almeno per i suoi standard, appena sei, ma navigando con arte e tigna fra gli errori, suoi e del suo team, invece di cavare lepri infinite dal cilindro profondissimo del talento. Certo, ha sverniciato Lorenzo all’ultima curva a Montmelò – ma lo ha fatto perché doveva. A Sepang invece, sotto il diluvio che avrebbe potuto costargli uno scivolone imperdonabile, all’inizio ha tirato una frenata “che non sembrava finire più”. E alla fine, quando ha capito che il podio era già conquistato e che tanto bastava a muovere un passo in più verso la leggenda, per sua stessa ammissione “ha tirato i remi in barca”.

Del resto a 30 anni suonati certe maschere iniziano a diventare strette, urge venire a patti con nuove curiosità e nuove saggezze, con traguardi ulteriori. Senza perdere il gusto della vita, ma lasciando i lazzi più corrosivi a chi può permetterseli, al clan, agli amici, ai fan. Il vecchio Valentino, il “burdell” riccioluto forgiato dalla “cava” e dalle minimoto, è evaporato definitivamente durante i mesi cupi dello scandalo fiscale, arso da quella improvvida diretta televisiva.

Il nuovo Valentino, quello maturo, è nato da una placenta anche dolorosa, fatta di sconfitte e di dolori, pubblici e privati. Impenna sempre, l’uomo che fu Rossifumi, ma ha imparato a usare più diplomazia. Con Biagi erano sportellate e schiaffoni, con Stoner c’è stato rispetto, e premura quando l’australiano è sprofondato nel mistero; con Lorenzo fermezza, ma anche ovatta: il ruolo del bimbo pestifero non è più il suo. Rossi è ormai salito sulla nuvoletta stratosferica dei serial winner, dei Cannibali totali. Dei Federer (15 Slam nel tennis) e dei Nurmi (9 ori olimpici nel mezzofondo), delle Latynina (32 medaglie olimpiche nella ginnastica), dei Redgrave (5 ori olimpici e 9 mondiali nel canottaggio) e dei Carl Lewis (9 titoli olimpici in dodici anni). Fenomeni di longevità, oltre che di bravura. Non lampi di genio, ma generatori costanti di meraviglia.

Valentino è un balsamo nazionalpopolare e interclassista, con le ultime imprese ha disintegrato la concorrenza esterna e messo a tacere anche la dissidenza interna, quella degli italiani che per un paio d’anni hanno stentato a perdonargli lo caduta di stile fiscale. Valentino santo subito, ha scritto qualcuno, ma il Beato di Tavullia di trasformarsi in reliquia non ne ha ancora voglia. Superati i record di Hailwood (vittorie ottenute) e di Ubbiali punta a raggiungere quelli di Agostini, che però ai suoi tempi correva il doppio di gare ad ogni stagione.

Gallina vecchia? Figuriamoci: “Correrò ancora per la Yamaha nel 2010, poi vedremo, potrà succedere tutto o niente”, ha detto a Sepang. “Lorenzo sarà pericoloso anche l’anno prossimo, ma per ora nei duelli ho vinto sempre io”. Maturo, ma corrosivo. Di contorno oggi c’è la passionaccia per i rally (correrà in Messico l’anno prossimo), l’invaghimento per la Rossa (“A Domenicali ho già detto che vorrei provarla di nuovo”). C’è soprattutto un metabolismo dei desideri che, quello sì, stenta a rallentare, a invecchiare: “Battermi adesso vale il doppio, ma resta difficile perché a me perdere mette di cattivissimo umore. Posso correre fino a 34-35 anni. Non sono più un ragazzino, ma vivo in un piccolo Paese e da giovane mi innervosivo perché la gente non mi lasciava tranquillo, adesso ho capito che fa parte del gioco, e che sarà così anche quando smetterò di correre. Quindi tanto vale che continui a correre, no?”. Regalaci ancora tanti ovetti, Campione.

Stefano Semeraro

Nella foto, Valentino Rossi

L'articolo è consultabile all'interno del Magazine di Italiaracing:
Magazine Italiaracing n. 59