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1 Set [20:33]

Ricordando la maledetta domenica
in cui si spense la cometa Bellof

Il racconto di Alfredo Filippone

Ricorre oggi il quarantesimo della scomparsa di Stefan Bellof, uno dei talenti più cristallini che l’automobilismo abbia conosciuto, e del tremendo incidente alla 1000 km di Spa che coinvolse anche Jacky Ickx e troncò la parabola del campione tedesco quando era appena iniziata. Il rimpianto per ciò che sarebbe potuto essere e non fu è vivissimo ancora oggi fra coloro che vissero, da testimoni diretti o da spettatori, l’ascesa di Bellof.

Lo ha raccontato perfettamente Massimo Costa lo scorso anno su queste pagine (
Quel GP di Monaco in cui la stella di Bellof luccicò) ricordando il fantastico terzo posto ottenuto da Bellof in quella bagnatissima gara di Monte Carlo che sancì definitiva la nascita di due stelle, Ayrton Senna e, appunto, Stefan Bellof.

Un rimpianto che è pari all’orrore provato da chi visse in diretta la tragedia di Spa nella soleggiata domenica del 1° settembre 1985, tra cui chi scrive, all’epoca inviato di Rombo nel Mondiale Sport. Quarant’anni dopo, le immagini e persino i suoni e gli odori di quel giorno li ho ancora vivissimi in mente. Si è detto e scritto molto su quella giornata, quasi a far pensare che il destino avesse disallineato i pianeti in anticipo.



E’ vero che quella gara Bellof non la doveva correre. Era ormai pilota fisso in F1, con la Tyrrell, e si era laureato Campione del Mondo coi prototipi l’anno precedente, con una Porsche ufficiale. Ma le gruppo C, che ancor più della F2 lo avevano lanciato sulla ribalta, gli piacevano da matti. Nel contratto con Tyrrell, aveva strappato la possibilità di disputare quattro corse del Mondiale Sport. Spa non era nel programma iniziale, ma decise all’ultimo minuto di usare l’ultimo dei quattro ‘buoni’ proprio in Belgio, su richiesta dell’amico Thierry Boutsen, un altro che alternava volentieri la F1 con le gare Sport.

A Spa era iscritto su una delle Porsche 956 di Walter Brun, matacchione svizzero che sfidava le Porsche ufficiali con il suo team privato, divenuto efficientissimo, ma rimasto un allegro clan familiare che ‘Walti’ finanziava con i proventi delle numerose concessioni di sale giochi (e forse anche di altri esercizi, secondo le malelingue) che deteneva nella sua Elvezia natìa. Boutsen voleva vincere la gara di casa e soprattutto battere l’idolo locale, Jacky Ickx, che correva con Jochen Mass su una delle Porsche ufficiali in livrea Rothmans.

Vero è anche che fra la leggenda e la nuova stella dell’automobilismo belga era calato un certo freddo, non si sa bene per quali futili motivi, nonostante Ickx avesse in precedenza ‘incoronato’ pubblicamente Boutsen come suo erede,. A Spa, dunque, c’erano le premesse per un bel duello. Era solo la quarta volta che la 1000 km si disputava sul tracciato nuovo e accorciato, con due vittorie di Ickx e una di Bellof nei tre anni precedenti.

Dopo un inizio gara con tutti i protagonisti nelle posizioni di testa, fra cui anche le Lancia di Wollek-Baldi e Patrese-Nannini e l’altra Porsche ufficiale di Stuck-Bell, Boutsen era riuscito a prendere saldamente il comando davanti a Mass. Il duello previsto alla vigilia era servito e ricordo perfettamente aver avvertito l’impressione di un ritmo di gara eccessivmente sostenuto mentre ero appostato (allora si poteva) all’interno della Source.

Il duello si fece ancor più feroce quando a salire in macchina furono Bellof e Ickx, anche perchè la vettura del Brun Motorsport aveva perso il primo posto nel pit-stop, avendo dovuto cambiare le pastiglie dei freni e avendo perso ulteriore tempo perchè il traffico le aveva fatto trovare il semaforo rosso alla fine della pit -lane (si era nel rettifilo e nei box vecchi, va ricordato). Inutile dire che Bellof partì come una furia e in pochi giri ridusse il distacco da Ickx, incalzandolo in un paio di occasioni. In palio, forse più di una semplice vittoria, lo scettro di re dell’endurance, che cambia di gnerazione? Chissà...



