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14 Mar [11:38]

Il commento
La Peugeot torna a volare

Vecchio Leone quanto tempo è passato? Tanto, ne è passato proprio tanto dall'ultima volta che la Peugeot aveva piantato le tende sull'attico della classifica del mondiale. Giorno più, giorno meno, un anno e mezzo. Giorno più, giorno meno, diciotto mesi di bocconi amari, di delusioni più o meno cocenti. L'ultima, recentissima. Giusto tre settimane fa in Svezia, con Marcus Gronholm fuori gara a un tiro di cerbottana dall'arrivo, quando già nel clan francese stavano mettendo al fresco le bottiglie di champagne per brindare al riconquistato primato. Se n'era infischiato delle consegne, il lungagnone finlandese. E per provare a vincere aveva perso tutto.
In Messico, no. Nel volo che l'ha portato a Leon ha avuto tutto il tempo per fare una botta di conti e accorgersi che non poteva permettersi un'altro passo falso. Il resto l'ha fatto Jean-Pierre Nicolas, spiegandogli quanto è imporante per la sqauadra che gli ha permesso di vincere due titoli e per tutta l'azienda chiudere la bella parentesi rallistica con un'altra corona da festeggiare. Dev'essere stato convincente, il nuovo responsabile delle attività sportive della Casa francese. Molto convincente, se Marcolone ha accettato di trascinarsi per tutta l'ultima tappa dell'appuntamento nordamericano a un ritmo che, giura, non gli è abituale neppure quando va a fare la spesa a Espoo. Un sacrificio che ha pagato: con gli otto punti del suo secondo posto e i sei del terzo posto di Markko Martin, la Peugeot è balzata al comando della graduatoria. Con otto lunghezze di vantaggio sulla strana coppia formata da Ford e Mitsubishi, undici sulla Subaru e addirittura sedici sulla Citroen. E non è robetta, anche se prima del momento di fare i conti finali mancano ancora tredici rally.
La Peugeot riprende quota e la Citroen resta ad altitudini piuttosto basse. Dopo aver rischiato di naufragare. Se non è successo, è solo perché Sébastien Loeb s'è confermato grande fra i grandi. Grandissimo. Relegato nei bassifondi dopo appena tre prove speciali, con una Xsara che seguita ad essere allergica agli atterraggi e con pneumatici chiaramente inferiori a quelli di cui disponevano i suoi avversari equipaggiati dalla Pirelli, l'alsaziano ha trovato la convinzione necessaria per impegnarsi in una battaglia che pareva irrimediabilmente persa. Era diciottesimo, quando gli hanno riconsegnato un'auto con tutte e quattro le ruote attaccate. Ha chiuso quarto, davanti a gente alla quale era stato costretto a regalare quasi quattro minuti per quel dannato ammortizzatore che s'era rotto ancor prima che lui si fermasse al primo controllo stop.
“Seb è stato veramente fantastico”, fa notare Guy Frequelin che questa volta non puo neppure prendersela con l'ardore giovanile di François Duval se solo uno dei due missili dell'Armata Rossa è arrivato a destinazione. Malcolm Wilson non puo dire lo stesso di nessuno dei suoi piloti. Non di Dani Solà che giusto per ringraziarlo di averlo designato a cercare punti per il Grande Ovale Blu ha polverizzato una Focus, non di Toni Gardemeister che ha perso tutti i duelli possibili e anche qualcuno impossibile.

di Guido Rancati