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13 Gen [13:00]

Intervista al 'commissario' Pirro:
"Il duello storico Arnoux-Villeneuve?
Neanche oggi verrebbero penalizzati"

Alessandro Bucci - XPB Images

Il ruolo di commissario sportivo è scarsamente conosciuto nei suoi aspetti più peculiari. Formato da quattro elementi, il collegio di commissari presente ai GP di Formula 1 cambia ad ogni evento, in modo da garantire pluralità nel corso della stagione. Il regolamento sportivo della massima serie, per quanto riguarda la condotta di guida, spesso sconosciuto e considerato superficialmente, consta in realtà di poche regole le cui interpretazioni possono variare a seconda dell’evoluzione degli eventi e degli episodi nel corso del tempo. Assieme ad Emanuele Pirro, commissario di gara (convocato in veste di ex pilota F1) con più presenze all’attivo, cerchiamo di fare luce sugli ‘arbitri’ del motorsport, figure forse non ancora sufficientemente conosciute dai tifosi nel complesso mondo F1. Intervista tratta dall'annuario Formula 1 2020 edito da Roberto Vallardi.

Emanuele come si diventa commissario di gara sportivo FIA?
“A livello di Federazione nazionale e internazionale, il commissario sportivo è un ruolo di volontariato, quindi ci tengo a precisare che non è una professione. Il ruolo di commissario viene esercitato da appassionati che vogliono essere coinvolti nel motorsport dando il proprio contributo. Esiste una gerarchia di corsi per diventare commissario nazionale attraverso un processo meritocratico, grazie al quale si avanza gradualmente sino a poter diventare commissario internazionale approdando infine in Formula 1. Solitamente un aspirante commissario matura diverse esperienze ed ha ricevuto valutazioni dai commissari più esperti di lui”.

Com’è composto un collegio di commissari?
“Il pannello dei commissari è formato da un chairman e da altri due o tre commissari a seconda della categoria. In F1 le figure sono 4: un chairman, un commissario internazionale, un commissario nominato dalla federazione locale e infine un ex pilota”.

Da quanti anni ricopri il ruolo di ex pilota nel collegio?
“Quella dell’ex pilota è una figura entrata in vigore dal 2010 e iniziai proprio quell’anno. La figura del pilota commissario è nata da Jean Todt, che ci ha fatto passare subito in Formula 1 senza fare prima un percorso formativo. Questo perché il presidente FIA considerò la nostra esperienza di piloti. Detto questo, sottolineo comunque l’importanza di seminari svolti e dell’esperienza maturata in pista con il chairman ad assistere”.

Sei l’ex pilota commissario con più GP all’attivo…
“Confermo. Tra i commissari più esperti troviamo anche Derek Warwick, che stimo molto. L’obiettivo del collegio dei commissari è quello di variare il suo organico di gara in gara in modo da fornire pluralità. Se un commissario è presente troppo spesso ai GP, può finire per essere accusato di parzialità”.

In cosa consiste il lavoro di commissario di gara sportivo FIA?
“Nel weekend i commissari arrivano il mercoledì sera nel paddock, in modo da essere operativi già giovedì mattina. Il collegio effettua un ‘track walk’ con il direttore di gara e varie autorità per ispezionare il circuito. Dopodiché, i commissari partecipano al briefing organizzato per i team manager nel pomeriggio di giovedì. Nella mattinata di giovedì, i commissari si aggiornano e magari si confrontano, parlando direttamente con il direttore di gara su temi attuali”.

Qual è il ruolo dei commissari sportivi?
“Garantire che il regolamento sportivo e tecnico venga sempre rispettato in tutte le fasi di un weekend di gara”.

Dove sono posizionati i commissari di gara durante lo svolgimento del weekend?
“I commissari sono in una stanza adiacente la direzione gara, collegata con intercom. All’interno della nostra stanza non può entrare nessuno ed è presente un tecnico professionista con ottime competenze da operatore video. Abbiamo a disposizione quattro grandi schermi dove è possibile visionare tutto il materiale che occorre, avendo accesso in tempo reale a tutte le immagini registrate anche dalle telecamere speciali a circuito chiuso che non vengono trasmesse in diretta. In quelle immagini sono comprese anche le telecamere della CCTV (televisione a circuito chiuso), oltre a tutte le trasmissioni radio, le telemetrie, le macchine e tutto è accessibile in tempo reale avendo tempi tecnici per poterli visionare”.

Quante sono le regole?
“Le regole non sono tante se parliamo di condotta di gara. Quello che conta è la giurisprudenza, ovvero come vengono implementate le regole. Pensiamo al ‘dangerous driving’, espressione che può essere interpretata in tanti modi. Ad ogni GP sono previsti aggiustamenti e la lettura dei casi cambia a seconda dell’esperienza, di quello che si dicono i piloti e il direttore di gara ai briefing e in base alle esigenze che emergono”.