Al 78esimo dei 145 giri, circa metà gara esatta, la tragedia. Bellof affianca Ickx sulla sinistra nella discesa verso l’Eau Rouge, nessuno dei due alza il piede, con il tedesco a tentare un sorpasso all’esterno all’Eau Rouge, impossibile con la configurazione della curva e l’aerodinamica delle vetture di allora, e il belga che non crede a una manovra così audace. Il contatto è leggerissimo, ma basta a squilibrare entrambe le macchine, che partono in testacoda.

Quella di Ickx si ferma contro le barriere del Raidillon puntando verso il basso, quella di Bellof schizza in diagonale e impatta frontalmente contro il guard rail sotto la tribuna dell’Eau Rouge a 250 orari, piegandosi praticamente in due e con un principio di incendio. Volle il caso che ero appena tornato ai box e sostavo proprio da Brun, che era diventato il mio punto di appoggio perchè avevo legato molto con Massimo Sigala e Oscar Larrauri che correvano per lui.

Fu lo stridere degli pneumatici delle macchine in testacoda a farmi girare la vista verso la pista, in tempo per vedere lo schianto di Bellof e sentire un fragore che sembrava quello di una bomba. L’immagine successiva è quella di Angelika, la ragazza acqua e sapone che era la fidanzata di Stefan sin dai tempi del liceo, rimasta impietrita sul suo trespolo a due metri da me, col cronometro e la lap chart in mano. Tempo due secondi, Peter Reinisch, lo storico diesse di Brun, la imbraca di forza e la porta via.

Il resto è polvere, confusione, soccorritori all’opera per quaranta minuti dietro i teli bianchi, la gara neutralizzata e poi sospesa, e poi gente che dai box sale verso la curva non si sa bene a fare che. Infine, l’immagine tremenda di un Ickx sconvolto riportato ai box, sorretto da un ingegnere Porsche.



Che non ci fosse nulla da sperare lo si è capito subito. Lo confermeranno, con parole più crude di quelle che si usano oggi, i medici del circuito, che certificano il decesso per per le tremende lesioni al torace e all’addome. Un amico fotografo che riuscì a scattare come un automa tutta la sequenza dei primi soccorsi mi dirà più tardi: “Mi sono reso conto dello scempio solo quando son tornato a casa e ho sviluppato i rullini. Foto inguardabili, ho bruciato negativi e provini seduta stante...”

A distanza di quarant’anni, mi azzardo a dire che quel giorno non è soltanto morto, a soli 28 anni, Stefan Bellof, ma che la storia dell’automobilismo ha preso una direzione diversa. In primo luogo, perchè se non fosse accaduto quel che è accaduto, Michael Schumacher non sarebbe diventato il mito che è diventato in patria. Avrebbe avuto identica carriera, ma non sarebbe stato il primo grandissimo campione dell’era moderna che la Germania aveva tanto atteso, bensì il secondo, dopo Bellof.

E soprattutto perchè Ayrton Senna avrebbe avuto un rivale diretto della sua stessa generazione e che era già stato approcciato, si dice, dalla Ferrari. Con Ayrton, Bellof aveva in comune tante cose, il talento, la feroce determinazione di racer puro. Altre no: era meno enigmatico e molto più gioviale del brasiliano. Forse meno attento a certi aspetti tecnici e politici. Di certo, aveva un ardimento fuori dalla norma.

La ricerca, empirica, del limite era un obbligo sempre. Mi viene in mente un esempio lampante: 1000 km del Nürburgring 1983, l’ultima sulla Nordschleife intera. Bellof vola in qualifica, pole con cinque secondi di vantaggio, record assoluto ed eterno su quel tracciato. In gara va in testa subito e batte il record sul giro due volte (anche questo rimasto eterno), poi al sesto sbatte, si capota, vola, ma esce senza un graffio.

