10 Dic [16:56]
L'ANALISI - Il Galles di Valentino Rossi
Alla fine, un paio di duelli li ha vinti: quello con Kalid Al Qassimi e quello con Conrad Rautenbach. Non è una di quelle imprese che restano scolpite nelle menti e nei cuori, ma è già qualcosa. E’ meglio del niente che aveva combinato sei anni fa, quando la sua incursione nel mondiale rally era mestamente finita un attimo dopo essere iniziata, appena dentro la prima vera speciale. Questa volta, Valentino Rossi ha tenuto botta. Ha seminato qui e là pezzi di plastica, però ce l’ha fatta a vedere il traguardo attraverso il parabrezza della Focus. E alla vigilia non era poi così scontato. Non dopo aver preso atto che in un fine settimana gelido, lui e gli altri avrebbero dovuto affrontare strade ancor più impestate del solito. Insomma, in qualche modo se l’è cavata. Non bene e magari neppure benino, ma l’ha sfangata. Riuscendo pure a togliersi qualche soddisfazione. Quella, per dire, di prendere meno di due secondi al chilometro da Sébastien Loeb nel secondo passaggio da Rheola e poco di più nei due da Port Talbot.
I pallidi raggi di luce che hanno illuminato la domenica del Fenomeno non bastano a dissipare le tante, troppe ombre lasciate da due giornate passate a trotterellare lontano assai dai migliori, ma poco o tanto migliorano il bilancio della sua trasferta in Galles. E danno fiato a chi ipotizza per lui un avvenire rallistico che resta di là da venire. Anche se l’interessato dice che un giorno, forse... Già, un giorno. Intanto il tempo passa e i risultati seguitano a essere ben poco incoraggianti. Sì, nella mini-kermesse al Millennium Stadium - meno di un chilometro, tanto corta che ha mandato in palla anche il programma dei tempi - è stato più veloce di Jari-Matti Latvala, ma s’è pur sempre beccato più di 3” dal migliore. Impietosi come sempre, altri numeri confermano che il suo passo è ancora quello di un gentleman-driver. I tredici minuti e spiccioli del suo ritardo finale sono un fardello meno pesante di quello che Marcus Gronholm gli aveva caricato sulle spalle due anni fa in Nuova Zelanda, ma non sono bruscolini. Fanno poco meno di 3” al chilometro e sono tanti, anche per uno che non maneggia una top car con una certa frequenza.
C’è chi i rally li fa per noia, chi se li sceglie per professione e poi ci sono quelli che li fanno per passione. The Doctor di tempo per annoiairsi proprio non ne ha e non può ragionevolmente pensare di guadagnarsi la pagnotta correndo in macchina sulle strade della serie iridata. Ma infilandosi di tanto in tanto nell’abitacolo di una vuerrecì può continuare a togliersi la voglia di traversi e quant’altro. Per passione, appunto.
di Guido Rancati