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19 Ago [13:02]

Alla scoperta delle origini di Piastri,
snobbato dalla Red Bull, lanciato da Brown

Massimo Costa - XPB Images

Per chi nasce dall’altra parte del mondo, in quel continente di nome Oceania, e vuole intraprendere un’attività sportiva ad alto livello, le cose si fanno non poco complicate. La regola è una sola: prendere un aereo ed abbandonare per chissà quanto tempo la propria terra, la famiglia, gli amici, le fidanzatine. Se sei bravo a infilare un cesto o a lanciare una palla ovale, la direzione è una sola, Stati Uniti. Se te la cavi col pallone tra i piedi o con un volante tra le mani, allora si punta all’Europa. Oscar Piastri, balzato agli onori delle cronache F1 estive, appartiene all’ultima generazione di sportivi australiani che hanno varcato l’Oceano Indiano per inseguire i propri sogni.

Lui l’ha fatto da ragazzino, per correre con i kart quando aveva 14 anni. Era il 2015 ed il suo riferimento si chiamava Daniel Ricciardo, che in F1 in quel periodo impazzava con la Red Bull seminando divertimento e vittorie. Un bel traino per i giovanissimi australiani come Piastri, che combattevano nei kartdromi del loro Paese tanto lontano, eppure così fortemente presente nel Mondiale F1.

E sì, perché dal 2002, stagione che ha segnato il debutto di Mark Webber, l’Australia è costantemente rappresentata sugli schieramenti di partenza. Webber ha concluso la sua carriera in F1 al termine dell’anno 2013, Ricciardo ha cominciato nel 2011 e dopo una breve assenza di 10 gare in questo 2023, è tornato a tempo pieno con l’Alpha Tauri, mentre Piastri ha avviato la sua carriera lo scorso marzo. Sono ventidue anni consecutivi che la bandiera australiana è in F1 grazie a soli tre piloti, qualcosa di incredibile. Per non parlare dei titoli iridati di Jack Brabham, tre volte campione nel 1959-1960-1966, ed Alan Jones, 1980.

Piastri ha iniziato in sordina, con l’aiuto della famiglia, di chiare origini italiane. Erano i primi anni del Novecento quando, dalla Toscana, il signor Piastri, evidentemente non troppo felice di come andavano le cose nella terra natia, tentò la fortuna imbarcandosi per un viaggio interminabile verso Melbourne. Gli andò bene considerando la famiglia che ha creato. Lui era il trisavolo di Oscar, che in realtà l’Italia non l’ha considerata più di tanto. Suo padre, Chris Piastri, ingegnere elettronico, nel 2003 con Keith Prociuk ha fondato la HP Tuners che, come recita lo slogan, è la principale soluzione di messa a punto e diagnostica per le prestazioni post vendita delle vetture. Dall’Australia, HP Tuners si è presto sviluppata negli USA e in Europa e per anni è stato il primo sponsor di Oscar.

Se Ricciardo aveva trovato in Italia lo sbocco giusto per correre in monoposto grazie all’occhio attento di Fabio Pampado e Marco Zecchi, Piastri dopo il bel sesto posto nel mondiale Junior Kart, ha scelto la Gran Bretagna, destinazione F4 e team Arden, la squadra di proprietà della famiglia Horner, leggi Christian, team principal Red Bull. Piastri ha subito impressionato vincendo sei gare e piazzandosi secondo nel campionato vinto da Jamie Caroline, ragazzo che poi ha preso la via del Gran Turismo. Volete sapere chi si era piazzato terzo? Logan Sargeant, ora alla Williams, e già compagno di squadra di Oscar nel karting (vedi foto sotto).