Ai box siamo in ansia: senza riprese tv, coi commissari collegati alla direzione gara attraverso rudimentali telefoni a cavo, le notizie arrivano col contagocce. Bisogna aspettare che Stefan attraversi un boschetto sino alla provinciale e trovi un passaggio per tornare ai box. Pallido come un cencio? Contrito? Macchè, arriva come se non fosse successo nulla e ci butta lì: “Pflanzgarten in pieno, in gara, non si può fare.”

15 Lug [12:36]

L'ingegnere Longhini spiega
l’attività Autotecnica dalla A alla Z

Michele Montesano

Autotecnica Motori è una tra le realtà italiane più conosciute e consolidate in ambito motorsport. È da Casalmaggiore, in provincia di Cremona, che partono i propulsori che equipaggiano le Formula 4 di tutto il mondo, così come gran parte delle Formula Regional. Non solo monoposto, l’azienda ha sempre più ampliato il suo raggio d’azione passando alle vetture Turismo fino ad approdare, più recentemente, nelle competizioni Endurance.

Ma, oltre alla progettazione e alla realizzazione dei motori, un aspetto altrettanto cruciale è l’assistenza clienti. A capo di questo delicato e fondamentale reparto troviamo l’Ingegner Alberto Longhini che, oltretutto, si occupa anche della parte di install, dyno e di sviluppo. Un cammino, quello di Longhini, che è andato quasi di pari passo con quello di Autotecnica vedendo entrambi crescere, acquisire nuove competenze e allargarsi verso nuove categorie:

“Ripercorrendo il mio percorso lavorativo, si può dire che in tutto ciò che ha fatto Autotecnica ho messo le mani anche io in prima persona” ci scherza su.

Qual è stato il suo primo incarico in Autotecnica?
“Ho iniziato dieci anni fa. Il primissimo anno, nel 2015, la Formula 4 era il progetto principale e mi sono occupato dell’assistenza in pista per i campionati in Italia e Germania. Poi, l’impegno è iniziato a crescere, vertendo su qualche campionato in più, come la Spagna, gli Emirati Arabi, il Brasile e altri. Nel mezzo ho avuto l'opportunità di seguire in prima persona il Mondiale Turismo, quindi il WTCR dal 2018 al 2021. In anni più recenti abbiamo vissuto in prima persona le competizioni Endurance”.

Quali sono state le sue principali attività?
“Fin dall’inizio, a livello operativo, mi sono occupato sia del banco prova che di assistenza in pista. Quando arrivi è chiaro che non sei di certo responsabile del reparto. Poi, facendo gavetta, può capitare di diventare responsabile di qualche progetto. In particolare ho gestito la Formula 4 e il TCR per poi essere responsabile della parte sperimentale di progetti ancora più importanti. Ad oggi, opportunità e situazioni di lavoro mi hanno dato la possibilità di gestire il reparto ed essere in prima linea su progetti estremamente interessanti”.

A tal proposito, qual è il suo ruolo attuale?
“Ho a che fare quotidianamente con i clienti, siano essi grandi team, case ufficiali, piuttosto che piccole realtà: tutti hanno dati da analizzare. Questa eterogeneità di utenti la portiamo anche al banco. Perché oltre ad aver a che fare con costruttori, nell’endurance o piuttosto nelle gare sprint, c'è sempre tempo per dare la giusta attenzione al cliente privato che mette l’anima e la passione nei suoi progetti in pista. Nel nostro caso si ha a che fare con diverse tipologie di vetture: dalle formule, passando alle Turismo, fino ai prototipi e una piccola dose del meraviglioso mondo rally”.

L’attività al banco prova, invece, in cosa consiste?
“In alcuni casi si parte da zero, quindi la scelta di tutta l'elettronica da montare sulla vettura con calibrazione e test al banco. Poi si fanno delle simulazioni di durata per dare la validazione prima di andare in pista”.

Quest’ultimo è il punto di arrivo?
“Sicuramente scendere in pista credo sia la parte più bella e adrenalinica dell’intera fase di sviluppo e realizzazione di un motore. Mettersi al box, o al muretto, e vedere che tutto funzioni, che la vettura su cui si è lavorato giri correttamente e rientri ai box senza problemi è sicuramente molto soddisfacente. Poi, ovviamente, il lavoro è diversificato: se si tratta di un’endurance è chiaro che deve essere più importante la costanza, piuttosto che la performance pura di una gara sprint”.

