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13 Feb [15:49]

IL PERSONAGGIO
Armin Schwarz
"In alto con la Skoda"

Due gare, tre punti. Come un anno fa, quando le Fabia erano bianco-verdi ed erano gestite direttamente dal reparto corse della Skoda. A pensare che se, proprio all'alba dell'ultimo giorno dello Swedish, Mattias Ekstrom non avesse gettato via un quinto posto da favola, il Red Bull Skoda Team ne avrebbe nove, Armin Schwarz ha un gesto di stizza. "Peccato - sospira - perché ci si sarebbe potuti togliere la soddisfazione di essere quarti nel mondiale costruttori, davanti al Subaru World Rally Team a alla Stobart-Ford...". È andata diversamente e non ne fa un dramma. Di processi al velocista scandinavo che ha finito la sua corsa oltre la carreggiata, manco a parlarne. Spiega: "A tradirlo è stato un dosso molto insidioso, con una schiena d'asino. Cose che capitano e difatti, in quel punto, ci è mancato poco che anche Sébastien Loeb volasse fuori".
Quando c'è da difendere i propri uomini, il tedesco è in prima linea. Sempre e comunque. È stato pilota, fino a pochi mesi fa il suo ufficio era l'abitacolo della vuerrecì dell'est. Non ha dimenticato che di distrazioni, in carriera, ne ha collezionate come pochi altri. Di lamiere, ne ha stropicciate parecchie. Non l'ha scordato: "È che quando ero giovane, nessuno mi diceva esattamente quello che dovevo fare e allora, spesso, esageravo". Per questo non smette di ripetere ad Andreas Aigner di non avere fretta, di pensare soltanto ad accumulare esperienza. "È molto giovane e ha disputato poche corse, normale che debba imparare. Lo so io e lo sa lui, dovrebbero saperlo tutti. Anche quelli che lo rimproverano di aver fatto il passo più lungo della gamba: non è così, certe cose si imparano solo correndo e tanto vale farlo nel mondiale".
Vent'anni di rally vissuti stringendo un volante fra le mani non hanno spento la sua passione. Non è il bonifico bancario a fine mese che l'ha convinto ad accettare di passare dall'altra parte della barricata. Confessa: "Questo è il mio mondo e se avessi dovuto uscirne, avrei sofferto troppo". Ha una gran voglia di mettere al servizio degli altri quello che ha imparato a sue spese. Ha le idee molto chiare. E un sogno: portare la Skoda in alto che più in alto proprio non può. Ne parla e gli brillano gli occhi: "Per riuscirci, ci sarà da lavorare molto, ma il tempo non è un problema: la nostra non è una toccata e fuga, vogliamo restare sulla scena a lungo".
Parla volentieri, Armino. Racconta di sé, di come è cambiata la sua vita. Delle responsabilità che non aveva e non ha. Dei piloti che lo chiamano al telefono, che gli tirano la giacca: "Per anni ero io a cercare un volante, adesso sono gli altri a contattarmi per averlo. C'est la vie...". Confida che se fosse un cacciatore di... doti schiererebbe almeno tre vetture a gara. "Ma- chiarisce -non siamo ancora attrezzati per farlo. Forse più avanti, in qualche occasione... Ora l'obiettivo è strutturare il team in ottica futura e, intanto, dare il più possibile ai nostri piloti e anche agli sponsor che ci hanno dato fiducia". Non ha fretta, ha imparato che a correre troppo spesso non si va da nessuna parte. "E io - ribadisce -voglio invece andare lontano".
Ha lavorato a stretto contatto con tanti team manager, di tutti conosce i lati positivi e quelli meno positivi. Fra tutti, quello che non nasconde di stimare di più è Guy Frequelin: "Non sono mai stato alle sue dipendenze, ma basta vedere cosa è riuscito a fare per sapere quanto vale. È un ottimo capo ed è soprattutto una persona seria. Ecco, spero che di me, fra qualche anno, qualcuno possa dire le stesse cose!".

Guido Rancati