27 Ott [10:27]
PUNTASPILLI
Non arrivano i nostri
Sébastien Loeb primo per il sesto anno di fila e Mikko Hirvonen di nuovo secondo. La stagione è finita come in molti si aspettavano finisse prima ancora che cominciasse, come a inizio primavera pareva scontato e a fine autunno soltanto possibile. E’ finita così e non senza un vero perché come suggeriva una canzone tanto tempo fa: un perché c’è sempre e Christian Loriaux lo ricorda rendendo omaggio all’alsaziano che ancora una volta ha rovinato la festa a lui e quelli vestiti come lui, con il Grande Ovale Blub sul cuore. “Non si vince un mondiale per caso e nemmeno per fortuna. Loeb ha vinto perché s’è confermato il più forte e perché loro, quelli della Citroen sono stati più bravi di noi”, osserva il progettista belga.
Ripetendo quello che aveva già detto a Cardiff davanti al Millenium Centre mentre le note della Marsigliese riempivano l’aria. Allons enfants ci sta proprio bene. E non solo per l’Extraterrestre per il quale andare incontro alla gloria è ormai un’abitudine. Anche l’altro Seb del rallismo transalpino, Ogier, ha cominciato a marciare nella stessa direzione. Ne ha ancora tanta di strada da fare, il ragazzo. Ma intanto s’è già arrampicato una volta su un podio – è successo all’Acropoli – e alla sua prima stagione con una vuerrecì è andato a punti sei volte su dodici. Ha chiuso all’ottavo posto il mondiale, s’è fatto vedere. Ha fatto quello che per un verso o per l’altro nessun italiano è stato in grado di fare.
Non pervenuti, i nostri non sono pervenuti. Di loro non c’è traccia nella chilometrica classifica del mondiale piloti redatta dalla Fia. Nei sessantadue – sì, sessantadue – classificati non c’è neppure un rallista del Belpaese, C’è un magiaro, “Asi”, un ucraino, Valery Gorban, un peruviano, Nicolas Fuchs, un lituano, Vyautas Svedas,e pure un lettone, Andis Neiksans. Ma nessun italiano. Eppure non è che per infilarcisi servisse poi granché: bastava rastrellare almeno un quindicesimo posto.
Ci sono andati (quasi) vicino Alessandro Bettega, diciassettesimo in Argentina con la Clio R3 (nella foto), Simone Bertolotti, diciottesimo in Polonia con la Swift Super1600, e Gianluca Linari, diciottesimo in Australia con l’Impreza. Ci hanno provato Luca Griotti, Fabio Frisiero e Giuseppe Dettori. Invano, però. Come Peter Zanchi e qualche altro. Eppure non può essere che si sia rotta la macchinetta e che la mamma di bravi non ne faccia più. E’ il sistema-rally italiano che non funziona. Forse, un giorno, se ne accorgerà anche Angelo Sticchi Damiani e con lui se ne accorgeranno anche quelli che hanno uno scranno nella stanza dei bottoni. Se corifei e sodali smetteranno di ripeter loro che va tutto bene così...
Guido Rancati