Non solo la parte di progettazione, ma anche quella più gestionale…
“Oltre ad andare in pista, dirigo un reparto composto da tredici ingegneri fissi più qualche consulente esterno. La squadra deve cogliere quelle che sono le richieste di un cliente e far sì che ogni motore funzioni correttamente”.

Come vengono ripartiti i compiti di questa unità?
“Gli Ingegneri sia dal punto di vista dyno, quindi al banco, che dal punto di vista del supporto e delle attività in pista, devono seguire due tipologie di clienti. La prima, dove Autotecnica è attiva da tanto tempo, è sicuramente l'ambito monomarca come le formule. L'altro è quello delle performance al fianco di chi invece gareggia contro altri, che siano vetture Turismo o nell'Endurance. Inoltre ci sono quei clienti che girano per pura passione, come ad esempio nei track day, e lo fanno molto seriamente”.

Categorie diverse che richiedono competenze multidisciplinari…
“Credo che proprio questa eterogeneità sia il punto forte di Autotecnica. La realizzazione di ogni singolo motore la si segue dall’inizio alla fine. Oltretutto i reparti sono tutti attigui partendo da quello della progettazione passando alla sala della CNC, dove vengono prodotte le componenti dei motori che andremo a costruire, per poi passare alle postazioni di montaggio fino alla sala prove che precede la pista. Credo che questo sia una delle cose più belle che ci sia in Autotecnica, dove nessuno è un semplice numero”.

Questa eterogeneità si riversa anche nella produzione?
“Esattamente. L’essere eterogenei porta con sé anche diverse tipologie di motori. Dal monomarca della Formula 4, che è un semplice quattro cilindri e di cui abbiamo deliberato un quantitativo strabiliante di unità, fino ad arrivare a motori specifici per le competizioni Endurance, realizzati in tirature molto limitate. Se nella Formula 4 l’importante è realizzare un motore affidabile che consenta di portare a termine una gara, nelle altre categorie è diverso”.

Ad esempio?
“Si corre per vincere contro altri avversari. Nel WTCR ci siamo giocati il mondiale nel 2019 fino all’ultima gara. Pur non avendo vinto è stata un’esperienza emozionante e, soprattutto, abbiamo imparato molto”.

Lo seguite ancora il Mondiale Turismo?
“Certamente. C’è ancora in atto la collaborazione con Jas Motorsport per quanto riguarda le serie TCR e il TCR World Tour dove, tra l’altro, le Honda Civic Type R stanno andando piuttosto bene. Personalmente però, rispetto al 2018-19 in cui ricordo di aver fatto fatto tutte le gare oltre ai test, lo seguo meno perché oggi ci sono membri del team dedicati”.



Quanto è cambiato il motore di una vettura Turismo nel corso degli ultimi anni?
“Per quanto riguarda il propulsore in sé, il livello tecnologico che c'era dieci anni fa non è enormemente diverso a quello odierno. Tantissimo dell'innovazione è stata portata sull’affidabilità dei motori che, anche se parliamo di gare sprint, macinano tanti chilometri. Non si deve più cambiare un propulsore ogni weekend”.

Non per ultimo l’Endurance…
“In questo caso, la qualità del dettaglio e della sofisticatezza sono su piani ancora più alti e lì, come per il TCR, si va per vincere”.

Avevate realizzato powertrain ibride in passato?
“Nel 2017-18 abbiamo fatto una Formula 4 ibrida. Anche se in quel caso era più un esercizio di stile, perché al posto dell'alternatore c'era una piccola MGU”.

A proposito di Formula 4, quanto si può intervenire in corso d’opera su un motore nelle categorie monomarca?
“Se si tratta di campionati in cui sei il fornitore, sei libero di fare le modifiche che vanno a correggere la fiches. Chiaro, non è efficace fare troppe variazioni di fiches su un motore di Formula 4 in un anno, ma non è vietato. Tendenzialmente si cerca sempre di avere una stagione il più lineare possibile. È auspicabile partire nella prima gara con lo stesso hardware, lo stesso software e portarlo fino alla fine dell’anno per avere la giusta uniformità. L'ideale è partire ogni campionato con qualcosa che è congelato fino alla fine. Poi, per qualsivoglia richiesta, come una diversa benzina, si possono effettuare modifiche. Ma, nel limite del possibile, tutti quelli che sono gli sviluppi si fanno nel periodo invernale”.

