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7 Nov [0:18]

Il sesto senso di Hamilton,
campione senza confini e limiti

Massimo Costa

Il sesto senso di Lewis Hamilton. Chi lo ferma più. A un passo dal non più inarrivabile Michael Schumacher, che di mondiali ne ha conquistati sette scavando un fossato enorme con gli altri grandi che hanno scritto la storia della F1: Alain Prost, fermatosi a quattro come Sebastian Vettel, che però ha tutte le intenzioni di andare oltre. Niki Lauda, Nelson Piquet, Ayrton Senna, che di titoli iridati ne hanno vinti tre e pareva un risultato incredibile. Poi, è arrivato lui, Hamilton. Il ragazzino nero che ha infranto tutte le barriere, che ha reso possibile l’impossibile.

Lewis, che è cresciuto in una cittadina britannica a nord di Londra, Stevenage, in una famiglia modesta, mamma bianca e un papà che gli ha dato il nome di quello che all’epoca era l’uomo più veloce del vento, Carl Lewis, gli ha donato il colore della pelle, lo stesso sorriso, la passione per le corse. Era Anthony che gli preparava il kart al ritorno del lavoro (e ne faceva anche due per guadagnare qualcosa in più per pagarsi gomme e motori), lui che lo portava in giro per le piste inglesi, lui che gli insegnava a combattere mandandolo anche a scuola di karatè perché a scuola non mancavano i bimbetti che lo prendevano in giro in quanto nero e di lontane origini. Anthony ha poi voluto essere il suo manager quando il figliolo da lui costruito, è diventato una stella, ma ha finito col rovinare il bel rapporto che avevano. Se il padre diventa troppo invasivo, se diventa il controllore delle tue spese, della tua vita, la rottura è inevitabile.

Hamilton ha dovuto sopportare anche la separazione dei propri genitori, avvenuta quando era piccolo, quando si batteva con i kart contro i coetanei che avevano mezzi ufficiali, mentre lui arrivava sulle piste col carrettino attaccato alla macchina. Ne ha passate tante Lewis nella sua vita, ma aveva un solo pensiero: diventare il migliore con un volante in mano. Una volta disse: “Quando ero ragazzo, per concentrarmi sulle corse praticamente non ho avuto una vita sociale”. E’ così, e non solo per lui. Chi crede ciecamente in quello che fa, nel proprio sport, nella propria passione, ed ha la fame e la determinazione necessaria, il rispetto per sé stesso e per chi lo segue credendo in lui, difficile che trovi anche lo spazio per dedicarsi agli amici, alle feste, alle uscite serali. Non sono ammesse troppe distrazioni se vuoi raggiungere livelli superiori. E lui ha sempre saputo bene come comportarsi.

Fin da quando a soli nove anni, e già manovrava il kart, ad un party di fine stagione in cui per qualche motivo era stato invitato assieme al padre, vide Ron Dennis. Era il 1994 e il team principal della McLaren era reduce da mondiali su mondiali vinti con Prost e Senna, drammaticamente scomparso pochi mesi prima. Il piccolino si avvicinò a quell’uomo che gli deve essere sembrato alto come un pivot di basket, e con la scusa della richiesta di un autografo gli buttò la: “Io corro in kart, mi aiuta a correre?”. Dennis, sorpreso, gli ha chiesto il nome, gli ha sorriso e gli ha risposto di ripassare dopo qualche anno e qualche successo importante conseguito. Non è una favola, perché ci assomiglia molto, ma la storia vera. Dennis aveva preso un appunto su quel ragazzino di colore, buffo quanto coraggioso, e si è messo a seguirlo a distanza. Dopo pochi anni, Hamilton è entrato a far parte della squadra kart AMG collegata alla McLaren. E da quel giorno, Lewis è stato un pilota di Dennis e della Mercedes, un marchio che ha segnato il suo destino.

In kart era uno dei migliori ed aveva un compagno di nome Nico Rosberg. Che aveva tutto: un papà campione del mondo F1, la casa a Montecarlo, tanti soldi. Ma lui lo batteva in pista. Poi, il salto in monoposto, le vittorie nei campionati della F.Renault britannica, nella F3 europea, nella GP2. Una scalata inesorabile e per lui pagavano gli altri, con Dennis che non si perdeva una notizia su di lui. Finché, senza tanti se e tanti ma, lo ha portato al debutto in F1 nella memorabile stagione 2007. Quella in cui Hamilton ha lottato fino all’ultimo per vincere il campionato del mondo al debutto in F1, senza riuscirci per un soffio. Un record. E mandando in crisi il compagno di squadra Fernando Alonso, franato psicologicamente. Dennis ci aveva giusto e, soprattutto, quel ragazzino piccolo piccolo che si era presentato davanti a lui, non aveva raccontato balle. Dodici mesi dopo, Hamilton si è preso la rivincita con gli interessi vincendo il suo primo titolo iridato all’ultima curva dell’ultimo giro dell’ultimo Gran Premio a San Paolo. Roba da infarto, soprattutto per lo sconfitto Felipe Massa, campione per qualche metro con la Ferrari.

