Rally

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La presentazione Cadillac
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Digione - Gara 3
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Laguna Seca - Qualifica
Vanthoor cala il poker, Altoè pole in GT

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Indy Road - Gara
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11 Mar [15:30]

Puntaspilli

Basta con le frottole
anche i rally vendono!

Davids Richards (nella foto Photo4)ci riprova, sta per riprovarci. D'accordo che voce popolo non sempre è voce di Dio, ma sono in tanti a dire che il fondatore della Prodrive e mancato Ecclestone dei rally si sta preparando a rientrare in F.1 e ci sta che sia proprio così. Le sue due precedenti incursioni nel circo massimo dell'automobilismo da corsa dell'ex-copilota inglese non sono state propriamente esaltanti: per dirla come i toscani, alla Benetton prima e alla Bar poi è durato come un gatto sull'Aurelia. Vien da pensare al vecchio adagio secondo il quale non c'è il due senza il tre, ma sarebbe ingeneroso augurargli un altro flop. E, per la gente dei rally, pure un tantino masochistico: morto un papa se ne fa sempre un altro ed è tutto da dimostrare che con un altro a dirigere la baracca le cose andranno peggio.
Il manager nato il 3 giugno del '52 a Orpington, Regno Unito, ha un certo fascino. Nelle corse su strada, da co-protagonista nell'abitacolo o dietro una scrivania ha vinto molto. Non tantissimo, ma abbastanza da ritagliarsi un angolo nella storia della specialità. In pista, finora, ha raccolto meno. Non ha vinto come Jean Todt e neppure come Cesare Fiorio e Daniele Audetto, altri uomini dei rally emigrati in F.1. Eppure, fra i giornalisti specializzati, c'è sempre chi è pronto a dargli un credito enorme. Succede un po' dappertutto, nel Bel Paese con più frequenza. C'è chi lo dipinge come l'uomo della provvidenza e non è chiaro perché. Ma va bene lo stesso: ogni opinione va rispettata. Ma quando si parla di fatti, è diverso. O almeno dovrebbe esserlo. E invece capita di leggere che “Se di mestiere fabbrichi automobili, non ti fai pubblicità con il curling. E se vuoi un'esposizione internazionale, non la ottieni, purtroppo, ormai, neanche con i rally”. Balle: c'è chi di mestiere fabbrica automobili e investe in altri sport - oggi soprattutto nel calcio e nel ciclismo, domani magari anche nel curling - e c'è chi di mestiere fabbrica automobili e l'esposizione internazionale l'ha cercata e trovata nei rally. Per dire, il Gruppo Psa. Che sarà anche un caso, ma vende più auto di chi ha, da decenni, grande visibilità in F.1. Della Fiat, ad esempio. Lo dicono i freddi numeri. Con buona pace dell'illustre collega che non tanto tempo fa aveva definito “pseudo-amatoriale” l'ambiente del mondiale rally. Fossi Jean-Martin Folz - numero uno della Psa - lo inviterei in Finlandia. O in Argentina, o al Deutschland.

di Guido Rancati