Anche se il periodo invernale di fatto non esiste più…
“Vero, perché le gare adesso arrivano fino a dicembre e ripartono a metà gennaio. Basti pensare che a marzo avevamo già concluso cinque campionati: la Regional e la F4 Middle East e le Winter Series di Gedlich, della Formula 4 Spagna e dell'EuroCup 3, oltre ad avere già iniziato la Formula 1 Academy e F4 NACAM in Messico. Col crescere dei campionati sono aumentate anche le risorse in reparto e quindi, ad oggi, siamo organizzati in maniera tale che c'è sempre un riferimento per ogni serie”.

C’è quindi una divisione tra chi lavora in pista e chi sviluppa le soluzioni al banco?
“Non c'è una vera e propria divisione, perché chi è in pista vede ciò che è davvero necessario per incrementare le performance. Ogni persona gestisce e partecipa dall'uno ai tre campionati ed è solo questione di organizzarsi in determinati periodi. C'è capitato un weekend, lo scorso maggio, in cui eravamo presenti a sette diversi eventi”.

Come si riescono a gestire tali situazioni in cui c’è bisogno di più personale?
“In Autotecnica c'è un'attenzione particolare alla cultura Corporate, che è molto ben sviluppata anche nei dettagli di trasmissione delle capacità operative. In pista ci sono sempre due o tre membri che coprono diversi livelli di conoscenze in pista. È fondamentale per Autotecnica avere in circuito del personale che sia completamente autonomo e adeguato in termini di conoscenze tecniche e anche personali”.

Può spiegarci meglio?
“In ogni trasferta c’è sempre un responsabile, che è referente per il team o anche all'interno dell'azienda per i vari reparti, qualora ci siano domande inerenti a quell'evento, e poi ci sono uno o due junior. Talvolta ci sono anche due senior, dipende molto dalla disponibilità di quel weekend. Questo è anche legato al fatto che a differenti livelli di conoscenza corrispondono compiti diversi. Lo junior non sempre è in grado di sostenere una complessa discussione con un team manager, il senior sì perché ha le giuste conoscenze e competenze per affrontare qualsiasi richiesta”.

Questo avviene anche nella Formula 4 Italia?
“Certo che si. Anzi i nuovi arrivati sono quasi sempre destinati alla Formula 4 o alla Formula Regional, ai campionati monomarca. Non ci vuole molto a capire, ad esempio, se un pistone è crepato, ma spiegarlo ad un team e cercare di fargli capire cosa è successo e perché proprio in quel momento è un’altra storia. La serie italiana è sicuramente un’ottima palestra”.

La griglia della Formula 4 Italia è estremamente numerosa, come si riesce a gestire il tutto?
“Normalmente ci sono tre ingegneri e un motorista. Con l'esperienza abbiamo sviluppato degli strumenti, dei software, che ci supportano nell’analisi massiva dei dati. Dopo un quarto d'ora ci sono delle tabelle in cui si vedono i vari parametri, se sono verdi è tutto ok, con i rossi bisogna indagare e intervenire. Quest’anno in Formula 4 Italia ci sono state perfino 41 monoposto in griglia, ma paradossalmente è stato un momento più semplice di altri, perché l’alto numero ha imposto di suddividere i partecipanti in gare da 20. È invece decisamente più complesso dover gestire quelle occasioni in cui il campionato (e non è l’unico) porta in pista contemporaneamente 30-35 vetture”.

Quanto è cambiata Autotecnica Motori negli ultimi dieci anni?
“Dieci anni fa il main business era la trasformazione di motori stradali in unità da competizione. Dal 2020 sviluppiamo e realizziamo i nostri motori ed è stato veramente un passo da gigante. Se prima si trasformavano motori già esistenti o si realizzavano piccole serie, ad esempio per S2000 o le Superstar. Ad oggi è la normalità vedere che si montano, si mettono al banco e si calibrano dei V6 o dei V8 che sono nati a 10 metri dalla mia scrivania e poi vanno sulle piste di tutto il mondo”.

