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13 Lug [21:49]

La confusione di Binotto,
la signorilità di Vettel

Massimo Costa

E' una Ferrari sempre più incomprensibile quella che vediamo da un paio di anni. Una Ferrari che non sembra avere una via politica ben definita (come non dimenticare la famosa "prova" documentata del commentatore televisivo ed ex pilota Karun Chandhok per scagionare Sebastian Vettel dalla penalità nel GP del Canada 2019, roba che neanche Totò), una via tecnica certa, una guida sicura e ferma. Chi comanda nel team di Maranello? Esiste, per esempio, un direttore tecnico? Esiste un capo che sprona la squadra? 

L'attuale Ferrari è figlia del totale fallimento della cosiddetta struttura orizzontale voluta dal compianto Sergio Marchionne. Qualcuno avrebbe dovuto spiegargli che in F1 una squadra ha bisogno di un comandante in ogni ruolo , un punto di riferimento per chi lavora nella parte sportiva e per chi opera nella parte tecnica. Marchionne irrideva gli ingegneri di nome, di fama, e questo è il risultato. La Ferrari è dispersa in mezzo al mare, la Mercedes condotta dall'ex Ferrari James Allison, ritenuto non più utile dal suddetto Marchionne, troneggia ovunque.

Al di là delle qualità umane della persona, Mattia Binotto è stato nominato team principal dal giorno alla notte, ma come abbiamo già sottolineato diverse volte, può un uomo che da sempre ha ricoperto il ruolo di ingegnere, trasformarsi come niente fosse in consumato capitano di un'armata che va a combattere una guerra mondiale contro dei colossi? Prendere le redini di una squadra, diventare un Jean Todt o uno Stefano Domenicali (che per anni ha appreso i segreti del ruolo proprio dall'attuale presidente FIA)? Una storia che ricorda quella vissuta con Maurizio Arrivabene, inventato team principal come niente fosse. 

D'accordo, Flavio Briatore della F1 nulla sapeva, ma ha fatto la storia della Benetton e della Renault. Ross Brawn era un ingegnere, eppure si è trasformato in abilissimo direttore di squadra e stratega in Ferrari, creando la Brawn subito campione del mondo e poi dirigendo la Mercedes. Ed ora è uno dei massimi dirigenti di Liberty Media. Ma stiamo parlando di eccezioni che confermano la regola.

C'è una frase detta da Binotto che spiega molto dell'attuale Ferrari: " Non è il momento di cercare colpevoli”. Ah no? E quando sarebbe il momento se non nelle situazioni di grave crisi. La SF1000 è una monoposto nata male, e già lo era anche quella del 2019. Due anni, due monoposto fallimentari. Con la gravissima ombra di una power unit che nella metà del 2019 ha improvvisamente schiacciato gli avversari, salvo poi ritornare nelle posizioni poco nobili della classifica dopo le polemiche lanciate dagli altri team e le prime verifiche FIA. 

La Ferrari sta collezionando figuracce colossali sia dal punto di vista politico sia dal punto di vista sportivo, per non parlare di quello dell'immagine, ridotta ai minimi termini con Toto Wolff e Christian Horner che la irridono. Eppure Binotto dice che non bisogna cercare colpevoli. Forse perché il primo della lista sarebbe lui? Che vuole essere team principal e direttore tecnico. Binotto ha diviso i ruoli in cinque capi settore con Cardile (telaio), Togninalli (ingegneria in pista), Gualtieri (motori), Mekies (direzione sportiva) e Resta (progettazione).

Ma a chi rispondono se Binotto è preso da altre faccende da team principal? Quando serve una decisione rapida, chi la prende? E qui si ritorna al punto di inizio: la struttura orizzontale, che non funziona. In F1 è fondamentale un direttore tecnico che stia sul pezzo 24 ore su 24. E non per niente, Binotto si è lasciato scappare: "Forse c‘è un problema del progetto di base o di metodologia del lavoro". Già, metodologia del lavoro. E lo si capisce nel mese di luglio del 2020?

Poi, ci sono i capi, quelli che stanno in alto, talmente in alto che non vedono quello che accade sotto di loro. Il duo Camilleri-Elkann nel mondo della F1 non vale mezzo Montezemolo. Inesistenti, quando parlano raccontano spesso banalità, non spronano la squadra, non offrono motivazioni, non conoscono la materia, basta vedere come è stato trattato Vettel. Nulli.

Infine i piloti. Charles Leclerc è il futuro, non ci sono dubbi sulle sue qualità, anche se poi in qualifica sul bagnato le ha prese da Vettel. Non vorremmo che a forza di sentirsi dire che è un predestinato, abbia iniziato a ritenersi una sorta di invincibile superman. Il solo fatto di pensare di poter sorpassare in un colpo solo quattro monoposto, salvo poi andare sbattere contro Vettel come un pivello qualsiasi, fa venire qualche dubbio sulle capacità di visione di Leclerc, considerando che ha iniziato a gareggiare in formula nel lontano 2014. Tali errori li faceva anche Max Verstappen? Vero, ma l'olandese si è trovato in F1 al suo secondo anno di monoposto e tutto ha dovuto imparare direttamente nel Mondiale. La cosa di cui siamo certi, è che Leclerc apprende in fretta e dunque già questo weekend in Ungheria saprà senza dubbio come reagire e farsi perdonare. 

Ci si è tanto stupiti della onestà di Leclerc nel riconoscere l'errore, ma perbacco, cosa mai avrebbe dovuto dire davanti al disastro compiuto? Piuttosto, nessuno ha sottolineato la grande signorilità di Vettel. Che non ha fatto una piega. Ha ascoltato le motivazioni di Leclerc, le ha capite, ed è finita lì. Senza un gesto di rabbia, una parola fuori posto. Peccato che nessuno lo abbia fatto notare, tutti presi da quanto è umile e carino il predestinato...