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24 Lug 2011 [17:19]

Hamilton fenomeno, Vettel inciampa
Alonso tallona e il Mondiale si fa strano

Stefano Semeraro

Un gigante. Lewis Hamilton potrà anche non stare simpatico e a volte – magari qualche volta di troppo – sicuramente esagera con i suoi comportamenti fuori e dentro la pista, ma nessuno può negare la sua grandezza come pilota. Hamilton, al 16esimo successo in carriera, il 2° quest’anno dopo la Cina, ha domato il GP d’Europa, uno dei più interessanti e intriganti della stagione, grazie alle sue doti di agonista assoluto, a tutto campo, aiutato nell’impresa anche grazie ad una McLaren che fra sabato e domenica, dopo il passo falso di Silverstone e il pessimo venerdì tedesco, ha saputo reinventarsi. E da un motore Mercedes pubblicamente elogiato da Lewis stesso.

Il Mondiale non è riaperto, perché il vantaggio del fuggitivo Sebastian Vettel, il grande sconfitto di oggi (fuori dal podio per la prima volta dopo 14 GP) è ancora enorme. Ma è ufficiale che il girone di ritorno, grazie ai progressi della Ferrari – che ha avuto la chance di vincere e non ha saputo coglierla – e della ineffabile McLaren, e al momento no della Red Bull, promette di essere nettamente diverso rispetto al primo. Anche perché Hamilton ha dimostrato di aver ragione quando dice che Vettel sotto stress è tutt’altro che infallibile.

Un Mondiale onestamente imprevedibile, come imprevedibile devono essere davvero le monoposto 2011, visto che alla McLaren all’inizio del weekend mai si sarebbero aspettati di conquistare una gara così, e che alla Red Bull brancolano – o almeno sostengono di brancolare nel buio. “Dobbiamo migliorare”, dice un Webber appassito dall’ennesima gara da “vorrei-ma-non-riesco”, iniziata da poleman e chiusa al terzo posto. “Dobbiamo lavorare”, ribadisce Chris Horner. Le astronavi di inizio campionato sono tornate sulla terra. Motivo? “Non lo so”, risponde – in italiano! – Vettel. I tecnici parlano di una incapacità della Red Bull di adeguarsi a circuiti con temperature fredde e asfalto scivoloso: quest’anno i bibitari hanno perso in Cina, Canada, a Silverstone e al N’Ring, piste diverse ma tutte caratterizzate da un meteo poco caloroso. Forse c’è qualcosa di più, visti i problemi di assetto e di frenata denunciati in gara dal campione del mondo.

Sostanzialmente, dopo una rincorsa tecnica durata nove gare, oggi Ferrari, Red Bull e McLaren sembrano non essere troppo distanti. La Red Bull è ancora più veloce in qualifica, in gara è a tiro delle avversarie. Le Rosse hanno compiuto forse il passo in avanti più grande, ma ancora pagano troppe lacune. La prima: nello sfruttamento delle gomme a mescola più dura (oggi le medie). Dopo il terzo pit-stop Hamilton ha fatto segnare quattro giri veloci di fila e si è involato, Alonso è stato costretto a tenere la posizione senza poterlo attaccare.

La seconda: nella rapidità di decisione al box e nell’abitacolo. Hamilton quando al 50esimo giro ha capito che le sue morbide erano finite ha scelto di rientrare e lo ha fatto al volo, con fiuto e decisionismo vincente. Al muretto Ferrari hanno provato a superarlo lasciando Fernando due giri in più fuori, ma lì Alonso si è inceppato. Forse per colpa delle gomme e di un giudizio più lento: anche lui le aveva consumate, ma non è riuscito a intuirlo, o non hanno saputo dirglielo in tempo. Terza lacuna: l’esecuzione dei pit stop, vedi l’ultimo in cui un dado ribelle ha fatto saltare anche il quarto posto di Massa in un duello tutto da pit-lane con Vettel e i meccanici Red Bull. Infine, la cronica insufficienza di Massa. Che è partito bene nei primissimi metri, ma è stato poi costretto ad allargare perdendo posizioni. Che ha fatto bei sorpassi ma anche ritardato troppo quello decisivo, su Rosberg che lo bloccava. Si fosse “scantato” prima, forse l’esito finale sarebbe stato diverso.

Alonso ha fatto molto, ma non è stato impeccabile. Una bellissima partenza, in cui ha bruciato Vettel, poi un errore che gli è costato il 3° posto, “rimediato” da una toppata clamorosa di Vettel, finito fuori pista per aver messo le gomme sulla riga bianca bagnata in frenata. Poi non gli è riuscita la zampata che era il classico di Schumacher, l’azione a martello in pista dopo il pit-stop avversari. Comunque il suo secondo posto, dopo il successo di Silverstone, resta un tonico per gli “impossibili” sogni di rimonta della Ferrari.

Il suo avversario Vettel, davanti al pubblico di casa ha sbagliato, finendo addirittura nono dopo 17 giri. Resta saldamente in fuga verso il Mondiale – 77 punti su Webber, 82 su Hamilton, 86 su Alonso - anche se con qualche certezza in meno. Seb è un fuoriclasse soprattutto quando può correre da front-runner: sapere che la sua Kinky Kylie non è più così superiore alla concorrenza lo bloccherà? Vettel sa anche che Hamilton è uno squalo implacabile, mai domo, mai sazio. Capace di guizzare via alla partenza, di contrattaccare con successo quando Webber lo ha sorpassato, e poi di tenersi dietro la concorrenza con mestiere al rientro dopo un pit-stop, a gomme ancora fredde.

Per il resto, una grande gara del Carneade Sutil, sesto con una Force India che, come dice giustamente Pino Allievi, sembra una Ritmo messa a gareggiare con delle Audi – ma che ha sfruttato al meglio la stretegia a due pit-stop - e una prova fatta di alti e bassi e di qualche errore, ma complessivamente positiva, delle Mercedes. Di Rosberg e di uno Schumacher che come il suo giovane erede Vettel è finito in testacoda ma ha saputo riscattarsi nel finale. Kobayashi ha lottato come suo solito, finendo a punti come Petrov, mentre Heidfeld ha fatto disastri, toccandosi all’inizio con Di Resta e poi centrando la chicane mobile Buemi.

Liuzzi si è malinconicamente ritirato come Barrichello (polemicissimo con la Williams), uno sfigatissimo Button (problemi idraulici quando era sesto), e appunto Heidfeld. Ci si rivede fra una settimana a Budapest, prima tappa di un trittico di tracciati molto diversi – Hungaroring, Spa e Monza – che dovranno dare risposte alle domande che si pone un Mondiale apparentemente già segnato, ma improvvisamente enigmatico.

Stefano Semeraro
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