Un balzo in avanti anche a livello tecnologico…
“Il livello qualitativo si è alzato molto dal 2020, quando è nato il primo V6 firmato Autotecnica. Quando sono arrivato in azienda si parlava di Formula 4, poi subito dopo è arrivato il motore per la Formula Regional. Ad oggi la maggior parte delle riunioni trattano di un motore realizzato interamente da Autotecnica Motori, perché, dal 2020 siamo diventati a tutti gli effetti dei produttori di motori a 360 gradi. Oggi il ragazzo che viene a fare un colloquio, se è fortunato, può sentire la melodia di un V6 che gira al banco”.

11 Giu [12:12]

Nasce la partnership tra
Tatuus, ATM e Sparco

La passione per il motorsport e la pista si uniscono in una nuova partnership tra le due aziende del Gruppo che fa capo al fondo TEC Racing e Sparco, leader globale per l’equipaggiamento tecnico per il motorsport, che diventa fornitore ufficiale di tutto l’abbigliamento da lavoro e di rappresentanza dei due marchi.

Un’unione che nasce da radici comuni, ancorate nella più pura tradizione motoristica italiana, in grado però di proiettarsi ogni fine settimana verso i circuiti di tutto mondo, dove la passione per il motorsport si trasforma in competizione e cura di ogni dettaglio. Entrambe le realtà, da anni protagoniste nei tracciati più prestigiosi– dalla F1 Academy fino al Campionato E4,

il Formula Regional European Championship, la British F4, passando per la Eurocup 3 e la Formula 4 Italiana, solo per citarne alcuni – operano con un approccio fortemente orientato alla performance, alla sicurezza e all’innovazione. L’esperienza maturata fianco a fianco nei paddock e nei box ha posto le basi per un’intesa solida, che oggi si traduce in una partnership strutturata e strategica, con l’obiettivo di rafforzare ulteriormente la presenza congiunta nel panorama racing globale.

Ed è proprio all’insegna di questa stessa attenzione verso i più piccoli particolari che nascono due collezioni dedicate. Progettati da Sparco per garantire comfort e versatilità, i capi di abbigliamento sono stati personalizzati con cura, valorizzando i colori e i loghi di Tatuus e di ATM. Il tutto all’insegna della massima efficienza e sicurezza dei materiali per coloro che ogni giorno danno forma a vetture e motori, affiancando successivamente team e campionati nella gestione in pista, e in puro stile racing, declinato nelle sue molteplici forme per rappresentanza e lavoro quotidiano in pista o negli HQ.

Forme e colori che uniscono la tradizione delle due aziende alla loro anima da pista: il blu e il verde di Tatuus si uniscono ad un ampio uso del nero per dare vita a una serie di capi capaci di essere al tempo stesso lineari e accattivanti, proprio come le monoposto che quotidianamente nascono all’interno del Tatuus HQ. Il bianco, il rosso e il nero da sempre marchio di fabbrica di ATM vengono invece valorizzati da design marcati e dinamici, perfetto simbolo della tradizionale presenza in pista del motorista di Casalmaggiore al fianco di team e campionati in ogni categoria del motorsport.

Protagonisti degli scatti di lancio delle due nuove collezioni (firmati dal fotografo Mattia Negrini) sono stati i dipendenti e gli HQ di Tatuus e di ATM: attori e palcoscenico ideale per ritrarre ogni più piccolo dettaglio dei capi. Dalla resistenza e l’elasticità dei materiali tecnici di motoristi e meccanici alla finezza delle camicie delle donne e degli uomini che rappresentano i due brand in ufficio o in trasferta.

“Questa collaborazione nasce come un incontro naturale tra realtà accomunate dalla stessa passione per il motorsport e da una profonda attenzione ai dettagli” - ha affermato Niccolò Bellazzini, Brand Manager di Sparco – "Crediamo che l’abbigliamento debba riflettere ed esprimere l’identità di un’azienda attraverso chi la rappresenta ogni giorno. Le due collezioni nascono per rispondere alle esigenze concrete del lavoro quotidiano, mantenendo alti standard qualitativi e offrendo un livello di personalizzazione che si adatta perfettamente a ogni contesto operativo, senza mai rinunciare allo stile racing”.

