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16 Mag 2016 [11:15]

L'impresa di Max Verstappen
Nella leggenda a 18 anni

Jacopo Rubino - Photo4

"Non ci posso credere", confessava Max Verstappen sul podio di Barcellona. Sì, perché nemmeno lui, che abbiamo imparato a conoscere così imperturbabile, così convinto dei propri mezzi fino a sfiorare quasi l'arroganza, poteva immaginare di conquistare il Gran Premio di Spagna di Formula 1. Di avere la folla ai propri piedi. A 18 anni e 228 giorni, distruggendo il vecchio primato di Sebastian Vettel, a dieci giorni dall'ufficialità della sua promozione dalla Toro Rosso alla Red Bull.

Vedere vincere questo adolescente ci ha reso testimoni della storia di questo sport, di un evento leggendario: difficilmente il suo record sarà mai battuto. Roba che ricorda le gesta calcistiche di Pelé, di Boris Becker nel tennis, o di Michael Phelps nel nuoto, andando banalmente a memoria. Ma non è solo il fattore anagrafico a colpire. Perché il figlio di Jos (padre-manager quasi militaresco, ma finalmente capace di commuoversi) è stato capace di andare subito fortissimo con una vettura mai guidata prima, sin dalle prove libere, praticamente senza commettere il minimo errore. Non si è scomposto nemmeno in gara, dapprima alle calcagna del compagno Daniel Ricciardo, poi nel ruolo di lepre, con la sagoma di Kimi Raikkonen negli specchietti e la consapevolezza che il successo poteva arrivare sul serio.

"Quale pressione?", aveva risposto ironicamente Max la scorsa settimana, durante un talk show televisivo, alle maggiori responsabilità che avrebbe avuto. Parole che oggi ci danno ancor più la misura della sua tempra, così come l'aver bruciato le tappe più in fretta di qualsiasi previsione. Anche di quelle del padre Jos, che un GP non l'ha mai ottenuto, o di Helmut Marko, "manovratore" delle pedine nello scacchiere Red Bull, che invece la sua scommessa l'ha già stravinta. E dire che tre anni fa Max correva ancora in kart, due anni fa era in F3, un anno fa cercava di farsi largo nella giungla del Circus, anche contro i pregiudizi e le perplessità iniziali.

Senza il disastro Mercedes l'impresa probabilmente non ci sarebbe stata, ma anche questo, forse, fa parte del cammino dei predestinati. E del resto, va sottolineato come Verstappen abbia fatto centro alla prima occasione avuta, senza sprecarla. Un po' come nel 2012, quando proprio al Montmelò fu Pastor Maldonado a sorprendere l'intero paddock. Ma se quello del venezuelano aveva da subito il sapore del caso isolato, questa volta ci sembra di aver assistito all'inizio di qualcosa di grande. Lo sanno pure i colleghi, che si sono affrettati a fargli i complimenti: lo stesso Vettel, Raikkonen (che infatti ha ricordato di aver gareggiato contro papà Jos), persino Fernando Alonso. Max Verstappen si ritrova ad essere qualcosa più di una semplice promessa. È accaduto tutto in dieci giorni, anzi, in 66 giri.

E adesso? Le aspettative saliranno alle stelle, ma da Verstappen non si potrà comunque pretendere l'impossibile: perché non sempre, ad esempio, vedremo Hamilton e Rosberg eliminarsi a vicenda. E al momento la RB12 non è comunque la vettura migliore del lotto, seppur molto competitiva. Allo stesso tempo, non sarebbe giusto dimenticarsi di Daniil Kvyat, contraltare di questa pagina epica. Retrocesso in Toro Rosso, sicuramente maltrattato, il russo ha strappato un punticino lontano dai riflettori al termine di un weekend difficile. Non potremo mai sapere se Kvyat sarebbe stato capace di fare altrettanto a Barcellona, con una Red Bull ancora tra le mani. Di sicuro il contrasto è pazzesco, con il rischio di diventare una botta ancora più forte per l'autostima di quello che è a sua volta un ragazzo di 22 anni, pure lui giovanissimo. O se non altro con l'idea di un'occasione negata, in una carriera che adesso ha bisogno di essere raddrizzata. Facciamo il tifo anche per lui.
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