Alfredo Filippone
Mentre si correva a Miami, è arrivata la notizia della scomparsa, a 78 anni, di Jochen Mass, per i postumi di un ictus che lo ha colpito un mese fa. Se ne va un grandissimo campione, che non ebbe in F.1 la fortuna che avrebbe meritato, ma passa alla storia come uno dei più grandi con i Prototipi, e per essere stato un personaggio affabile e schietto.
Jochen Mass ebbe due grandi passioni, le corse e il mare, sin da giovanissimo. Subito dopo il liceo, s’imbarcò per tre anni come mozzo su un mercantile, girando il mondo e racimolando i soldi che gli permisero di pagarsi le prime gare in Salita e in Turismo con delle Alfa prese in prestito dal concessionario dove lavorava come meccanico. Basta leggere questo per capire di che tempra era fatto e di come siano cambiati i tempi...
Per inciso, il rapporto col mare non finì mai e una volta avviata la sua carriera di pilota, si comprò un bel veliero, sul quale visse per anni e col quale, a stagione finita, andava a svernare nei mari caldi del sud. In Sudafrica conobbe colei che sarebbe diventata la sua prima moglie, Esti, mamma dei suoi due figli pù grandi, più tardi raggiunti dalle due figlie avute dal matrimonio con Brigitte, sua moglie sino alla fine.
Il primo a notare il talento di Mass fu Michael Kranefuss, il patron dello squadrone ufficiale Ford nell’Europeo Turismo, che lo volle subito alla sua corte. Con le splendide Capri RS, Jochen vinse il titolo e la 24 Ore di Spa nel 1972, e undici gare in due anni. A dargli fiducia in monoposto fu John Surtees, che gli fece disputare l’Europeo F.2 nel 1973 (2 vittorie) e lo portò al debutto in F.1 lo stesso anno, al Nürburgring, dove finì settimo, appena fuori dai punti.
Nel 1975, la svolta che gli cambia la vita e l’approdo in un top team, la McLaren, dove rimane per tre stagioni, ma sono anni magri per il team e Mass è trattato da vero ‘numero due’ al cospetto di compagni blasonati come Emerson Fittipaldi prima e James Hunt dopo. Nemmeno l’unica vittoria di Jochen in F.1 sarà veramente tale, visto che la ottiene in Spagna del 1975 nel tragico GP a Montjuich dimezzato dopo il tragico volo di Rolf Stommelen che causa quattro morti tra gli addetti ai lavori.
Con la McLaren raccoglie altri sette podi, poi la sua carriera nella massima formula si trascina in ATS, Arrows e March per un totale di 114 GP. Lo stop definitivo a metà di un amarissimo 1982, che lo vede co-protagonista involontario della sciagura di Gilles Villeneuve a Zolder e successivamente miracolato in un pauroso volo al Ricard.
Tutt’altra cosa è stata la sua carriera con le Sport, dove vince la prima gara mondiale nel 1975 con l’Alfa a Pergusa insieme ad Arturo Merzario, diventando alfiere della Porsche per undici anni e della Sauber-Mercedes per altri tre, vivendo tutta l’epoca dorata del Gruppo C. In tutto, vince 32 gare nella categoria regina dell’endurance, secondo solo a Jacky Ickx (37), compresa la 24 Ore di Le Mans nel 1989, anno in cui la grande classica non fu parte del calendario mondiale, per una diatriba fra Fia e Aco. Se lo fosse stata avrebbe fatto suo il Mondiale Piloti, che invece andò a Jean Louis Schlesser, suo compagno di squadra in Mercedes.
Nell’ultimo anno con la Casa tedesca, gli venne affidato il compito di fare da chioccia a tre belle speranze venute su dal programma junior della Stella. Si trattava di Heinz-Harald Frentzen, Karl Wendlinger e Michael Schumacher, un trio niente male. Con Mass, il giovin Schumacher vinse la sua unica gara Sport, in Messico nel 1990, un anno prima di debuttare in F.1.
Non l’ha mai sbandierato, ma a Jochen faceva piacere pensare di essere stato lui, che solo in F.1 non aveva potuto sfondare, ad aver passato il testimone a Schumi, il grande campione che la Germania ha atteso per decenni.