“Quella con Sparco è una partnership che abbiamo fortemente desiderato - ha dichiarato Giovanni Delfino, CEO di Tatuus e ATM -. Una collaborazione che nasce da basi comuni e che permetterà alle nostre aziende di migliorare tanto sul piano dell’immagine quanto su quello dell’operatività quotidiana, seguendo uno dei pilastri cardine della nostra cultura di Gruppo: la continua attenzione al dipendente, affinché per ogni donna e uomo sia possibile performare nelle migliori condizioni di comfort. La capacità di Sparco di ascoltare e perfino anticipare le necessità di realtà motorsport come le nostre ha già mostrato di essere un valore aggiunto rilevante e siamo certi che la comune visione per il futuro dei motori sarà carburante di una partnership di grande successo”

28 Apr [12:47]

BMW svela la M2 Racing: la porta
d’ingresso per il mondo delle corse GT

Michele Montesano

A margine dell’apertura della stagione 2025 del DTM, sul tracciato di Oschersleben, BMW Motorsport ha presentato al pubblico la nuova M2 Racing. L’intento è quello di rinnovare la tradizione che vede la Casa di Monaco di Baviera impegnata nel realizzare vetture appositamente studiate per la clientela sportiva e in ambito motorsport. Pur essendo un modello facilmente gestibile da team privati, la M2 Racing presenta un’elevata dotazione tecnica, derivata dall’esperienza maturata dal reparto sportivo BMW nelle competizioni GT di tutto il mondo.

Alla base della M2 Racing c’è l’ultima generazione della BMW M2 stradale, dalla quale eredita il telaio e la filosofia progettuale. Gli ingegneri di BMW M Motorsport, in stretta collaborazione con gli esperti della produzione di serie, hanno lavorato per trasformare la coupé bavarese in una macchina da corsa a tutti gli effetti equipaggiandola con componenti specifici per l’uso in pista. Troviamo quindi un propulsore 4 cilindri in linea da 1998cc capace di sviluppare 313 Cv e 420 Nm di coppia massima, sufficienti a spingere la vettura oltre i 270 km/h.



Non solo prestazione pura. L’obiettivo finale è di realizzare una vettura accessibile e intuitiva da guidare, adatta sia ai piloti alle prime armi che in grado di dare soddisfazioni anche ai più esperti. A tal proposito la M2 Racing presenta uno splitter anteriore e, opzionalmente, può essere dotata di un alettone posteriore. Gli ammortizzatori, anche se non regolabili, sono derivati direttamente dalla vettura GT3. Completano il pacchetto il cambio ZF a 7 rapporti, calibrato con il software realizzato da BMW M Motorpsort, e il differenziale meccanico, oltre al traction control regolabile su 10 livelli.

Anche se la M2 Racing è stata svelata al pubblico, BMW non ha ancora ufficialmente omologato la vettura. Infatti la divisione sportiva del marchio bavarese sta ultimando la fase di sviluppo, prendendo parte anche ad alcune gare sul leggendario Nordschleife, prima di deliberare l’intero pacchetto.



Nel processo di sviluppo non è mancato il contributo dei piloti ufficiali BMW M Motorsport, tra cui Jens Klingmann. Nello specifico il tedesco ha lavorato per ottimizzare vari aspetti della M2, tra cui il consumo degli pneumatici e la facilità di guida. L’obiettivo è stato quello di mettere a punto una vettura in grado di avere bassi costi di gestione in modo da poter essere appetibile ad una platea decisamente ampia.

Il prezzo di listino della nuova M2 Racing è fissato a 98.000 Euro, e la distribuzione sarà curata da una rete selezionata di concessionari BMW M Motorsport. Gli ordini apriranno a metà giugno, mentre per vedere le prime vetture in pista bisognerà attendere il prossimo anno. Le BMW M2 Racing potranno correre in diversi campionati, oltre a prendere parte alla celebre 24 Ore del Nürburgring.


