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1 Giu 2005 [13:29]

INTERVISTA A FABIO BABINI
«La Maserati stressa meno il fisico
e questo è decisivo a fine gara»

Quattro terzi posti in quattro gare. Una media incredibile che vale il primo posto nel campionato FIA GT. Questo il cammino 2005 di Babini-Biagi, la nuova coppia del mondiale che si alterna su una Maserati MC12 del team tedesco Vitaphone. Se Biagi ha già vinto il titolo nel 2003 ed è quindi abituato a certe vette, non si può dire altrettanto per Fabio Babini. La sua carriera è qualcosa di incredibile, un esempio da imitare per i giovani piloti che troppo spesso non combattono, non vogliono faticare, per raggiungere un obiettivo pensando che tutto sia loro dovuto. Babini, 36 primavere, è ormai da quattro anni uno dei piloti più apprezzati del mondiale GT, un punto di riferimento importantissimo per la Pirelli che ne ha scoperto le qualità tecniche e velocistiche rilanciandolo come meritava.
Penserete che un pilota al comando di una serie iridata tanto importante come il GT, nei giorni seguenti a una gara come quella di Imola si riposi a Monte Carlo, oppure sia impegnato in pubbliche relazioni o quant'altro. Beh, allora non conoscete Fabio. Italiaracing lo ha rintracciato nella officina gestita dal padre mentre, con la tuta da meccanico sporca di olio e le mani completamente nere, battagliava con una signora che pretendeva di avere in tempi brevi la propria malandata Fiat 127. Incredibile questo Babini che negli anni Novanta prometteva molto in F.3, ma il budget scarso lo costrinse alla resa. Sparito dal giro che contava, il pilota di Faenza apparve di tanto in tanto in gare di contorno, quelle che nessuno mai guarda. Là in mezzo a prendersi a sportellate con agguerriti gentleman. Poi l'opportunità di tornare in monoposto, nella F.3 russa. Tre stagioni nel profondo Est, un piede messo nel FIA GT. E intanto un lavoro come istruttore in vari corsi di guida. Di Babini si inizia a parlare nuovamente come dieci anni prima. Va forte e trova un posto nel GT francese. Poi disputa due fantastiche 24 Ore di Le Mans con una Porsche 911. Piace, è velocissimo, la Pirelli ne apprezza le doti tecniche e non se lo farà più scappare. Entra nel gruppo N del FIA GT poi Paul Belmondo lo prende per il FIA GT e lo "accoppia" a Marc Duez. E' la definitiva consacrazione che arriva con la vittoria di Silverstone su una Viper. Pochi mesi, ed ecco Giampaolo Coppi che lo prende con sè per guidare le Ferrari, infine la Maserati.

- Sembra una favola Fabio. Ma è vero tutto ciò. Ti dai dei pizzicotti ogni tanto?

«Ogni tanto. Sì, penso che ho vissuto, sto vivendo, una fantastica favola. Però ritengo che nulla mi è stato regalato, non è che mi sono alzato una mattina e mi sono ritrovato seduto dentro a una Ferrari o a una Maserati. Dopo avere dovuto abbandonare la F.3, ho continuato a correre in gare impossibili soltanto perché spinto dalla passione. Non mi interessava se erano corse di quarto livello, se i rivali erano anziani e sconosciuti. L'importante era andare in pista, sentirmi un pilota. E farlo sempre nel migliore dei modi. Ripeto, la parola chiave si chiama passione. E' quella che mi ha portato in Russia e a partecipare alle più disparate categorie in Europa con tanti tipi di vetture».

- Finché...

«Finché nel 2000 sono stato trascinato in ambito Pirelli da persone che credevano in me. Il mio lavoro è stato apprezzato e così sono entrato a far parte di team del FIA GT gommati Pirelli. Crescendo sempre di più, gradino dopo gradino, fino ad arrivare alla incredibile Maserati. Una cosa che mi rende orgoglioso è che posso girare per il paddock a testa alta, nel senso che non ho nemici, non ho mai lasciato persone scontente. Ora corro per la Vitaphone, ma potete trovarmi sotto altre tende a mangiare o scherzare. Mi apprezzano per come sono e questo mi rende felice».

- Un passo indietro. Ricordo una incredibile 24 Ore di Le Mans quando all'ultimo giro ti prendesti a sportellate esaltando i 200.000 spettatori sulle tribune.

«Memorabile. Mi giocai la vittoria di classe all'ultimo giro dopo 24 ore. Ma ti rendi conto? Poi ci fu quel contatto, lo sportello che si aprì, una cosa che è rimasta nei filmati di quella edizione. Quando correvo in Russia ricordo che una volta rimasi alzato quasi tutta la notte per seguire su un canale satellitare la 24 Ore di Le Mans. Mi ripetevo che sarebbe stato fantastico correrla. Al ritorno da Mosca, feci scalo a Parigi, e in aeroporto incontrai diversi piloti che arrivavano da Le Mans. C'erano Riccitelli, Schiattarella, Caffi. Li invidiavo e al tempo stesso li ammiravo. Parlai con loro, mi raccontarono tante cose. Beh, l'anno dopo ero io a correre a Le Mans e anche nel 2001 quando ho vinto la mia classe».

- Basta con i ricordi. Parliamo allora di questo primo posto nel mondiale, sempre che non arrivi la proprietaria della 127...

«Non siamo partiti con l'idea di dover essere a tutti i costi i dominatori del campionato. Certo, sia io sia Thomas Biagi siamo consapevoli di disporre di una vettura in grado di vincere, ma è anche vero che il campionato presenta equipaggi tostissimi. La Ferrari di Lamy-Gardel, la Maserati di Bertolini-Wendlinger e dei nostri compagni Bartels-Scheider per esempio. Poi ci siamo imbattuti nelle Aston Martin e nella Corvette, che sapevamo essere molto forte. Quindi per ora non possiamo che essere soddisfatti di ritrovarci primi e soprattutto di avere conquistato quattro podi su quattro gare. Potevamo vincere a Monza e a Magny-Cours, ma si sono verificati imprevisti e comunque abbiamo concluso al terzo posto».

- La Maserati è la prima vettura che guidi in grado di portarti a grandi risultati.

«E' vero. Quest'anno con la stessa fatica che ho sempre fatto nel condurre le Viper, le 550 e le 575 mi ritrovo in testa alla classifica. Devo dire che conta molto l'esperienza accumulata in questi anni però è una sensazione bella poter guidare una vettura al massimo, non mollando mai, sapendo che ti può portare alla vittoria. Con questo, sia chiaro, non critico il passato. Anzi, con la 575 nel 2004 abbiamo ottenuto ottimi risultati rischiando anche di vincere. Ma la Maserati stressa meno il fisico e alla fine della gara sono nettamente più lucido. E questo è determinante».

- Un romagnolo e un emiliano, Biagi, in una squadra tedesca.

«La squadra è molto serena, c'è un bell'ambiente. Tutti hanno una gran voglia di fare, di lavorare e il bello è che al briefing partecipano tutti i piloti e non ci si nasconde niente. Biagi è molto bravo, veloce, rispetta la meccanica. Quando mi consegna la vettura è sempre perfetta».

Massimo Costa
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