Lewis all’epoca era fidanzato da qualche tempo con la cantante Nicole Sherzinger. Un lungo rapporto, anche tumultuoso, durato dal 2007 al 2015. E’ lei che inevitabilmente lo ha inserito nel mondo della musica, sua grande passione tanto che ha anche provato a incidere qualche canzone, e nel tempo si è costruito legami di amicizia con rapper americani e con Justin Bieber. Dopo di che, conclusa la lunga storia d’amore che lo deluse molto, solo flirt, veri o presunti. Tra questi, quello breve con la prosperosa modella Veronica Valle, che a storia finita non ha mancato di raccontare al Sun particolari non proprio positivi su di lui. Poi, è stato accostato ad altre cantanti, come Rihanna e Rita Ora, alle sorelle Gigi e Bella Hadid, entrambe modelle, poi la sciatrice Lindsey Vonn (gossip poco credibile) e infine alla rapper Nicki Minaj, con foto recenti che dimostrano un certo feeling. Ma Hamilton non sembra cercare un rapporto duraturo sullo stile di quello con Nicole. Dove va, ha le sue storie. Nulla di ufficiale, nulla da raccontare, nessuna da presentare alla mamma per intenderci…

Ma torniamo alle corse. Hamilton dopo quel suo primo mondiale, ha vissuto tra al ti e bassi concludendo i campionati successivi, sempre disputati con la McLaren, tra il quarto e il quinto posto. Venendo anche battuto da Jenson Button, suo compagno. Combattuto con se stesso sul futuro in F1, Hamilton ha stupito tutti quando verso la fine del mondiale 2013 ha deciso di abbandonare Ron Dennis per abbracciare la Mercedes di Ross Brawn e Toto Wolff, un accordo fortemente voluto da Niki Lauda. Il team con sede a Brackley, da rilevare che sia Woking sia Brackley (paesi noti per essere le sedi di McLaren e Mercedes), in linea d’aria non sono a più di un’ora da Stevenage, la sua cittadina natale che comunque ha abbandonato presto per trasferirsi a Londra, poi a Montecarlo, poi in giro per il mondo.

La scelta Mercedes non appariva particolarmente azzeccata, ma nel 2014, con l’ingresso delle power unit, è cominciato il dominio. Vittorie su vittorie, pole su pole, due mondiali vinti consecutivamente nel 2014 e 2015, nessun avversario se non il compagno di squadra Rosberg mai temuto, già proprio il ragazzo con cui condivideva la tenda nel karting. La consapevolezza di essere nettamente superiore a Nico, gli ha però giocato un brutto scherzo nella stagione 2016. Reduce dalla rottura con la Sherzinger, Lewis si è lasciato un po’ andare e complice la rottura del motore nel GP di Malesia che gli ha tolto 25 punti secchi, ha perso il mondiale. Una lezione vera quella impartita dal compagno di squadra, il quale talmente sfinito per l’ardua sfida intrapresa con Hamilton e consapevole che non sarebbe più riuscito a ripetersi su quei livelli, ha deciso di abbandonare le corse. Tra i due piloti Mercedes infatti, il 2016 è stato caratterizzato da dispetti, incidenti, colpi bassi, giochetti psicologici che hanno sfiancato Rosberg, non certo Hamilton, campione anche in questo “settore”.

La sberla ricevuta però, gli è servita. Perché il Lewis Hamilton che è entrato in pista nel 2017-2018-2019 è parso nettamente superiore a quello che conoscevamo. Il ragazzo inglese ha alzato ancora di più l’asticella dei propri limiti ed ha dovuto farlo anche perché ingaggiato nel duello con la Ferrari di un Sebastian Vettel che era al suo livello. Al netto degli errori compiuti dal tedesco che, come ben sappiamo, si è infilato nel 2018 in un tunnel senza fine, in diverse occasioni tra il 2017 e appunto il 2018, Lewis e Seb hanno recitato uno spettacolo bestiale, di altissima qualità. Hamilton è migliorato ancora di più nella visione delle gare, nella gestione delle gomme, nel giro secco della qualifica. E adesso, al termine di un 2019 in cui non ha avuto rivali veri per la lotta iridata (un po’ come nel 2014 e 2015), Hamilton vola alto come nessun altro.

Il bello di Lewis è che nella sua carriera non si ricordano manovre sporche nei momenti clou della stagione. Nessun collega buttato fuori, per intenderci, come invece hanno fatto Senna e Schumacher rispettivamente con Prost a Suzuka e Hill ad Adelaide nelle gare decisive per l’assegnazione del titolo, o quella manovra goffa del tedesco nei confronti di Villeneuve a Jerez 1997, quando a festeggiare l’iride è poi stato il canadese. Ecco, Hamilton non si è mai dovuto sporcare le mani, ma ha sempre lavorato sulla psicologia. I suoi numeri sono spaventosi: su 248 Gran Premi disputati, ne ha vinti 83, appena 8 in meno di Schumacher che pareva il leader indiscusso di tale graduatoria. Poi, Lewis è divenuto il re assoluto delle pole, 87, lasciando Schumi a 68, Senna a 65, Vettel a 57, l’unico in attività come lui ad essere a queste quote. Insomma, Hamilton è senza dubbio il più grande pilota degli ultimi dieci anni e se, come pare, proseguirà ancora per qualche anno nella sua infinita carriera, diverrà senza dubbio il più grande di tutti i tempi.

Autosprint