A seguito di quel brillante risultato, Piastri è salito nella Eurocup Renaut rimanendo legato al team Arden e incredibilmente la Red Bul, pur avendolo praticamente in casa, non lo ha inserito nel programma Junior. Un abbaglio non da poco e che fa riflettere su come stranamente agisce il duo Horner-Marko. Piastri nel 2018 si è piazzato ottavo, precedendo di qualche punto il connazionale Alex Peroni, un altro ragazzo che dalla Australia era volato in Europa rincorrendo il sogno F1, ma con meno fortuna di Oscar. Mentre quarto aveva concluso quel Sargeant che ricorre spesso nella vita agonistica del nostro.

A fine 2018, Piastri, nuovamente non considerato da Marko e Horner, ha lasciato la Arden per passare al team francese R-Ace, che aveva appena vinto la Eurocup Renault con Max Fewtrell, sparito dai radar del motorsport da un paio di anni. Alla seconda partecipazione nella serie, e con una squadra decisamente più competitiva della Arden, l’australiano ha dato vita ad una stagione esaltante, vissuta sul filo di lana contro Victor Martins (oggi in F2). Tutto si è deciso all’ultima gara di Abu Dhabi e a spuntarla è stato Piastri, divenuto campione Eurocup Renault con ben sette vittorie e cinque pole. All’epoca vi era la regola che chi conquistava la categoria, entrava direttamente nella Academy Renault. E così è stato per Piastri che ha anche ricevuto un concreto contributo economico.



“Oscar è venuto da me alla fine di quel 2019”, racconta René Rosin, team principal Prema, “perché era intenzionato a correre per noi in F3. Abbiamo parlato e sono rimasto colpito dalla sua determinazione e dal suo modo di fare molto tranquillo”. L’ingresso in Prema rappresenta la svolta decisiva della carriera di Piastri. Curioso che sia stato un team italiano a permettere ad Oscar di “esplodere” definitivamente. Il trisavolo ne sarebbe quanto mai orgoglioso.

“Quel 2020 è stato molto difficile dal punto di vista organizzativo”, continua Rosin, “per via del Covid. Il campionato di F3 si è disputato in un breve arco di tempo, si era costantemente sotto pressione, ma qui è emersa la forza di Piastri. Sempre riflessivo, calmo, tranquillo, capace di porsi con gentilezza alle persone, mai fuori luogo soprattutto quando quella stagione ha incontrato non pochi problemi sulla sua vettura, di natura elettronica, che hanno pregiudicato alcune sue qualifiche. E ricordo come si dicesse che Oscar in qualifica non era forte, cosa assolutamente non vera perché il DRS non gli funzionava, o meglio, reagiva soltanto a tratti. E che fosse veloce in qualifica lo ha poi dimostrato in F2”.

In quel 2020 reso drammatico dal Covid, Piastri ha duellato gara dopo gara con il suo compagno di squadra: indovinate chi? Sargeant mentre il terzo pilota Prema era Frederik Vesti. Il titolo si è deciso all’ultimissima corsa del Mugello ed ha premiato Piastri, con Sargeant, va detto, estremamente sfortunato in quell’occasione tanto che Theo Pourchaire gli ha soffiato il secondo posto finale.

Alla vigilia del 2020, nella vita di Piastri è entrato il Jam Sports Management, ovvero Mark Webber, che ha curato l’accordo con Prema occupandosi della carriera di Oscar parallelamente alla Academy Alpine. Dopo il successo in F3, nel 2021 è arrivato il passaggio in F2, sempre con Prema. Compagno di squadra, Robert Shwartzman, del Ferrari Driver Academy e al secondo anno nel campionato, grande favorito. Ma Piastri gli ha dato filo da torcere e lo ha battuto senza se e senza ma, mettendo in riga anche Guan Yu Zhou, Dan Ticktum e altri piloti di buona qualità.



