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23 Lug 2018 [17:23]

Regole applicate a piacere
Il caso Hamilton fa discutere

Stefano Semeraro

Penalità sì, penalità no.... che sia la Formula 1 dei cachi? Una terra dove le regole ci sono, ma contano il giusto, e si possono applicare a piacere? Pare di sì, se si pensa (anche) al caso Lewis Hamilton ad Hockenheim. Il campione del mondo, e la Mercedes stessa, come scrivono i commissari di gara nella motivazione della (mancata) sanzione, declassata a 'reprimenda', hanno ammesso di aver compiuto un'infrazione attraversando la linea d'ingresso nei box.

«Ma il team ha spiegato l’errore con la confusione del momento, il pilota ha ammesso l’errore e non c’è stato pericolo per gli altri piloti», spiegano sempre gli stessi commissari, rendendo evidente il margine di arbitrarietà che esiste nell'applicazione del regolamento. Sia chiaro: penalizzare Hamilton per un errore non suo, togliendogli la vittoria, sarebbe stata un'ingiustizia ancora più grave. Ma è ormai chiaro che
1) ad ogni GP ne salta fuori una nuova
2) chi prende le decisioni spesso fatica a motivarle in maniera trasparente per gli appassionati
3) che alcune spiegazioni sfiorano il ridicolo – vedi in questo caso l'appello alla 'confusione': ma diciamo sul serio, o scimmiottiamo le aberrazioni del calcio con il famoso 'fallo di confusione'?...
E che, 4) di conseguenza, nessuno ci capisce più nulla.

Serve più linearità, più trasparenza? Senza dubbio. Servono pene certe, ben differenziate a seconda della gravità della colpa, e un metro di giudizio uniforme? Ci mancherebbe. Siamo tutti d'accordo. Ma non è così facile come sembra. Se ti affidi alla lettera del regolamento, senza modulare la decisione in base alle situazioni, rischi di applicare meccanicamente la norma, che magari è un cavillo, trascurando la realtà dei fatti. Esempio: nel pieno della bagarre a Baku, e in tutta tranquillità durante una safety-car ad Hockenheim, manovre analoghe sono sostanzialmente diverse per quanto riguarda la pericolosità.

Se invece ti affidi alla ragionevolezza di chi giudica (che però non è sempre la stessa persona...), e invochi una applicazione non rigida, modulata, ragionata, delle regole, ecco che ti esponi all'accusa di voler 'aggiustare' qualcosa, di non essere trasparente. Senza contare che il passato dei commissari inevitabilmente rischia di entrare in gioco: se in Germania l'ex-ferrarista Mika Salo si fosse battuto, con piena onestà di intenti, per penalizzare Hamilton, di sicuro avrebbe scatenato una polemica ancora peggiore.

A scontrarsi, inoltre, sono due mentalità diverse. Quella latina, per cui valgono i codici, i commi, le attenuanti generiche e le aggravanti del caso: purché siano scritte da qualche parte nel Libro. E quella anglosassone, per cui contano invece la consuetudine, i precedenti. In altre parole: in un caso simile si è proceduto così? Bene, allora ci si comporti nella stessa maniera. Mica facile, insomma, i pro e i contro si trovano sia da una parte sia dall'altra.

Che fare? Be', tanto per cominciare basterebbe una piccola norma di buonsenso: se è stato il team a sbagliare, che sia il team a pagare. Una regola che dovrebbe essere applicata anche quando un pilota viene penalizzato perché il team decide di cambiare il motore (o la trasmissione, o un componente elettronico) più delle volte consentite. Se ad Hockenheim, invece di invocare la confusione, si fossero tolti punti alla Mercedes, e non ad Hamilton, si sarebbero presi due piccioni con una sanzione: nessuna ingiusta penalizzazione per l'incolpevole pilota, e una penalità giustificata e accettabile per il team 'confusionario'.

Tutti contenti. O quasi...
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