Come gestite le critiche?
“Molte critiche si basano sull’ignoranza e su una non conoscenza dei fatti. Non sempre chi giudica ha una conoscenza tecnica e di guida. Mi riferisco anche agli episodi di gara che, spesso, possono sembrare simili tra loro, ma in realtà non lo sono. Il superamento dei track limits e le manovre per forzare un avversario oltre esse sono tra le cose più controverse e difficili da valutare nel motorsport moderno”.

Difficilmente i commissari si espongono in prima persona dopo le valutazioni. Perché?
“Penso sia giusto che non possiamo parlare dopo il nostro lavoro, altrimenti la situazione diventerebbe ingestibile. Il direttore di gara tiene una conferenza stampa nella quale racconta e spiega gli episodi, in modo che i giornalisti desiderosi di approfondire e capire, possano farlo”.

Capita che il commissario pilota si trovi in difficoltà con gli altri membri del collegio?
“Raramente. Per quanto concerne le manovre di gara, il pilota visionando pochi replay capisce subito le dinamiche dell’incidente. Il commissario sportivo non pilota magari impiega più tempo a capirle perché sono dinamiche che non ha vissuto in prima persona. Solitamente, il commissario pilota spiega agli altri membri le dinamiche dell’accaduto senza comunicare la sua conclusione, in modo da non influenzarli. È davvero rarissimo che vi siano disaccordi, c’è sempre collaborazione e voglia di ascoltare gli altri. La maggior parte delle discussioni verte solitamente sull’ammontare di una eventuale penalizzazione, perché le linee guida sono scritte in base alla storicità degli eventi raccolti nel computer. Disponiamo infatti di un database con tutti gli episodi sanzionati e non degli ultimi anni con conseguenti analisi e decisioni. I video disponibili sono classificati ed accessibili per evento, per infrazione e per pilota”.

L’episodio più difficile che ti sei trovato ad analizzare?
“Canada 2019, ovvero quando Vettel, rientrando in pista precipitosamente dopo un lungo in frenata, ha ostacolato Hamilton che stava sopraggiungendo, evitando di essere superato. Per quantificare il tempo perso da Lewis nel momento in cui è stato stretto verso il muretto da Seb, s’è reso necessario prendere la telemetria di quel giro raffrontandola alle telemetrie degli ultimi 5 giri veloci di Lewis. Non sono cose immediate, occorre tempo”.

Tifosi e addetti ai lavori confondono spesso le scorrettezze con lo spettacolo?
“Temo di sì. Molti hanno preso ad esempio il duello Arnoux-Villeneuve a Digione nel 1979 quale modo di correre che, a causa dei ‘cattivi’ commissari sportivi o nuove regole, non è più possibile. Tuttavia, se vai a vedere quel duello, non c’è nulla di scorretto. A parte due contatti ruota-ruota, peraltro permessi al giorno d’oggi, non ci sono state scorrettezze”.

Quali sono i casi più difficili da interpretare solitamente?
“Quando un pilota viene spinto fuori pista all’esterno o direttamente fuori dalla pista. Limite tra accettabilità o meno è labile. Anche il cambiamento di direzione in frenata è spesso un po’ ostico da valutare”.

Nel motorsport la figura del commissario sportivo è accettata dai tifosi?
“Non mi sembra ancora accettata al 100%. Il motorsport un tempo era autoregolamentato dalle condotte di guida dei piloti e l’intervento frequente di un esterno che ti dice cosa puoi fare e cosa no era impensabile. Nell’epoca moderna sono stati compiuti grandi passi in avanti sul fronte sicurezza, tra i quali includo anche le vie di fuga in asfalto. Queste, tuttavia, presentano ampi spazi percorribili e i piloti non riescono più ad autoregolamentarsi, commettendo scorrettezze che possono anche passare inosservate. Negli ultimi anni quindi s’è sentito sempre più il bisogno su sollecitazione dei protagonisti oltretutto, che fosse stabilito cosa si può fare e cosa no, con la figura del commissario sportivo divenuta sempre più rilevante. È sempre importante, tuttavia, non confondere la spettacolarità con la scorrettezza”.

Concludiamo ripercorrendo i tuoi momenti più belli nella permanenza in F1 tra fine anni ’80 e inizio anni ’90…
“Iniziare come tester per McLaren affiancando Senna e Prost fu fantastico e positivi furono poi i due anni in Scuderia Italia, soprattutto dal punto di vista umano. Era una squadra piccola, ma molto affiatata e con tanti amici. Nel ‘91 eravamo outsider, perché venivamo da una stagione che ci aveva relegato addirittura nelle prequalifiche, tuttavia sviluppammo una macchina al di sopra delle aspettative e ci togliemmo belle soddisfazioni con mezzi limitati. Se guardo indietro nella mia carriera la F1 ha occupato uno spazio non troppo importante a livello di risultati, ragion per cui è stato bello esserci”.