2 Feb [19:11]
CORRADO PROVERA
Forse sarà festa grande, con baci e abbracci. O forse tutto si esaurirà con qualche stretta di mano un po' più calorosa del solito e qualche pacca sulle spalle un po' furtiva. Sarà quel che sarà, ma quella di domenica 13 febbraio non sarà una serata come tutte le altre. Non per gli uomini della Peugeot Sport e neppure per gli altri, per tutti quelli che con o senza un ruolo preciso sono nel giro dei rally. Con o senza brindisi ufficiali, a Karlstad, alla fine dell'edizione numero 54 dello Swedish Rally, Corrado Provera si sfilerà per l'ultima volta la divisa rossa che da ormai un anno indossa alle gare. A sessantaquattro anni, ha deciso che per lui è arrivato il momento di farsi da parte. Di lasciare il comando di una squadra che ha fatto risorgere e rifatto vincere. Ed è una pagina della storia delle corse che si chiude.
“Vogliamo riscrivere la storia”, aveva annunciato un giorno di sette anni fa. A Velizy, davanti al primo prototipo della 206 World Rally Car. C'è riuscito: in cinque stagioni di frequentazione assidua, la due porte con il Leone Rampante incastonato sul muso ha conquistato tre mondiali costruttori e due mondiali piloti. Ha vinto ventiquattro manches iridate, otto più di quelle che aveva vinto la 205 Turbo 16. Negli Anni Ottanta, quando il gran capo dell'écurie era Jean Todt e lui, uomo di pubbliche relazioni, era comunque già in prima linea. A divulgare il verbo, a darsi da fare perché giornali, radio e televisioni parlassero di rally. Comunicare era il suo mestiere. Aveva iniziato a farlo a Villastellone per la Simca Italia e ha continuato a farlo dall'altra parte delle Alpi. A Parigi, la Ville Lumiere, prima per la Chrysler e poi per la Peugeot. Col tempo è diventato il Gran Comunicatore. Anche se non è che il titolo attribuitogli da un cronista gli piaccia poi tanto. Non sempre: questione di tono, comunque, non di parole.
Non è uomo di corse, non lo è mai stato. Ma per le corse ha fatto più di intere legioni di uomini che dalle corse hanno avuto molto, forse tutto. Ne ha capito più e meglio di gran parte degli esperti di marketing l'importanza, s'è battuto per avere dall'azienda i mezzi necessari perché i suoi subalterni potessero allestire un'auto vincente sulla neve, la terra, l'asfalto. E il Presidente e Direttore Generale di Peugeot Automobiles, non ha mai avuto niente da recriminare per averlo lasciato fare. “Per un costruttore di livello mondiale, i rally sono una vetrina fantastica, migliore della Formula 1”, ripeteva Provera a Frédéric Saint-Geours. Aggiungeva: “I successi, per quanto grandi possano essere, magari non faranno lievitare le vendite, ma essere protagonisti nelle competizioni rafforzerà il legame con la nostra clientela”.
Coinvolto e coinvolgente, genuino. Spesso estremo nelle sue esternazioni. Le campagne mondiali le ha vissute da ultras. Malcolm Wilson, il boss della M-Sport, quando i suoi piloti sono in prova speciale si rinchiude nel motorhome insieme a John Millington; Guy Frequelin, il capo della Citroen Sport, si sposta da un posto all'altro in elicottero per vederli in azione. Lui invece le ha sempre vissute nella tenda degli ospiti, incollato alla sedia, con gli occhi fissi sui monitor e una batteria di radio e telefoni a portata di mano come gli avana e l'accendino. Spiega: “C'è chi pensa che lo faccio per mettermi in mostra, non è cosi. È che il mio primo dovere è di essere a disposizione di tutti, in ogni momento e a prescindere dai risultati. E poi sono un combattente nato e non vedo davvero perché dovrei apparire diverso da quello che sono. Se a qualcuno non piacciono le mie reazioni, beh, non è un mio problema!”.
Proverbiali le sue esplosioni di gioia e i suoi scatti d'ira. Anche le freccette lanciate contro i cugini della Citroen. “Fra noi - ammette - ci sono state e ci sono delle tensioni, è inevitabile. Il problema è che troppe volte hanno dato l'impressione di voler fare quello che già stavamo facendo noi e non mi stupirei se un giorno anche loro si mettessero a costruire dei macinapepe. Ma a parte questo, la Citroen è una avversaria come le altre. Da battere...”.
di Guido Rancati