10 Apr [23:31]

Mygale totalmente acquisita
da Ligier Advanced Technologies

Davide Attanasio

Alla fine di dicembre 2024, dopo essere stato azionista di minoranza (dal 2013),
Ligier Automotive aveva acquisito le quote di maggioranza di Mygale, casa fondata nel 1989 da Bertrand Decoster e specializzata nella realizzazione di vetture formula protagoniste nei vari campionati propedeutici. Il 10 aprile 2025 ha segnato una pietra miliare nella storia di queste due aziende, con Mygale che è stata totalmente acquisita da Ligier diventando così ufficialmente 'Ligier Advanced Technologies'.

Come diretta, tangibile conseguenza di questo tutte le vetture progettate da Mygale sono ora marchiate Ligier. Di conseguenza, nelle varie serie F4 per le quali attualmente Mygale realizza i telai, - India, Cina e soprattutto Francia - questi ultimi verranno ribattezzati 'Ligier JS F422' già a partire dalla stagione corrente. Importante sottolineare come la composizione dello staff e la proprietà intellettuale dello stesso non hanno subito cambiamenti, assicurando in tal modo una transizione quanto più possibile serena.

Il già menzionato Bertrand Decoster, fondatore di quella che fino al 9 aprile si chiamava Mygale, ha dichiarato di come 'Questo cambio di denominazione fa parte di un'evoluzione naturale e strategica e riflette di un'ambizione per l'eccellenza che aiuterà lo stesso marchio Ligier a rafforzarsi. Allo stesso tempo - ha sottolineato Decoster - continueremo a fare ciò che meglio sappiamo fare: progettare e produrre componentistica e veicoli di alto livello. Questo è un nuovo capitolo ma il nostro DNA rimane il medesimo'.

Jacques Nicolet, presidente di Ligier Automotive, ha invece aggiunto che 'Portare Mygale sotto l'egida del brand Ligier è parte del nostro intento di offrire una gamma di prodotti e servizi più chiara, coerente e ambiziosa. Ligier Advanced Technologies riflette così la nostra abilità nell'innovare, produrre e supportare costruttori, federazioni, promotori di campionati e team attraverso soluzioni di prim'ordine attraverso tutte le aree del motorsport'.

Prima tappa del suddetto capitolo sarà il lancio della Ligier JS F326, vettura che avrà telaio omologato (e quindi possibilmente selezionabile) dalla FIA per la nuova generazione di vetture Regional.

8 Mar [9:27]

Frutti della Passione - 50 anni
di motorsport firmati Renault

Dall’esordio della Coppa Renault con la R5 Kit al Mugello nel 1975 alla Clio Cup del 2024, gli anni della Formula Renault 2000 e delle altre monoposto con la storia dei tanti campioni che sono cresciuti in questi campionati, l’impegno di cinquant’anni nei rally fino ai trofei europei in pista con i modelli che li hanno animati e le tante vittorie ottenute dai piloti italiani. Con uno sguardo, infine, al rapporto con la stampa dal 1975 fino alla Press League.

“Frutti della Passione - 50 anni di motorsport firmati Renault”, scritto da Domenico Porfiri e Andrea Ialongo, racconta la storia del successo sportivo di Renault in Italia attraverso cinque decenni.

Il racconto e gli aneddoti dietro a ciascun campionato con le curiosità e i personaggi che hanno scritto questa storia. Ad accompagnare questo racconto le fotografie di Actualfoto e le vignette di Giorgio Serra “Matitaccia”, che ha reinterpretato a suo modo ciascun modello di questa lunga storia ed alcuni personaggi. E non poteva mancare l’elenco di tutti i protagonisti di questi cinquant’anni, oltre 2000 nomi tra piloti, team, addetti ai lavori, sponsor: 



Autori: Domenico Porfiri, Andrea Ialongo
Fotografie: Actualfoto
Illustrazioni: Giorgio Serra “Matitaccia”
Editore: Garage Eventi Srl
Costo: € 45,00

Anno di pubblicazione: 2025
Formato: cm. 27 x 27 x 2,8
Testo: Italiano
Pagine: 270
Rilegatura: allestimento filo refe

ISBN: 978-88-909166-2-5

Per ordinare il libro: edizioni@garagegroup.it

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