6 Mag 2008 [16:14]
Il Tema - Vita impossibile
per i piccoli team di F.1
La Super Aguri si è arresa. Il mondiale di F.1 non ne sentirà la mancanza anche se un bel gruppo di persone si ritrova senza lavoro. Questo fine settimana a Istanbul ci saranno 20 monoposto anziché le 22 viste nelle ultime due stagioni, ma poco cambierà. La Super Aguri non aveva peso politico e sportivo, non faceva impazzire i fans, non aveva mercato e il 99 per cento dei milioni di telespettatori che seguono la F.1 in TV non noteranno l'assenza di Takuma Sato e Anthony Davidson. Giapponesi a parte ovviamente, che adorano Sato in forma quasi maniacale.
Il ritiro della Super Aguri, team satellite della Honda voluto dall'ex pilota di F.1 Aguri Suzuki, è l'ennesimo campanello d'allarme che risuona nel paddock. Non lo scopriamo certo ora, con la triste dipartita della squadra che aveva come team manager Daniele Audetto, ma una volta di più si è dimostrato come sia impossibile poter gestire un team di F.1 se non si ha alle spalle un gruppo automobilistico. Non c'è soluzione. Resiste Dieter Mateschitz, al quale prima o poi bisognerà dedicare un monumento per il suo impegno nel mondo delle corse che va ben al di là della F.1, con la sua Red Bull.
Ma anche "l'imperatore" austriaco della bevanda più famosa al mondo dopo la Coca Cola, dovrà dimezzare la propria presenza in F.1 entro breve. La Toro Rosso infatti, nata dalla ceneri della Minardi di Paul Stoddart (il quale a sua volta la ereditò dal fondatore Giancarlo Minardi), dovrà arrendersi quando il regolamento della F.1 impedirà di utilizzare chassis realizzati da altri (Toro Rosso si basa sui telai dei cugini della Red Bull). Mateschitz sta cercando compratori, ma troverà qualcuno in grado di sopportare il peso economico che la F.1 odierna richiede?
Honda e Suzuki hanno fermato il giocattolo Super Aguri, non cedendo al poco consistente Weigl Group, per evitare l'inizio di una telenovela stile Jordan. Ricorderete. Quando Eddie Jordan ha lasciato il mondiale, ultimo assieme a Minardi a rappresentare la vecchia guardia dei piccoli assemblatori, ha venduto tutto ad Alex Shnaider nel gennaio del 2005. L'imprenditore russo, ma che viveva in Canada, ha chiamato il team Midland e sembrava molto convinto di quel che faceva. Subito si è sbandierato l'arrivo di Shnaider come l'inizio di un nuovo filone di ricchi in arrivo dall'est, come l'ingresso in F.1 della potente lobby economica russa, ma così non è stato. I russi con i soldi hanno puntato i loro dollari sul calcio e Shnaider, male informato da chi lo aveva invitato a comprare la Jordan, dopo pochi mesi ha capito che non avrebbe mai ottenuto soddisfazioni in F.1, che sarebbe stato impossibile competere ad armi pari contro Ferrari, Mercedes, BMW, Renault, Toyota e Honda.
E allora, Shnaider ha ceduto tutto a una cordatina olandese, Spyker, già nel settembre del 2006. Un piccolo costruttore di auto sportive che ha tentato di entrare a far parte dell'elite attraverso la F.1, ma ben presto ne è stato inghiottito, e anche Spyker ha alzato bandiera bianca dopo dodici mesi. Si è allora fatto avanti Vijai Mallya, indiano. Altro uomo dal portafoglio pesante, titolare di numerose aziende di successo, che furbescamente ha voluto portare in F.1 il nome di un Paese intero, il suo: l'India. Ecco quindi la Force India. Ma Mallya quanto durerà? Lui la sta mettendo giù con i sentimenti nazionalistici e sembra molto coinvolto nel progetto F.1. Diverrà il nuovo Mateschitz, d'oriente, o l'ennesimo disilluso stile Shnaider e Suzuki?
In tutto questo non si può non pensare che la morte della Super Aguri sia stata diabolicamente orchestrata dagli inglesi del team Honda, che non volevano di mezzo un team satellite. Che magari, come capitava nel 2007, gli stava pure davanti. Nick Fry aveva chiamato l'amico del Magma Group Martin Leach per salvare Super Aguri. Sembrava tutto fatto, grazie ad una finanziaria di Dubai, poi sul più bello ecco che dal Medio Oriente fanno sapere che hanno cambiato idea. Il Magma Group si dissolve, e la Super Aguri chiude. Pura dietrologia? O un piano di omicidio perfetto?
Massimo Costa
Immagine Ideaplan