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formula 1

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2 Mag [11:04]

Adolfo Rava racconta il "suo" Sanremo Classic

Quelli che i cinquanta li hanno già passati da un po’ se lo ricordano insieme a Marietto Tommasini nell’abitacolo di una Fiat 500 (nella foto). Con i numeri dipinti sulle portiere e, fissata al paraurti anteriore, una targa in lamiera con su stampigliato “1° Rallye dei Fiori”. Correva l’anno mille e novecentosessantuno e correva pure Adolfo Rava. Non è diventato pilota a tempo pieno e neppure copilota, ma è rimasto in prima linea. E’ entrato a far parte di quel gruppo di innamorati delle corse che organizzavano l’appuntamento sanremese e quasi senza volerlo s’è trovato ad essere il numero uno, il boss di una macchina organizzativa sempre più complessa. Anni ruggenti davvero, quelli del Sanremo mondiale. Indimenticabili e forse irripetibili. Non ha più mollato, è sempre in prima linea. Con il Sanremo Storico e da qualche anno anche con il Sanremo Rally Classic. Come e perché gli è venuta l’idea di allestire una seconda manifestazione riservata alle auto del tempo che fu, lo spiega con poche parole: “Mi è sembrato il caso di dare agli appassionati la possibilità di tornare a percorrere gli sterrati toscani, quelli che erano stati determinanti nel dare al Sanremo una straordinaria notorietà. E che oggi, realisticamente, non sarebbero più proponibili. Il Sanremo Classic non è una gara, ma permette a un certo numero di persone di rivivere quello che era il rallysmo di qualche anno fa”. Ma non è stata solo la nostalgia a ispirarlo: “In effetti – ammette Rava – c’è dell’altro, c’è soprattutto la voglia di proporre un concetto di regolarità diverso da quello adottato dalla Coppa dei Fiori. Non ho inventato niente, ho solo voluto proporre una prova più dinamica, in linea con altre grandi gare riservate alle vetture storiche come la Liegi-Roma-Liegi, il Montecarlo, il Marocco”.
I numeri dicono molto chiaramente che la formula del Sanremo Rally Classic è apprezzata soprattutto fuori dai confini italiani. Per Rava e il suo staff, un motivo di orogoglio: “Indubbiamente mi fa piacere constatare che la stragrande maggioranza della cinquantina di equipaggi che dal 7 al 12 maggio animeranno la terza edizione del nostro revival siano stranieri. Ma continuo a credere che prima o poi arriveranno in massa anche gli italiani”. E se, giusto per dare l’esempio, il patron decidesse di riprendere servizio? “In effetti – ammette – ci ho pensato: in fondo da diversi anni partecipo alla rievocazione del Rallye del Marocco e non me la cavo poi male. A consigliarmi di accantonare l’idea è stato il timore che in caso di un risultato positivo qualcuno mi accusasse di aver barato o quanto meno di conoscere meglio il percorso...”. Quello che, quarantaquattro anni fa, molti dei battuti rimproveravano ai fratelli De Villa. Veleni d’annata, del tempo che fu...