“Oscar dopo la vittoria in F3 non è minimamente cambiato”, spiega Rosin, “sempre calmo, sereno. Il suo metodo era semplice, cercava di capire le spiegazioni degli ingegneri, poi metteva in pratica alla perfezione i consigli. Rispettoso con tutti si è fatto ben volere. Il rapporto con lui e la sua famiglia continua tuttora. Il padre non è mai stato invasivo, sempre al suo posto e ci adora ricordando sempre che siamo stati decisivi per la carriera del figlio. Ci ha anche invitato a Melbourne per i suoi 50 anni”. Rosin poi ricorda alcuni particolari di quel 2021 in F2: “Oscar ha infilato quattro pole consecutive e ricordo ancora oggi i tempi fatti segnare nel secondo settore di Silverstone. Erano inverosimili, ma li aveva fatti… Queste pole avevano confermato che lui sa essere velocissimo sul giro secco”.

In quel 2021, in dicembre, Piastri ha svolto il suo primo test collettivo F1 con l’Alpine ad Abu Dhabi mentre col team di Enstone aveva svolto diversi chilometri con la monoposto di anni precedenti. Dunque, Piastri si presentava alle soglie della F1 con in tasca tre campionati vinti consecutivamente: Eurocup Renault, Formula 3, Formula 2, ma ciò incredibilmente non è bastato per portarlo in F1 da parte dell’Alpine che lo ha messo in panchina. Una stagione nel paddock F1 a condividere i briefing con gli ufficiali Fernando Alonso ed Esteban Ocon.

Un anno fa, Webber si aspettava da Alpine la conferma che per il 2023 sarebbe arrivato il passaggio a pilota nel Mondiale F1. Ma i vertici della squadra, Laurent Rossi (CEO) ed Otmar Szafnauer (team principal) tentennavano convinti a confermare Alonso e Ocon. Webber, che è uno scaltro, non poteva certo accettare che il suo assistito rimanesse un altro anno fermo ed ha accolto la corte sfrenata che da diverso tempo gli faceva Zak Brown della McLaren. Tutto è accaduto nei primi giorni di agosto 2022: Alonso ha tradito l’Alpine firmando per la Aston Martin senza neanche comunicarlo a Szafnauer e il team ha allora comunicato, senza contattare Webber, senza una firma su un contratto, che Piastri sarebbe stato il compagno di Ocon nel 2023.

Ma Piastri aveva già firmato per la McLaren. Un clamoroso autogol della Alpine. Il presidente Renault Luca De Meo si è indignato, non per la dormita dei suoi uomini, ma per il voltafaccia di Webber e Piastri. Poi, abbiamo visto come è finita in casa Alpine nei giorni scorsi, con il CEO Rossi (considerato da Alain Prost un incapace) licenziato assieme a Szafnauer, al progettista Pat Fry, al direttore sportivo Alan Permane. Il tutto durante il weekend del GP del Belgio, una mossa veramente inusuale. Col senno di poi, considerando la non competitività della monoposto Alpine e il salto in avanti della McLaren, il passaggio a casa Brown di Piastri è stato quanto mai perfetto.

Pur con un anno di stop, Piastri appena ha avuto la possibilità di guidare una vettura veloce, affidabile, ha subito saputo esprimersi al livello del più esperto compagno di squadra Lando Norris. Nel Q3 a Jeddah, Montmelò e Montreal, Piastri con la McLaren adeguatamente sviluppata in qualifica è risultato terzo a Silverstone, quarto a Budapest e quinto a Spa. E in gara è risultato quarto in Gran Bretagna e quinto in Ungheria mentre in Belgio alla prima curva dopo il via è stato centrato da Carlos Sainz che ha tagliato la pista da sinistra a destra come se gli altri non esistessero. Piastri non sta che confermando tutto quanto di buono mostrato nelle serie inferiori.

E quello che impressiona è che nonostante un anno senza percorrere chilometri al volante di una monoposto di F1, sia già a livello, se non oltre, di Norris, considerato a ragione un gran talento. Dove potrà arrivare Piastri? Soltanto il tempo ce lo dirà e intanto l’Australia è già esaltata dalle sue gesta, ma ponendosi una domanda: diventerà un Webber, un Ricciardo, vincenti sì, ma non iridati, o un giorno riuscirà a portare il titolo mondiale in patria come fecero Jack Brabham ed Alan Jones?