15 Mar 2005 [7:24]
Intervista a EMANUELE PIRRO
I nostri avversari principali?
I compagni Lehto e Werner
Sabato, con la 12 Ore di Sebring, scatta l’American Le Mans Series e tra i suoi protagonisti la categoria che annovera vetture Prototipi, GTS e GT ritrova in pianta stabile Emanuele Pirro. Il romano, 43 anni, guiderà l’Audi R8 del team Champion in compagnia del compagno di una vita Frank Biela e di Allan McNish. E’ una lunga storia quella di Pirro con la R8 e con l’Alms, culminata nel successo del 2001 quando l’ex pilota di F.1 di Scuderia Italia e Benetton fece suo sia il campionato americano sia la 24 Ore di Le Mans, quest’ultima conquistata anche nel 2000 e nel 2002. Il ritiro dell’Audi ufficiale dalle gare Prototipi ha comunque mantenuto Pirro nell’orbita della Casa tedesca e dopo un 2003 sotto tono lo scorso anno è tornato in grande stile nel DTM con la A4. Ma i risultati sono mancati. Ora, il ritorno sulla sua vettura preferita:
“Sì, c’è proprio un legame affettivo tra me e la R8 e non potevo non correre con lei quest’anno visto che alla fine della stagione questo fantastico prototipo andrà in pensione per sempre”.
- Sarà una lotta accesissima con i vostri compagni di team Lehto-Werner.
“Sarà dura. Loro sono i campioni in carica della categoria e godono di un vantaggio nei nostri confronti essendo nel team Champion già da tempo e quindi conoscono alla perfezione i meccanismi e gli ingranaggi della squadra. Hanno anche gli stessi meccanici. Per me e Biela sarà tutto nuovo, ma ho già potuto vedere nei test pre campionato che l’armonia è positiva e la gente che ci seguirà è tutta qualificata”.
- Mancavi dagli USA da due anni. In questo periodo, l’Alms è stata superata in quanto a popolarità dalla Grand Am. Qual è il tuo punto di vista?
“La Grand Am la conosco poco, ma leggendo i nomi dei partecipanti alla 24 Ore di Daytona del mese scorso devo ammettere che ha compiuto un gran balzo in avanti. La cosa negativa, mi dicono, è che le macchine sono poco performanti e anche piuttosto bruttine. La famiglia France però nelle corse americane è una potenza e il loro apporto si sta rivelando importante per la crescita della Grand Am”.
- Vedremo mai Pirro nella Grand Am?
“Il mio futuro è legato all’Audi ed io sarò ben felice di correre dove sarà questo marchio”.
- Ti vedremo invece alla 24 Ore di Le Mans dove tenterai di portare a casa il quarto successo.
“E’ la gara più importante del mio 2005. Punto a portare alla vittoria il team Champion che a Le Mans non ha mai conquistato il primo posto. Certo, so bene che è impossibile fare pronostici per quella corsa, troppi sono gli imprevisti che si creano, ma…”.
- Hai 43 anni e l’entusiasmo di un pilota alle prime armi. Tutto ciò è affascinante.
“Non li sento proprio questi 43 anni. Sto bene, in macchina non ho mai avuto cali fisici o di concentrazione, la motivazione è sempre tanta così come la gioia di infilarmi il casco in testa. Sinceramente non l’avrei mai pensato di arrivare a questa età così carico e desideroso di continuare a correre. Forse il segreto è stato quello di tenere sempre i piedi in due categorie e di non lavorare esclusivamente sulla F.1. Questo mi ha permesso di costruirmi un nome nelle serie Turismo così quando sono rimasto fuori dal giro del mondiale, non mi sono trovato spaesato come capita a tanti, ma al contrario in una situazione di lusso con le vetture a ruote coperte. E’ vero che ai tempi in cui gareggiavo per Benetton o Scuderia Italia, il saltare da una vettura di F.1 a una può avermi tolto un po’ di concentrazione, ma col senno di poi, scelta migliore non potevo fare. Magari se puntavo tutto sulla F.1, ora sarei senza volante già da qualche anno…
- La F.1 continui a seguirla?
“Quando posso sì e se non vedo i GP in televisione mi informo sui giornali. Ho pur sempre diversi amici all’interno di quel paddock anche se negli ultimi anni vi è stato un notevole rinnovo tra piloti, meccanici, team manager eccetera.”
- Hai mai pensato, come fanno alcuni tuoi colleghi, di dedicarti alla crescita di alcuni giovani talenti?
“Sì, l’idea mi ha accarezzato in più di una occasione, ma a bloccarmi è sempre stata la mia incapacità nel reperire sponsor. Che aiuto potrei dare a un ragazzo senza la disponibilità di sponsor? Mi è capitato di dare dei consigli a dei giovani piloti e sono molto dispiaciuto che il nostro sport non sempre riesce a dare ai più bravi l’opportunità di emergere come invece capita nelle altre discipline come il calcio o l’atletica e via dicendo. Qui ci vogliono i soldi e questo mi fa stare male”.
- Parliamo del 2004, del DTM. Un’annata da cancellare?
“E’ stato il peggior anno della mia lunga carriera, in termini di risultati. L’errore fondamentale è stato nel debuttare nel DTM con un team nuovo. Sia a me sia a loro mancava l’esperienza nella categoria e dovevamo sempre rincorrere. Però attenzione: ho detto sì che è stata la mia più brutta stagione, ma non per questo non mi sono divertito. Il campionato è stato bello, le gare pure e il livello dei partecipanti elevatissimo. Il feeling in squadra, nonostante le poche soddisfazioni, è sempre stato eccellente e gli uomini di Joest hanno apprezzato il mio lavoro. Non ci si guardava in cagnesco ecco, e non ci si attribuiva colpe. Questo è stato molto importante”.
- Strano Paese l’America: due categorie per monoposto, due per Prototipi e GT.
“Sembra che ci sia sempre qualcuno che si inventa qualcosa di nuovo per fare le scarpe ad altri… E’ controproducente che vi siano la Indycar e la Champ Car, l’American Le Mans Series e la Grand Am. Così si portano via risorse umane ed economiche ed anziché avere un’unica categoria fortissima se ne hanno due deboli. Un vero peccato e il brutto è che non vedo all’orizzonte segnali di unificazione”.
Massimo Costa
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Intervista realizzata sabato 12 marzo 2005