2 Mar [15:45]
Marcus Gronholm
L'ultima volta è stato in Finlandia, sette mesi fa. Vittoria pesante, quella di Marcus Gronholm fra la sua gente. Conquistata di forza, prendendo il pallino alla sesta prova e tenendolo ben stretto fra le mani fino alla fine. Respingendo senza mai dar l'impressione di essere in affanno gli attacchi di Markko Martin. Ma da allora, il lungagnone di Espoo ha messo insieme solo qualche piazzamento: un secondo posto in Catalunya, un paio di quarti posti in Giappone e in Corsica, un settimo in Sardegna, un quinto a Monte Carlo,. E quattro ritiri dopo altrettanti bussi. L'ultimo, un paio di settimane fa in Svezia. Mentre stava cercando di mettere il sale sulla coda di Petter Solberg. Non sta passando un bel momento, in carriera ha avuto periodi migliori. Nel 2000 e nel 2002, gli anni dei suoi due titoli iridati. Pure il 2001 e il 2003 per lui non sono stati poi male: tre successi nella stagione che incoronò Burns, altrettanti in quella magica del novegese con la Subaru. In tutto, sedici centri che sarebbero stati diciotto se in Argentina i commissari sportivi non si fossero scoperti inflessibili e se a Cipro ai commissari tecnici non fosse venuta la voglia di andare a vedere di che materiale erano le palette della pompa del quattro cilindri montato sulle 307. Due esclusioni che pesano fino a un certo punto del bilancio globale del finlandese e che tuttavia non ha mai del tutto digerito.
Altri non digeriscono invece quel suo battersi sempre e comunque, anche quando la battaglia è disperata pure per un asso vero come lui. L'ultima sua divagazione, quella che gli è costata un certissimo secondo posto sulla terra gelata del Varmland, ha fatto sbottare Corrado Provera: “Marcus - ha detto il Gran Comunicatore prima di sfilarsi per l'ultima volta la divisa rossa - è un testone. È uno che non ha ancora capito che certe volte è il caso di accontentarsi di un piazzamento, perché sono proprio i piazzamenti alla fine a fare la differenza in classifica, a far vincere o perdere i campionati”. Uno sfogo per mille versi comprensibile, quello dell'ormai ex direttore della Paugeot Sport nei confronti del pilota e dell'uomo che gli aveva appena rovinato la festa. E tanto è bastatato a scatenare i dietrologi. “L'ha fatto apposta”, hanno mormorato a Karlstad diversi di quelli che sanno sempre tutto. Parole in libertà, accuse alle quali Gronholm ha evitato di ribattere. Forse perché non sono neppure arrivate fino alle sue orecchie, forse solo perché anche nella periferia di Helsinki si dice che i ragli d'asino non arrivano in cielo.
È una bella persona, Marcolone. Come molti degli uomini nati e cresciuti dove le estati durano un attimo e gli inverni non finiscono mai, è profondamente onesto. Come molti altri piloti nordici, è più fragile di quanto si sforzi di apparire. Diceva qualche anno fa l'ingegner Claudio Lombardi a proposito di Juha Kankkunen: “A vederlo dal di fuori pare che niente possa turbarlo e allora si è tentati di dedicare più attenzione ai suoi compagni di squadra. Sbagliando, perché anche lui ha bisogno di sentire intorno a sé il calore della squadra”. Per il due volte campione del mondo è lo stesso. Non ci vuole una laurea in psicologia per capire che la scelta della squadra francese di ingaggiare a peso d'oro Richard Burns lo ferì ed è tutto da dimostrare che l'adeguamento del suo compenso sia servito a chiudere la faccenda. Ma di qui a ipotizzare che tirare spesso le macchine affidategli nei muri sia il suo modo di vendicarsi ce ne passa.
“Marcus è uno di quei piloti che vogliono sempre battersi per vincere. Inevitabilmente, qualche volta gli va bene e qualche altra gli va male”, osserva Jean-Pierre Nicolas. Il quadretto tracciato dal nuovo comandante supremo dell'esercito con il Leone Rampante sui vessilli è perfetto. È un'aquila e non sarà mai un aquilone. Pensa sempre in grande, lo ha fatto a Monte Carlo e in Svezia, lo rifarà in Messico. Cercando la sua vittoria numero diciassette, quella che lo può rilanciare nella corsa all'iride. Poi, a fine stagione, sarà quel che sarà. Se davvero lo vorrà, un posto che gli permetta di continuare a essere protagonista ai massimi livelli, lo troverà. Il vero problema è che non sa neppure lui se andare avanti per qualche anno ancora.
di Guido Rancati